“Il 2018 per le case editrici del gruppo? Un anno in cui le autrici sono state protagoniste…”. Sono tanti i temi affrontati nell’intervista di Stefano Mauri, presidente e ad di GeMS, con ilLibraio.it. Tra questi, l’aumento dei concorrenti (“Ma solo sul medio periodo si capirà chi sa davvero fare l’editore…”) e l’importanza del sostegno ai librai (“Con 18 App e ampliando il credito di imposta, perché le librerie, specie nei piccoli centri, sono un punto di riferimento”). Spazio al dibattito in corso su una nuova legge sul libro (“temo il contraccolpo negativo di un eventuale riduzione dello sconto, come si ebbe nel 2011 nel pieno della crisi economica”). L’editore dice la sua sulla liquidazione di Mach 2 e sul futuro della Gdo, sulla nuova direttiva europea sul copyright, sulle possibili acquisizioni, e parla della collaborazione, interrottasi nel 2013, con la Casaleggio Associati: “Abbiamo lavorato un paio d’anni a stretto contatto con loro, per lo più su aspetti tecnici legati ai nostri siti. Quando il Movimento 5 Stelle è diventato un partito, e ha avuto il successo che conosciamo, abbiamo sentito l’esigenza di separarci…”

Stefano Mauri (editore de ilLibraio.it), com’è andato il 2018 per GeMS, gruppo di cui è presidente e amministratore delegato?
“Al di sopra delle attese. Un editore basa i suoi piani sul catalogo disponibile, su quanto hanno scritto di nuovo i suoi autori e sulle nuove voci, che sono il risultato di un complesso lavoro di ricerca e creativo, nel nostro caso svolto da 18 diverse case editrici medie e piccole. La variabile più importante è quest’ultima, visto che il successo del catalogo e degli autori che hanno già un proprio pubblico non è mai scontato, ma più prevedibile. Da questo punto di vista non poteva andarci meglio”.

Qualche esempio?
“Le nostre proposte hanno avuto un grandissimo riscontro tra i lettori: Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman, scoperto due anni fa da Garzanti e pubblicato nel 2018, è stato l’esordio di maggior successo secondo le classifiche italiane, seguito da La Treccia, di Laetitia Colombani, scoperto da Nord, che è stato il secondo debutto di narrativa straniera. E il magico Fiori sopra l’inferno di Ilaria Tuti, scoperta da Longanesi grazie al torneo letterario Io Scrittore, è stato l’esordio italiano più apprezzato dai lettori ed è ora in pubblicazione in 25 Paesi. Nella classifica della ricerca di nuovi autori e della conquista del cuore dei lettori è come aver vinto lo scudetto e la Champions. Una vittoria arrivata grazie a nuovi cannonieri (anzi cannoniere) che anche in futuro daranno molte soddisfazioni ai lettori. Il 2018 è stato però anche l’anno della vittoria del premio Strega con Helena Janeczek, che ha coronato un anno in cui la nobile Guanda è cresciuta del 40% e di molti successi natalizi, come ad esempio l’intensa autobiografia di Michelle Obama: Becoming è un bestseller sopra le pur alte attese in tutto l’Occidente. Decisamente un anno in cui le autrici sono state protagoniste”.

Con quale spirito ha cominciato il 2019?
“Con quello di sempre: continuare a fare ricerca e pubblicare nel migliore dei modi i libri dei nostri autori. La ricerca fa la differenza tra i grandi editori e gli editori grandi, come ho letto nel post di un lettore. Ed è il nostro mantra. Siamo tanti editori piccoli o medi, ma tutti appassionati”.

