Ce ne parla Alessandra Casella in occasione della pubblicazione di Un anno di Gloria ISBN:887782946X

Esce in questi giorni in libreria il primo romanzo di Alessandra Casella, intitolato Un anno di Gloria, che racconta le vicende ironico-sentimentali di un’eroina single di nome Gloria, divisa tra il lavoro in un’agenzia pubblicitaria di una grande città del nord Italia e il tempo libero che trascorre con le amiche e l’assillo della dieta. Nel suo diario registra gli eventi tragicomici della giornata lasciando ampio spazio alla vita sentimentale e allo stupendo Giulio Righi, un cliente della sua agenzia sul quale riesce a far colpo non solo sul piano professionale… Il confronto con il bestseller della scrittrice inglese Helen Fielding Il diario di Bridget Jones (dal quale è stato tratto un film che sarà in autunno nelle sale italiane) è inevitabile.

D. Ma quale legame esiste con il libro inglese e cosa c’è invece di tipicamente italiano nel romanzo di Alessandra Casella?

R. Gloria è la cugina italiana di Bridget Jones. D’altronde ci sono punti in comune tra le single di tutto il mondo. Anche in Italia, come in ogni altro paese, le single (e non i single) sono guardate con malcelata pietà. I problemi sorgono quando ti ritrovi improvvisamente “spaiata”, hai orari e tempi diversi da tutti i tuoi amici e inizi a sentire ticchettare sempre più forte il fatidico “orologio biologico”.

D. La “singletudine” è una scelta o un’imposizione della vita?

R. Parliamo delle donne, per cui scegliere un termine inglese da usare al posto di “zitellaggio” è forse un modo per indicare la volontarietà di una scelta – o perlomeno di suggerire una scelta consapevole, laddove magari ci sono invece notti insonni e cuscini imbottiti di lacrime e di “Perché nessuno mi si piglia?!”… Certo, con l’impegno sempre maggiore della donna sul lavoro, l’uomo non rappresenta più la salvezza economica – tuttora però l’essere parte di una coppia garantisce una sorta di “immunità sociale”, soprattutto per le single donne in un mondo certamente non omologato per loro! Non dimentichiamo poi il lavaggio del cervello che una donna subisce dall’infanzia, per cui l’unico vero lieto fine possibile per qualsiasi favola è trovare un principe azzurro, non fondare un impero economico – e non dimentichiamo neppure l’orologio biologico, per cui oltre una certa età, a differenza degli uomini, è difficilissimo per una donna avere figli. Spesso quindi la “singletudine”, soprattutto quando si passano i trent’anni, viene vissuta come un’imposizione, un’angoscia e un destino crudele!

D. Essere single oggi è ancora un’onta, le single sono guardate ancora con disprezzo e sospetto, oppure è una condizione di cui essere comunque orgogliose e di cui non bisogna vergognarsi?

R. La risposta più ovvia, quella che tutti i giornali femminili darebbero, è che non ci si dovrebbe affatto vergognare di essere single – peraltro, gli stessi giornali esaltano poi un’immagine femminile magra, ventenne, ricca e gettonatissima. Vai a spiegare a una trentacinquenne che guadagna 1.800.000 al mese, sovrappeso e sola in un mondo di coppie, che la sua è una condizione invidiabile! Se davvero si tendesse a non far sentire la single uno scarto della società, bisognerebbe aiutarla a sviluppare l’autostima e non il senso d’inadeguatezza rispetto agli stereotipi in voga, e si dovrebbero facilitare le attività che si possono fare tranquillamente anche da sole. Ma basta vedere cosa succede a una single che vuole viaggiare: finché la sistemazione singola costa più della doppia, cosa vogliamo sperare?

D. Il mondo dei libri ti appartiene da sempre: hai condotto un programma televisivo a essi dedicato, li recensisci in qualità di giornalista, e ne hai parlato alla radio, insomma fanno parte dell’aria che respiri. Come e quando è nato il tuo amore per i libri e come lo alimenti?

