Intervista a Luigi Brioschi presidente della Casa editrice

1932 – 2002: la Casa editrice Guanda compie 70 anni. Nell’occasione, il 18 aprile, presso la Biblioteca Palatina di Parma si terrà a partire dalle 10.30 un convegno in cui, oltre a ricordare attraverso le parole di Mario Luzi l’uomo ed editore straordinario che è stato Ugo Guanda, e l’incontro tra lo stesso Guanda e un altro protagonista della cultura italiana del Novecento come Cesare Zavattini, si parlerà di poesia e dell’avvenire del romanzo con una nutrita schiera di poeti, scrittori e intellettuali: Mario Luzi, Giorgio Cusatelli, Valerio Magrelli, Giuseppe Conte, Valentina Fortichiari, Fulvio Panzeri, Guido Conti, Corrado Augias, Bruno Arpaia, Ernesto Ferrero, Mario Lavagetto, Paolo Mauri. Infine porteranno un saluto al convegno due importanti autori stranieri della Guanda, Luis Sepulveda e Joseph O’Connor. Nella Galleria della Biblioteca Palatina è intanto allestita la mostra “Ugo Guanda, una vita con i libri”. Abbiamo parlato di questo felice evento con Luigi Brioschi, da anni direttore editoriale e ora presidente della Guanda.

D. La casa editrice Guanda oggi compie 70 anni. Nata e affermatasi come espressione di un editore artigianale e di ricerca, fa parte ora di un gruppo editoriale, il gruppo Longanesi. Come e quanto ne ha cambiato l’identità questo passaggio?

R. Ugo Guanda era un uomo che aveva anzitutto una fortissima curiosità intellettuale, dote evidentemente non secondaria per un editore. La curiosità, l’intraprendenza, la capacità intuitiva gli hanno permesso, negli anni Trenta – in quella atmosfera culturale, in un clima politico che era quello del fascismo, in una situazione precaria da un punto di vista materiale – di cogliere i valori nuovi, fossero quelli della poesia straniera e italiana più vitale, o quelli del pensiero cattolico più inquieto. Questa vocazione si innestava sulla qualità artigianale del lavoro, sul colloquio con gli autori, su un certo modo insomma di intendere il ruolo di editore. È evidente che ora ci si muove in un contesto culturale, sociale e industriale totalmente mutato. Eppure mi sembra che quella lezione abbia ancora una sua utilità. Del resto questo è stato anche lo stile, l’esempio di Mario Spagnol, che ha voluto il rilancio della Guanda.

D. Carlo Bo, nel 1962, in occasione del trentesimo anniversario della casa editrice, sottolineava il carattere controcorrente, di grande coraggio intellettuale e politico di Ugo Guanda in quegli anni; oggi qual ‘è l’immagine della Guanda?

R. Nella Guanda di allora convivevano l’interesse letterario (la poesia, la narrativa) e un impegno intellettuale che sconfinava in passione civile (“Problemi d’oggi” e altre collane). La Guanda di oggi si definisce soprattutto come casa editrice letteraria, il che non vuol dire che non si apra a libri di impegno civile e politico, specie se provengono da autori del nostro catalogo. Ne sono esempi , proprio ora, il libro di Arundhati Roy, Guerra è pace, e l’imminente Raccontare, resistere, una conversazione tra Luis Sepulveda e Bruno Arpaia che tocca insieme temi letterari e argomenti della più cruciale attualità.

D. Parliamo un po’ della poesia presente oggi nella Guanda.

R. La poesia dà, direi, il senso della continuità con il passato. Anzitutto teniamo viva, in una collana ormai storica, “Poeti della Fenice”, la linea dei grandi del 900, dei classici contemporanei (Valery, Cendrars, Lowell, Stevens, Heaney, Lorca, Neruda, Prevert…) Poi dall’inizio degli anni Novanta frequentiamo la nuova poesia soprattutto italiana. E qui, nella “Fenice Contemporanea” ci siamo mossi bene, a me sembra. Con prudenza, ma bene.

D. Una casa editrice riflette un disegno. Qual è il disegno della Guanda?

R. Il disegno si è formato in modo direi non premeditato. La linea sudamericana si è accostata alla new fiction inglese, al nuovo romanzo indiano, alle turbolenze espressive della chemical generation. Esperienze diverse una dall’altra, per un verso. Per un altro, anche apparentamenti e rimandi. Basti pensare al filo che corre tra narratori come Roddy Doyle, Nick Hornby, Irvine Welsh. Un segno comune è dato, forse, dall’esplorazione del nuovo, da una certa tempestività nella valorizzazione.

D. E ora, che cos’altro c’è di nuovo?

R. Mah. Mi sembra di vedere cose interessanti nella nuova narrativa americana. Noi abbiamo preso un libro d’esordio che mi sembra eccezionale: Ogni cosa è illuminata del ventitreenne Safran Foer. Poi, finalmente si vedono in giro nuovi autori russi davvero notevoli: Pelevin, Kaminer e altri. Vedremo.

D. Che cos’è un editore?

R. Detto così, molto semplicemente, un editore è quella figura (non la sola) che si pone su un ponte, su un punto di contatto e di incrocio tra creatività e mercato, tra scrittore e pubblico. Ma, almeno per me, non è semplicemente un tramite; non sta esattamente al centro del ponte. Deve essere investito (e non mi riferisco soltanto all’editoria di tipo letterario) di una volontà e capacità di proposta, deve far proprio il libro, l’autore. E questo anche oggi, mi pare, in un contesto culturale, sociale, economico come quello odierno.

D. Con quale spirito un editore legge un libro?

R. Direi, essenzialmente e semplicemente, con la curiosità, con una disponibilità sempre forte, con un’attitudine a farsi sorprendere, a cogliere l’inaspettato. Se si diventa routinier, è finita.

D. Quali sono le gratificazioni di un editore?

R. Le gratificazioni sono varie: riuscire a imporre un libro in cui si è creduto, trovare un buon titolo, una buona copertina. C’è la soddisfazione, ammettiamolo, di portare un romanzo al successo, ma anche quella di aver offerto al lettore un libro eccellente, che si sa benissimo non sarà mai un best-seller.

D. Qual è l’avvenire della Guanda?

R. L’avvenire della Guanda credo sia legato alla condizione che continui a essere una casa editrice aperta all’azzardo, capace di cogliere il nuovo e valorizzarlo. Anche perché le occasioni si presentano nei modi più sorprendenti, più irrituali. Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, il primo libro di Sepulveda, lo scoprii leggendo una recensione dell’edizione francese sull’Express. Non conoscevo l’autore, nessuno me l’aveva proposto o suggerito. Lo acquistai subito dopo averlo letto. Sarei un bugiardo se dicessi che prevedevo allora di portare l’autore a oltre quattro milioni di copie (come è poi avvenuto), però ci ho senza dubbio creduto. Fin dall’inizio. Direi che la fortuna conta, certo, ma va anche corteggiata, circuita, attesa.

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