Negli ultimi anni nel mondo del libro si è molto dibattuto sull’impatto della rivoluzione digitale, sull’acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori e sul successivo ingresso nel mercato italiano di nuovi marchi e soggetti, anche dall’estero (da DeA Planeta a La Nave di Teseo, da HarperCollins a Solferino, ora anche Rai Libri, solo per citarne alcuni): c’è spazio per così tanti editori in un settore in cui le vendite restano più o meno stabili?
“Ho giudizi molto diversi sull’operato di queste nuove realtà, ed è difficile generalizzare. L’unico punto in comune è che ognuna di loro ha cominciato con una dote di qualche tipo di autori già affermati grazie ad altre case editrici. Resta da vedere quali di queste nuove realtà ha la capacità editoriale di intercettare nuove voci, coltivarle e affermarle autonomamente, che è poi la prova della propria necessità”.

Aumenta la concorrenza, e aumentano anche i corteggiamenti per gli autori. La preoccupa questa tendenza?
“Ogni anno nascono nuove avventure editoriali, ma solo sul medio periodo si capirà chi sa davvero fare l’editore. A volte ci sono voluti decenni prima che un editore trovasse la propria dimensione, a volte non l’ha mai trovata”.

In questo contesto sempre più affollato e agguerrito, GeMS sta pensando a nuove acquisizioni?
“GeMS è sempre stata attenta a eventuali opportunità e al momento gode di un’invidiabile solidità economico-finanziaria, conquistata con il proprio lavoro, che consente di guardare con ottimismo a eventuali acquisizioni nel medio periodo”.

Rispetto a quanto scrivevano alcuni giornali anni fa, le cose sono andate diversamente: l’ebook non ha ucciso il libro cartaceo, che anzi resiste e conserva il suo fascino. Allo stesso tempo, negli ultimi tempi, se da un lato giustamente i media danno spazio alla crescita degli audiolibri (che, però, almeno per quel che riguarda l’Italia, rappresentano un mercato ancora ai primissimi passi), si può invece fare un bilancio dell’impatto a medio termine dei libri digitali, spariti o quasi dal racconto giornalistico: non hanno ucciso la carta, ma gli ebook oggi in Italia conservano una quota di mercato costante e possono contare su una base di lettori piuttosto fedele (in cui non manca chi legge anche tanti libri cartacei). Quanto contano gli ebook per GeMS?
“Non abbiamo mai pensato che gli ebook avrebbero sostituito il libro. Da subito abbiamo ritenuto che avrebbero raggiunto una quota del 15% circa e nel nostro caso, a volume, non si discostano molto da questa stima, mentre a valore sono circa la metà. Ma per alcuni ambiti, specie la narrativa di genere, hanno un’incidenza molto maggiore. Gli ebook hanno il pregio di seguirti ovunque e i libri di aspettarti per sempre”.

Nella prima parte del 2018 è stata liquidata Mach 2. Un altro colpo per la Gdo…
“È stata una sorpresa la messa in liquidazione di uno dei due operatori, che ci ha costretti a rivedere i budget sul 2018, ma è anche la dimostrazione che la Gdo è un canale difficile da servire con efficienza. Speriamo che nel 2019 la grande distribuzione riprenda a trattare il libro come e meglio di prima, perché gli autori e i lettori ne hanno bisogno. Il nostro gruppo è impegnato in prima linea nel mantenere questo servizio. Un milione e mezzo di lettori trova i libri nei supermercati perché nei loro comuni non ci sono librerie. E un altro milione e mezzo trova comodo comprarli anche quando fa la spesa. Inoltre, quel canale è importante per i bestseller internazionali: gli stessi autori che si trovano negli aeroporti di tutto il mondo”.

Passiamo a un tema dibattuto. Lo scorso dicembre l’assemblea dei soci dell’Associazione degli Editori Indipendenti ha votato la propria posizione su una nuova Legge per il libro e la lettura. L’obiettivo di Adei è quello di rivedere la Legge Levi, che spesso ha fatto discutere in questi anni. I marchi riuniti in Adei chiedono un tetto massimo di sconto al 5% sui libri e una modifica ai meccanismi di promozione (una sola campagna all’anno per casa editrice, della durata di un mese, con sconti che non possono superare il 20%). La sua posizione sugli sconti in libreria, considerato l’attuale contesto, qual è? E come procede il dibattito all’interno dell’Associazione Italiana Editori? Infine, pensa che si arriverà a un punto d’incontro, e a una nuova legge sul libro?
“Il potere di acquisto degli italiani ultimamente non è cresciuto. I consumi sono sostenuti dall’erosione dei risparmi. E nell’ultimo trimestre 2018, sarà per la flessione dell’economia o per il mancato sostegno di 18 App, il mercato non è stato brillante. Perciò temo il contraccolpo negativo di un eventuale riduzione dello sconto, come si ebbe nel 2011 nel pieno della crisi economica”.