R. Sono stata una lettrice precocissima, voracissima e infaticabile: quando alla sera i miei spegnevano d’autorità la luce, io piazzavo il libro sotto l’alone verdastro del “Pluto” luminoso anti-paura, col bel risultato di giocarmi la vista! Leggere per me significava sognare, viaggiare, vivere altrove, scappare da una realtà che non amavo. Ero io l’eroina di tutti i romanzi, dalle fiabe ottocentesche di mia nonna, alla Vispa Teresa dei “Corrierini” di mia madre, alla Iolanda dei Salgari di papà. A 10 anni avevo divorato “Guerra e pace”: quando poi l’ho riletto più avanti, mi sono domandata cosa cavolo avessi potuto capirci allora. Certo è che Pierre Bezuchov era il mio idolo a dieci come a vent’anni: ho sempre avuto un debole per gli intellettuali seghini e un po’ abulici!

D. Quali sono i tuoi autori preferiti, i tuoi “maestri”?

R. Tolstoj, inutile dirlo: il suo largo respiro condito di tenerezza e ironia non finisce mai di incantarmi. In genere amo i romanzi-fiume, le grandi storie che oggi si scrivono sempre meno (Il ragazzo giusto di Vikram Seth è stato un vero regalo, per me!). Amo lo stile più del contenuto: un libro scritto in modo banale mi irrita a morte. Quando contenuto e stile si abbracciano, m’innamoro come se invece di un libro si trattasse di un uomo! E quindi James, Turgenev, la Austen, George Eliot, Manzoni… ma sono solo i primi nomi che mi vengono in mente. È un caso che siano tutti grandi del passato? Beh, nell’Italia di oggi ci sono ottimi autori (Mannuzzu, Maurensig, Del Giudice, la Ravera, Baricco, Lodoli, Veronesi, la Pariani e la Lagorio, per citarne alcuni) anche se sento molto nella letteratura contemporanea la mancanza di storie di largo respiro, così come la mancanza di distacco dalla storia, come se ognuno in fondo scrivesse di un proprio dolore personale, senza traslarlo in una forma letteraria più ampia.
Tra i contemporanei (è morto da qualche anno) mi viene in mente uno straordinario autore canadese poco noto in Italia: Robertson Davies. Lui sapeva coniugare mirabilmente storia, stile, cultura e ironia, e ogni suo romanzo è un’esperienza esaltante, da La lira di Orfeo a Gli angeli ribelli. Purtroppo non so neppure se viene ancora pubblicato in Italia; certo è che non ha ricevuto gli onori che meritava. Ma se incocciate in un suo romanzo, non lasciatevelo scappare!

D. Cosa significa per te scrivere?

R. Da sempre la scrittura mi è molto più congeniale della parola detta: frena la mia impetuosità, inquadra i miei disancoramenti, raccoglie quei retro pensieri che avrei lasciato scivolare nel nulla, se non avessi dato loro la via di fuga della penna. Scrivo molte poesie, rigorosamente private, e molti “appunti di pensiero”, ma niente di organico in questo senso. Un anno di Gloria per me è stato un grande divertimento, ma se devo pensare a un libro da scrivere, il “mio romanzo”, lo sento ancora remoto e profondissimo dentro di me. E forse non nascerà mai – ho troppo amore per la letteratura!

D. Cosa consigli di leggere durante l’estate ai giovani e agli adulti?

R. Sto leggendo ora un romanzo che mi sta dando grandi soddisfazioni: L’assassino cieco di Margaret Atwood: per il momento, mi sembra un libro importante, scritto benissimo e ben congegnato nella struttura. Non mi sento di consigliare altro, perché se parto con gli “ah, e poi ci sarebbe…” non la finisco più! I miei consigli li affido settimanalmente a “Oggi”.

D. Cosa pensi dell’e-book?

R. E chi ne ha mai letto uno? Internet offre fantastiche possibilità, soprattutto a livello di diffusione editoriale e di interazione con la storia. A me però “vanno insieme gli occhi” se fisso troppo un monitor, e anche volendo stampare un racconto, la mia stampante s’inceppa ogni dieci pagine. Risultato? Preferisco il supporto cartaceo, e le librerie. Non vogliatemene!

D. Sarai in prima fila a vedere il film di Bridget Jones?

R. No, è troppo vicino allo schermo… Scherzi a parte, andrò di sicuro a vedere il film, anche se la Bridget della mia fantasia non ha niente a che vedere con l’attrice che la interpreta. Ancora una volta, tendo a preferire il libro a qualsiasi altra forma di rappresentazione della stessa storia. Tranne rarissimi casi, il film mi ha sempre delusa – e se vedo il film prima di aver letto il libro, finisco poi col preferire altre letture, e mi perdo così la “goduria” di essere sorpresa e affascinata da un bel romanzo.

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