Cristiano De Majo, in libreria con “Guarigione”, ambizioso romanzo di impronta autobiografica, si mette a nudo anche quando, ai lettori del Libraio, racconta il suo legame con 5 testi (e 5 autori) da cui è difficile prescindere…

1. Lunar park
Bret Easton Ellis è uno scrittore che ho citato in continuazione dalla tenera età di diciott’anni. Quando ero giovane perché è uno scrittore che meglio di ogni altro ha saputo raccontare una generazione e la sua epoca. Da quando sono diventato vecchio perché è diventato sempre più chiaro nel corso degli anni quanto Ellis, a dispetto delle sue incursioni nel settore della provocazione, sia uno scrittore letterario, e quanto i suoi lavori siano sempre codificabili come esperimenti sulle forme narrative.
(Citazione tipo: “Sì vabbè ma le prime trenta pagine di Lunar park, vuoi mettere?”)

 

 

2. Ferito a morte
Non so più neanche se mi piace o non mi piace. Dieci o forse più anni fa mi piacque molto, ma ho qualche dubbio che continuerebbe a piacermi nello stesso modo se lo rileggessi adesso, infatti ho deciso che non lo rileggerò mai più. Di fatto però è un libro che ogni napoletano colto si trova a citare a sproposito. Nel tempo si è affermato come guida interpretativa della città per gli snob, così come De Filippo o Troisi lo sono in chiave pop. Quante volte ho scritto o pronunciato le espressioni lacapriano e lacapriana? Se potessi veramente scoprirlo, temo che mi sentirei un cretino.
(Citazione tipo: “Ma non possiamo rifugiarci ogni volta nell’alibi lacapriano della bella giornata!”)

 

 

3. L’avversario
Non amo raccontare i libri, ma forse L’avversario è il libro che ho raccontato di più nella mia vita. Semplicemente perché basta accennare la vera storia di Jean-Claude Romand a chi non la conosce per suscitare interesse immediato. Ma è un grande libro non solo perché c’è dentro una storia esemplare. Si provi a immaginare la stessa storia affidata, invece che nelle mani di Carrère, a Hans Magnus Enzensberger.
(Citazione tipo: “Non hai mai letto L’avversario??? Beato te, non sai che botta ti aspetta”)

 

 

4. Gli anelli di Saturno
Diffidare delle persone che dichiarano con leggerezza che Sebald è il loro scrittore preferito; spesso lo fanno per darsi un tono. Secondo Geoff Dyer, ciò che rende avvincente la sua scrittura è questa capacità di camminare sempre sul bordo del baratro della noia. Definizione geniale che spiega anche perché molti lettori finiscano per sprofondare in questo baratro e perché, invece, altri equivochino Sebald al punto di vagheggiare un’idea di letteratura sfibrante e pallosa. A me emoziona il suo modo di comporre il testo come se fosse un collage, l’originalità con cui ha fuso in un unico corpo scrittura autobiografica, saggistica e immaginazione, cosa particolarmente evidente ne Gli anelli di Saturno.
(Citazione tipo: “L’hai trovato noioso? Eh, lo so, può capitare”)

 

 

5. Il soccombente
Ogni persona intelligente e sensibile ha avuto il suo periodo bernhardiano, me compreso. Lo so che rischio di essere blasfemo, ma considero Il soccombente addirittura il grande romanzo europeo del secondo Novecento. Non ci sono nazisti ed ebrei, il che effettivamente lo squalifica agli occhi del mainstream ed è un romanzo piccolo piccolo, che parla di fallimento e depressione, non c’è praticamente azione, ma solo un pensiero ossessivo, vorticoso.
(Citazione tipo: “Bernhard è lo scrittore che più di ogni altro esercita un’influenza tirannica sul tuo stile. Lo leggi, lo ami e ogni volta finisci per scrivere come lui”)

Fotografia header: Cristiano de Majo - foto di Francesca Amit

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