“Il dopo-#metoo? Se gli uomini non cambiano e non si scusano, e non attraversano loro stessi in un processo di consapevolezza, non ci saranno passi avanti”. Eve Ensler torna in libreria con un libro-confessione, una lunga lettera con le scuse mai ricevute dal padre in vita. In un’intervista a tutto campo, ilLibraio.it ha ripercorso i temi più cari all’autrice de “I Monologhi della Vagina”, attivista contro la violenza sulle donne: “Ho notato che spesso in Italia le donne non vengono credute, e che quando lo sono non viene fatto nulla”

“Era da tutta la vita che aspettavo delle scuse da parte di mio padre. Ho aspettato e sperato che si scusasse prima di morire, ma non lo ha mai fatto. Così sono andata a prendermi quelle scuse”.

Chiedimi scusa (Il Saggiatore, traduzione di Valeria Gorla) è l’ultimo libro scritto dalla drammaturga Eve Ensler (foto in copertina di Paula Allen, ndr). Nata a New York nel 1953, Ensler è un nome che in Italia si rivela solo quando accostato al suo primo grande successo teatrale, I Monologhi della Vagina, che ha debuttato a Off-Broadway nel 1996 e che ha riaperto la discussione sul corpo femminile e sui diritti delle donne.

The Apology, il titolo originale di quest’ultimo libro, è una lunga lettera di scuse, in cui l’autrice assume la voce del proprio padre, responsabile di numerose violenze ai danni della figlia fin dall’età di 5 anni.

Ensler racconta a ilLibraio.it la dolorosa genesi di quest’opera: “È stato un atto dovuto: sentivo il bisogno di ricevere quelle scuse, che mio padre non mi ha mai rivolto. Dopo la sua morte ho deciso che me le sarei scritte da sola. E se si trattava di scrivere le parole che volevo sentirmi dire, serviva anche mettere in piedi un’architettura, un vero e proprio processo”.

L’autrice nel libro dà spazio al monologo di un uomo narcisista e viziato, che non conosce il significato dei propri sentimenti e che viene sconvolto dalla nascita della sua prima figlia femmina, la quale diventa al tempo stesso l’oggetto del suo desiderio e del suo disprezzo.

Assumere la voce del padre abusante per fare spazio anche al proprio riscatto, un atto di confessione doveroso quanto difficile: “Mentre scrivevo il libro, tornare indietro e sentire mio padre dire quelle cose è stato molto doloroso e ha riaperto le mie ferite, ma è stata anche un’enorme liberazione”, conclude Ensler in merito al processo di scrittura.

Una narrazione personale che è tutt’altro che autoreferenziale. Come in gran parte della produzione di Ensler, ogni racconto che scaturisce dall’esperienza diventa uno strumento politico a sostegno di tutte le donne: “Scrivendo il libro, ho pensato a che punto fossimo con il movimento femminile, a partire dal #metoo”, è quanto afferma la scrittrice. “Da quando è esploso, nessun uomo ha fatto delle scuse pubbliche per le violenze sessuali perpetrate. Nessun uomo. Nessuno. E ho capito che ciò ha a che fare con il patriarcato. Ho capito che l’atto di scusarsi nasconde un significato essenziale. E parlo di scuse di un certo tipo, profonde e molto specifiche”. Di questo è convinta l’autrice: che ora la palla debba passare in mano agli uomini, per poter proseguire nel cammino avviato dai movimenti femminili. E aggiunge:Se gli uomini non cambiano e non si scusano, e non attraversano loro stessi in un processo di consapevolezza, non ci saranno passi avanti“. 

Viene quindi da chiedersi come sia stato accolto questo libro negli Usa, dove il #metoo è partito come una valanga: “Ha avuto una buona accoglienza: tantissimi uomini mi hanno scritto che è stata un’ispirazione a fare di più. Sono stata intervistata da molti giornalisti, che hanno compreso il testo e ne hanno scritto positivamente. Era proprio ciò che speravo: che spingesse gli uomini a fare la loro parte”. Dire la verità è la più grande liberazione, continua l’autrice: “Ti permette di alzarti con la testa alta”.

i monologhi della vagina

Ciò che non riusciamo a dire ci opprime: da questo assunto parte gran parte della produzione di Ensler, a partire da I Monologhi della Vagina (riediti da Il Saggiatore nel 2018), che hanno sdoganato il nome dei genitali femminili, considerato tabù, su tutti i media mondiali, in un momento storico in cui ancora si faceva fatica a riconoscere le discriminazioni subite dalle donne nella vita di tutti i giorni e si era ancora molto lontani dall’emancipazione di cui ci si vantava.

Le parole vagina e vulva portavano con sé una vergogna legata allo stesso corpo femminile, che rimaneva un mero oggetto sessuale, sfruttato da moda e pubblicità, ma privato dei suoi reali bisogni.

Se oggi le donne sono più libere di rivendicare le parole dei propri organi sessuali senza paura, è anche grazie all’incredibile lavoro iniziato da Ensler negli anni ’90: “I monologhi della Vagina sono la liberazione di questa parola – argomenta l’autrice – e la loro grande rivoluzione è che, rispetto a venti anni fa, oggi la parola vagina è dappertutto. Molte più donne pensano alla loro vagina, la guardano, la conosco e si sentono bene, ma abbiamo ancora molto da fare. C’è violenza, discriminazione. La maggior conquista è che si è creato un grandissimo network in tutto il mondo che si batte per abbattere queste ingiustizie”.

Ensler fa riferimento alle tante iniziative benefiche da lei lanciate per contrastare la violenza contro le donne: il V Day (V come San Valentino, il giorno in cui si celebra, ma anche come come vagina e violenza) e il One Billion Rising, un movimento internazionale che propone iniziative in molti paesi: “Anche facendo arte si è attivisti. La capacità di immaginare attiva emozioni, cervello e orecchie, e ti fa scoprire ciò che conta per te”. Purtroppo, quando si parla di violenza non esistono vere differenze culturali, stando all’esperienza dell’autrice: “Ovunque è presente il patriarcato ci sono questi problemi, questi ostacoli, questa frustrazione e questa rabbia. In qualsiasi paese mi trovi, siamo parte della stessa lotta. Ho notato che la cosa più evidente in Italia è che le donne non vengono credute, e che quando lo sono non viene fatto nulla. Bisogna credere alle donne. Agire per proteggerle e renderle uguali”.

Violenza, trauma e attivismo: i tre grandi assiomi che caratterizzano tutta l’attività, artistica e non, di Eve Ensler. Che conclude con un appello a prendersi cura della salute mentale delle donne: “Bisogna prestarvi molta più attenzione. Perché tante donne sono depresse? È facile creare un collegamento sul perché certe cose succedono sempre alle donne. Sono convinta che la violenza sia la chiave di tutto. Finché non riconosciamo quanto è importante, non faremo niente di concreto per la salute mentale femminile. Se tuo padre faceva violenza su di te a 5 o 15 anni, vedrai le conseguenze quando ne avrai 30. Se avrai un crollo nervoso non capirai il perché. C’è ancora molto lavoro da fare per capire l’origine l’influenza della malattia mentale sulla nostra società”.

Fotografia header: Ensler - foto di Paula Allen

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