Intervista a Marco Vichi autore di Il commissario Bordelli ISBN:8882462064

L’estate fiorentina del ’63 sembra proprio la più calda del secolo. Mentre la gente va al mare, il commissario Bordelli lotta con il caldo asfissiante, le zanzare e gli immancabili fantasmi della sua vita privata, ma soprattutto con un nuovo caso di omicidio dagli aloni incerti e tremolanti. Pagina dopo pagina, con i suoi metodi investigativi decisamente originali, Bordelli prova a sistemare i tasselli del crimine cercando di sbrogliare anche quelli un po’ consunti della propria esistenza solitaria: nottetempo riuscirà a strappare dall’emarginazione qualche ladro gentiluomo, a stanare dal suo antro un simpatico e strampalato inventore amico dei topi, e infine a far innamorare (di una poetica bionda) il cugino chimico ultra-pessimista (che oltretutto non gli va neanche troppo a genio). Lieto fine quindi? Probabile, se non fosse per Elvira e Annina, le donne che gli hanno tolto il respiro una sola volta, ma forse per sempre… Abbiamo parlato di questo romanzo con l’autore.

D. Ne L’inquilino, il suo primo romanzo, la Firenze descritta era una città alle prese con la sua quotidianità fluente e bizzarra, quasi grottesca; la città de Il Commissario Bordelli, invece, sembra ferma, bloccata, quasi sotto assedio: il caldo, il passato (la guerra partigiana), il tutto condito da criminali banali e sgradevoli, miseri emarginati in realtà simpatici e umanissimi, e prostitute agrodolci in pensione; come gli altri personaggi del libro, Bordelli – il primo protagonista – sembra colpito da questo clima di sospensione ai limiti del reale, è così?

R. Può darsi che questa sensazione venga fuori dal periodo in cui si svolge la storia, i primi anni Sessanta, in cui il ritmo di vita era certamente meno veloce di adesso. Il caldo estivo, le zanzare, le notti insonni rafforzano certamente questo clima da pressione bassa. Poi ci sono i momenti in cui Bordelli ricorda la guerra, vissuta in prima linea e ancora fresca nella sua memoria, che fanno il resto: lunghe pause in cui, tra il fumo di una sigaretta fumata al buio prima di dormire, riemergono le facce e le voci dei suoi compagni morti.

D. Il nuovo romanzo ci porta indietro nel tempo, nella Firenze del Boom, dei primi esodi vacanzieri di massa; quali sono i motivi di questa scelta, di questo arretramento temporale?

R. È un’epoca che ho respirato da bambino, che in fin dei conti ricordo con piacere. Mi sento un po’ vecchio a dire che in quel periodo almeno la vita quotidiana era meno complicata e meno concitata, ma purtroppo è così. Il vero motivo di questa scelta è però un altro: non essendo un vero giallista, era per me più facile occuparmi di una criminalità meno complessa, fatta di ladruncoli e contrabbandieri che si arrangiano per sopravvivere in un paese povero che non distribuisce ricchezza a tutti.

D. A ben vedere, il commissario Bordelli appare “posseduto” spiritualmente dal passato: a tal punto che la scintilla investigativa sembra balenare quando si accorge in questura del giovane poliziotto Piras, figlio di un suo vecchio ed eroico compagno partigiano, che lo riporta agli ideali della giovinezza

R. Per Bordelli il passato ha una grande importanza: la sua infanzia, la guerra, le donne. È un uomo fondamentalmente nostalgico e malinconico, ma anche ironico e passionale.

D. Bordelli è indubbiamente un commissario atipico: oltre ad avere un’idea della giustizia molto personale, quasi idealistico/filosofica, i suoi veri amici sono tutti ladri o prostitute; sembra un’attualizzazione in chiave umanistica del tipico cliché del genere Noir, che vede molto incerti i confini tra Bene e Male

R. Non penso che se un commissario come Bordelli frequenta questo genere di amicizie significhi confusione fra Bene e Male. Forse è il contrario: Bordelli ha molti amici fra i piccoli delinquenti proprio perché vede ogni giorno la miseria che lo circonda e detesta l’ingiustizia. Dopo aver combattuto una lunga guerra di Liberazione con grandi speranze di giustizia nel sangue, non può che giustificare i reati commessi per fame o per ignoranza. La sua idea di Bene è molto precisa, ma non concorda sempre con la Legge.

D. Nel libro sembrano esserci due tipi diversi del criminale: quello incarnato dai nipoti della contessa, flaccidi, avidi e plagiati dalle mogli, e quello ormai sbiadito dei vecchi “topi di appartamento”, alla fine mai troppo interessati al denaro quanto al lato umano della professione: è forse un implicito atto d’accusa contro la banalità avvelenata del vivere moderno?

R. Non so. Almeno per quello che riesce a evocarmi, quell’epoca lontanissima (gli anni Sessanta) mi fa pensare a un momento cruciale in cui molto del futuro poteva ancora essere deciso, in cui certe scelte potevano veramente cambiare l’anima di una nazione. Oggi mi sembra tutto meno malleabile, più ingabbiato, ma anche più precario.

D. Vero ammalato di nostalgia, Bordelli è un uomo solo che soffre per la sua condizione; da anni cerca disperatamente (e inutilmente) un nuovo amore (è divorziato) ma forse senza volerlo abbastanza: si consola con i suoi strani amici, con cui verso la fine del libro crea questa meravigliosa cena dai contorni quasi liberatori. È un elogio dell’amicizia a scapito dell’amore? O semplicemente un elogio della vita terrena contro slanci erotici troppo idealistici, platonici?

R. Penso che per Bordelli sia la ricerca di calore umano anche al di là del rapporto d’amore con una donna. Quello strano commissario – me lo ha detto personalmente – ha avuto molte donne, ma non ha mai trovato quella “giusta”… non ancora almeno. Mi dispiace per lui.

D. Bordelli gira per Firenze su uno scassatissimo maggiolino tipo Dylan Dog, i cattivi girano su una Giulietta spider che sembra quella de “Il sorpasso”: in certi momenti, sembra di leggere la sceneggiatura di un film o di un fumetto più che un romanzo dalle tinte boccacesche o neorealiste; la sua sembra proprio una “penna contaminata”…

R. Esiste uno scrittore non contaminato? Portatemelo davanti e gli dirò di smettere di scrivere.

D. Sappiamo che il suo amico Piero Pelù ha acquistato i diritti cinematografici de L’inquilino. Dobbiamo aspettarci di vedere presto anche Il commissario Bordelli su grande schermo?

R. Purtroppo Piero non è più nel progetto, per contrasti emersi con la produzione (peccato, era una grande occasione per tutti, anche per lui). Per Bordelli vedremo. Per adesso c’è soltanto un’idea allo stato embrionale (per la televisione) con la collaborazione di Carlo Lucarelli… ma è tutto da decidere.

Intervista a cura di Michele Weiss

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