E cosa propone?
“Ritengo che bisognerebbe regolamentare le promozioni in linea con lo spirito della legge esistente, spesso aggirata, o elusa, in base a contorsioni formali che non creano efficienza, e istituire dei controlli e delle verifiche periodiche. Si dovrebbe poi rendere più semplice la vita ai librai e più lineare il dialogo con i consumatori”.

Come?
“Sostenendoli con 18 App e ampliando il credito di imposta, perché le librerie, specie nei piccoli centri, sono un punto di riferimento. In questi giorni si rischia la chiusura della libreria di Orvieto dei fratelli Campino. Ho letto il post di un padre disperato: suo figlio ci passava i pomeriggi. Dove li passerà adesso? È interesse della collettività sostenere queste realtà. Nell’Aie, associazione che rappresenta almeno l’80% del mercato e, unica, che presidia gli interessi democratici dell’editoria a Roma, Ginevra e Bruxelles, la stessa associazione che ha promosso la Legge Levi a suo tempo, c’è unanime apprezzamento per la regolamentazione attuale, che comunque riduce le disparità tra grandi e piccole librerie, ma ad oggi non c’è accordo su un’ulteriore riduzione dello sconto”.

Si è molto parlato di 18 App, e la stessa Aie in più occasioni si è schierata: a fine dicembre il Ministro per i beni e le attività culturali Alberto Bonisoli ha firmato il Decreto attuativo che integra ed estende il bonus cultura. Che ruolo può svolgere, anche in chiave promozione della lettura tra i giovani?
“In generale, nel 2017, secondo l’Istat la lettura è in aumento in quasi tutte le fasce d’età, e voglio pensare che sia anche grazie a questi interventi. Siamo una delle nazioni europee con meno laureati. Credo che ampliare la fruizione culturale e l’importanza che il libro ha nella società, come accade in altri Paesi europei più virtuosi, sia un bene. Temo però che collegare l’App all’Isee familiare, come è stato annunciato, per quanto possa sembrare corretto sul piano concettuale, finisca per depotenziarne enormemente il bellissimo messaggio: ‘Hai 18 anni, sei maggiorenne, crescere significa partecipare di più alla vita culturale del tuo Paese, ma sei tu che scegli come’”.

Dal 22 al 25 gennaio 2019 si terrà a Venezia il 36esimo Seminario di Perfezionamento della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri (qui il programma). Quest’anno il tema principale è l’Europa, dove si continua a discutere della nuova direttiva sul copyright dell’Unione Europea, in fase di approvazione. Da editore, da imprenditore e da cittadino è preoccupato, anche in vista dell’appuntamento elettorale di fine maggio?
“Il copyright difende la parte più creativa del nostro settore. È spesso tacciato di anacronismo, ma è un istituto assolutamente adatto al mondo digitale, che vuole premiare la creatività ovunque si manifesti. Spesso sono molto più anacronistici e dannosi i brevetti, che invece sono difesi a spada tratta dalle stesse organizzazioni che demonizzano il copyright. Per ora le grandi piattaforme si sono concentrate sul consumatore. Basterebbe che facessero un decimo di quello che fanno per i consumatori, per organizzare la remunerazione dei creatori, incentivando così la qualità e la produzione letteraria. Non ci vuole nulla a creare una piattaforma comune che remuneri automaticamente l’ingegno di chi ha prodotto opere apprezzate in rete. Basterebbe che investissero una minima parte di quello che investono in start up e brevetti, per sostenere lo sviluppo culturale”.

