Si può insegnare la democrazia? La risposta nel nuovo libro di Sandra Bonsanti, “Il canto della libertà” – Su ilLibraio.it un estratto

Si può insegnare la democrazia? La giornalista Sandra Bonsanti, che con l’associazione Libertà e Giustizia ha combattuto e combatte tante battaglie in difesa dei valori democratici, porta in libreria per Chiarelettere Il canto della libertà, la favola lieve di un vecchio professore e delle sue lezioni in una piccola libreria di quartiere, la bottega di Piero.

Il canto della libertà

Correvano anni difficili, da un lato la guerra e la dura realtà della dittatura, dall’altro l’irresistibile scoperta dei classici, i lirici greci tradotti da Quasimodo, Saffo la decima Musa, la morte di Socrate, le belle parole che un tempo erano anche forti e vigorose perché piene di sostanza: libertà, amore, bellezza, giustizia.

Ma quando è accaduto che sono diventate fantasmi? Ci restano solo le ombre di antiche battaglie, di eroi e sfide memorabili. Allora è fondamentale ritrovare i maestri del passato, riscoprire il momento in cui per la prima volta fu pronunciata la parola libertà: fu come un canto tanta era la bellezza che l’espressione voleva comunicare, “Il canto della libertà”.

Su ilLibraio.it un estratto

“Premessa”

«Più sono solo e solitario, più sono diventato amante delle favole» diceva Aristotele. Il nostro mondo non ci permette d’essere soli, ha costruito un lungo elenco di impedimenti alla solitudine, alcuni graditi altri insostenibili. Preso atto che la situazione oggi è questa, sono andata in cerca dei soccorritori d’un tempo, che aiutassero a non perdersi d’animo nelle sabbie mobili del presente. E li ho trovati, ritrovati, nelle passioni dei vent’anni, prima che il destino mi facesse arrivare a raccontare, per le pagine di giornali, cronache altrui, storie che non sono mai state le mie. Ho ritrovato gli insegnanti del liceo, che ci portavano a recitare Eschilo al teatro romano di Fiesole e che il giorno dell’interrogazione erano più emozionati di noi. Ho ritrovato i professori degli anni dell’università, e una donna straordinaria, Luisa Banti, l’archeologa che, prima della Seconda guerra e subito dopo, scavò ad Agia Triada (Creta) muovendosi a dorso d’asino, e che mi ha insegnato l’arte del dubbio, nella quale mi considero maestra. Così ho scritto una favola. Soltanto una favola, e se dovesse capitare tra le mani di uno studioso vero, chiedo venia e ripeto che è solo una favola per essere meno sola. Questo tempo ci riserva inoltre la fine di molte certezze e l’inizio, ancora una volta, di un viaggio su un terreno pericoloso, facile agli smottamenti. Anche per questo sono andata a trovare appigli là dove tutto è cominciato. Agli albori. Albori perché la luce che nasce è proprio un inizio, appena distinguibile dal chiarore delle stelle che la precedono.

Il protagonista di questa storia, un vecchio e stravagante professore che tiene un ciclo di lezioni in una piccola libreria, è un personaggio fantastico, così come la sua vita e gli incontri che gli sono capitati. Ho invece tra le mani le dispense dell’anno accademico 1945-46, il corso che Gennaro Perrotta tenne agli studenti del primo anno, all’Università di Roma, sulla poesia di Saffo. Le sue lezioni ricalcavano, nella migliore delle tradizioni, uno studio da lui pubblicato nel 1934. Le cito spesso nella favola. Ma non si prenda nulla troppo sul serio. Gli storici di solito raccomandano di non fare semplificazioni, ad esempio, sul rapporto fra democrazia e libertà: quand’è che l’una insidia l’altra? Non ci sono riusciti i greci a individuare la trappola, figuriamoci noi. E poi, con una favola, soltanto una favola!

(continua in libreria…)

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