“Volevo scrivere un romanzo dell’odio e della perdita, e ogni volta che provavo a immaginarmi l’aspetto, le atmosfere e la temperatura emotiva che avrebbe dovuto avere una storia del genere, la immaginavo collocata in qualche punto fra due estremi: ‘Dissipatio H.G.’ di Guido Morselli e ‘La distruzione’ di Dante Virgili, due tra i romanzi più apocalittici del Novecento italiano, usciti entrambi negli anni Settanta…”. Su ilLibraio.it la riflessione di Matteo Ferrario, che torna in libreria con “Il silenzio che rimane”

La condizione del sopravvissuto nell’era dei social

Quando mi sono messo al lavoro sul romanzo che sarebbe poi diventato Il silenzio che rimane, erano i primi mesi del 2016 e, senza mai essersi del tutto ripresa dagli anni della crisi, l’Europa sembrava piombata in una nuova minaccia, quella del terrorismo, che pur essendo meno rilevante rispetto ad altre sul piano statistico, faceva molta più paura per l’assoluta casualità con cui poteva colpire o non colpire. Era, insomma, un periodo perfetto per ricordarsi la fragilità di tutto ciò che si aveva. 

Leggevo delle vittime delle varie azioni terroristiche, delle loro storie personali, e più della possibilità di trovare la morte all’improvviso mi spaventava la condizione del superstite: ad esempio di chi, nello stesso sequestro o attentato da cui era uscito vivo, aveva perso la donna o l’uomo che amava. Mi sembrava la peggiore delle eventualità, e immaginavo l’esistenza successiva del sopravvissuto come forse l’avrei affrontata io: come un vagare inutile e ormai svuotato di senso, accompagnato in ogni singolo istante dallo sgradevole rumore di fondo dei social network, pronti a trasformare tutto in schieramento, polemica, strumentalizzazione, persino la morte della moglie o del marito di qualcuno presente tra i propri contatti. 

Volevo scrivere un libro su un uomo a cui capitava proprio questo, una fine del mondo personale, un romanzo dell’odio e della perdita, e ogni volta che provavo a immaginarmi l’aspetto, le atmosfere e la temperatura emotiva che avrebbe dovuto avere una storia del genere, la immaginavo collocata in qualche punto fra due estremi: Dissipatio H.G. di Guido Morselli e La distruzione di Dante Virgili, due tra i romanzi più apocalittici del Novecento italiano, usciti entrambi negli anni Settanta, ma investiti dalla luce nuova di ciò che stava capitando, e forse per questo ancora più contemporanei oggi di quanto non lo fossero stati allora.

Dissipatio H.G. di Guido Morselli

La storia di un uomo che, dopo un tentativo fallito di suicidio, si risvegliava in un mondo disabitato, di cui scopriva di essere l’unico superstite, e quella di un ex traduttore delle SS che dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale si era costruito un’apparente seconda vita da uomo-massa e correttore di bozze di un giornale, continuando però a covare il suo rancore verso il genere umano. Uno si chiedeva dove fossero andati a finire gli altri e per quale motivo fosse rimasto proprio lui; l’altro odiava tutti, e sognava di vederli spazzati via in un’apocalisse nucleare.

la-distruzione

Il silenzio che rimane è una storia diversa, in cui il mondo è ancora ben lontano dal deserto metafisico di Dissipatio H.G. e dalle ossessioni di sterminio del controverso La distruzione, ma nel suo protagonista e narratore, Davide, un quarantenne che dopo aver superato un periodo di crisi con sua moglie Valentina rimane coinvolto insieme a lei in un sequestro nella caffetteria di una grande città italiana, si manifestano lo sgomento dell’uno e il rancore dell’altro, il senso di ingiustizia di chi è vittima del disastro e un disgusto che si propaga come un morbo.

E il fatto che il sequestratore, un ragazzo cresciuto in Italia da genitori pakistani, non sia spinto dal fanatismo religioso ma dal piano folle di far riavere al fratello maggiore il lavoro perso negoziando con le autorità, non porta a conseguenze molto diverse rispetto a quelle degli attentati compiuti negli stessi anni, perché nell’epoca in cui vivono questi personaggi può essere tutto manipolato e tradotto in uno slogan su Facebook, a beneficio di una fazione o dell’altra. E mentre cercano di dimostrare che hanno ragione loro, tali schieramenti sembrano composti da tanti piccoli Virgili: insospettabili uomini e donne comuni che, protetti dalle loro tastiere, possono finalmente gettare la maschera e dare il peggio di sé.

Quando è arrivato il momento di preparare una sinossi per questo romanzo, ho pensato che a un primo sguardo la vicenda condensata in poche righe potesse ricordare più una serie televisiva americana di oggi che un romanzo apocalittico italiano del secolo scorso. Ad esempio The night of, in cui uno studente del Queens di New York, anche lui figlio di immigrati dal Pakistan, finisce sulle pagine di cronaca. Anche in questo caso si tratta di una storia costruita in modo molto differente dalla mia, e che prende una direzione piuttosto lontana, ma a suggerirmi l’accostamento è stato, credo, l’alone che le circonda entrambe, un sapore crudo di conflitto sociale e difficoltà di coesistenza tra esseri umani. 

Forse è solo il marchio dei tempi, che non sono mai stati così incerti: l’odio, come osserva Davide in un passaggio del libro, è un sentimento antico, ma senza che ce ne accorgessimo è diventato il vero linguaggio della nostra epoca. Il silenzio che rimane, tra le altre cose, parla di questa assuefazione alla brutalità, ma anche e soprattutto del tentativo di sfuggirvi.

il silenzio che rimane

L’AUTORE E IL SUO NUOVO LIBRO LIBRO – “Eravamo stati felici, su questo non c’erano dubbi, ma nessuno dei due ricordava di preciso come fosse stato possibile”. Davide e Valentina sono marito e moglie. Dopo una piccola crisi coniugale stanno tentando di ricominciare. Tutto sembra funzionare e ogni momento è buono per incontrarsi, anche un veloce caffè in pausa pranzo. Mentre si trovano in una caffetteria del centro, un ragazzo irrompe nel negozio, armato di pistola.

Rivendica giustizia per il fratello licenziato e non intende far uscire nessuno dal locale finché non otterrà quello che vuole. Dopo diciannove ore di sequestro intervengono le forze speciali e nel blitz, oltre al sequestratore e al titolare del negozio, muore anche Valentina.

È passato un anno e mezzo, ma Davide non riesce a superare il lutto. Anzi, giorno dopo giorno va sempre peggio. E quando una delle sopravvissute all’agguato, la web star e blogger Marina, partecipa a una trasmissione televisiva e il dolore di quella vicenda diventa materia di spettacolo, in Davide saltano tutti gli equilibri consolidati della sua esistenza di sopravvissuto. Ed è così che l’odio esplode incontrollato.

Il silenzio che rimane (HarperCollins Italia) è il nuovo libro di Matteo Ferrario. L’autore, architetto e giornalista classe ’75, ha pubblicato Dammi tutto il tuo male, uscito per HarperCollins nel 2017 e finalista al Premio Porta d’Oriente, oltre a Buia (2014) e Il mostro dell’hinterland (2015).

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