E invece?
“In nome della libertà dei pirati e di contenuti di scarsa qualità che non interessano a nessuno, tendono spesso a indebolire il copyright, associandosi con chi produce editoria di scarsa qualità e copiata da chi investe veramente in qualità. I messaggi sono semplici, slogan fuorvianti che non riflettono la realtà e azioni di stalking che disturbano il dibattito”.

Ora una domanda che inevitabilmente ci porta a parlare dell’attuale momento politico. In passato, per alcuni suoi siti, GeMS si è affidata alla consulenza della Casaleggio Associati. Poi, nell’estate 2013, la partnership si è interrotta. Come mai?
“È vero, abbiamo lavorato un paio d’anni a stretto contatto con la Casaleggio Associati, per lo più su aspetti tecnici legati ai nostri siti. Quando il Movimento 5 Stelle è diventato un partito, e ha avuto il successo che conosciamo, abbiamo sentito l’esigenza di separarci”.

Perché? Tra l’altro, mentre i 5 Stelle nel frattempo sono arrivati al governo, diverse aziende si sono avvicinate alla Casaleggio.
“Nel mondo fisico, tecnica e contenuti editoriali sono ben distinti, mentre nel digitale non si sa dove finisce la tecnica e comincia il contenuto, o dove finisce il contenuto e comincia il marketing. Siamo fieri della nostra indipendenza intellettuale e di quella dei nostri autori e come editori non potevamo più avere tra i fornitori una società di consulenza così vicina a un partito. Nel momento in cui il M5S diventa establishment, o rischia di diventarlo, noi dobbiamo allontanarci e viceversa, leggo, molti altri salgono sul carro per approfittarne. Noi stiamo lontani dal conflitto di interessi e dunque ci siamo organizzati con competenze interne. Spesso gli editori più apprezzabili devono andare controcorrente, come i salmoni. Anche perché gli autori grazie ai quali esistiamo sono spiriti liberi. Il nostro maestro, Mario Spagnol, simpatizzò con la Lega delle origini, così come alcune nostre direzioni editoriali (sono poi loro, in definitiva e autonomamente, a fare il programma editoriale delle case editrici) hanno simpatizzato con il M5S delle origini. I movimenti emergenti rispondono alle domande della società e le mettono sul tappeto. Gli editori, per mestiere, cercano il ‘nuovo’, perciò è naturale che siano i primi a mostrare interesse per questi nuovi fenomeni. Alcuni storcevano il naso pensando all’accostamento tra la raffinatezza di Mario Spagnol e la canottiera di Bossi, o tra la cultura articolata delle case editrici e il colorito blog di Grillo, ma l’editore è sempre curioso a 360 gradi. E i libri sono sempre un po’ ribelli. Grazie al pluralismo e all’autorevolezza questo è spesso il mezzo attraverso il quale si affermano le istanze delle minoranze. Diverso è quando poi movimenti dal basso devono necessariamente strutturarsi in partiti, e quindi in organismi di potere, e magari danno risposte che non condividiamo”.

Quindi a suo avviso per un editore è importante l’indipendenza dalla politica.
“Noi siamo fieri della nostra indipendenza, non prendiamo soldi pubblici, seguiamo i principi classici dell’editoria, che deve essere equidistante, difendiamo i nostri autori in tribunale e alla fine abbiamo quasi sempre un verdetto favorevole. La nostra indipendenza è al servizio degli autori in buona fede e dei lettori. Ora nella stanza dei bottoni ci sono due partiti come il Movimento 5 Stelle e la Lega, ed è naturale che siano sotto osservazione, e che gli autori e i lettori si facciano delle domande, e che i nostri autori siano liberi di esercitare la funzione critica che spetta all’editoria indipendente. Per noi è il momento di guardare avanti. Perciò, provando a leggere nella sfera di cristallo dei libri, direi che molte nuove tendenze arriveranno dalle donne e dalle scrittrici. Si avvicina il momento in cui le donne si faranno carico di salvare il mondo?”.

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