Teresa Cremisi, una delle figure più rilevanti dell’editoria europea, racconta a ilLibraio.it “La Triomphante”, il suo primo romanzo, pubblicato un anno fa in Francia e ora tradotto in italiano da Adelphi: “Non è un’autobiografia. Parlerei di autoritratto spirituale. Il libro è anche un regalo postumo per i miei genitori”. Nell’intervista spazio, tra le altre cose, alla discussa acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori: “Inevitabile, vista la situazione finanziaria del gruppo… ma credo che gli aggiustamenti dell’Antitrust possano tranquillizzare chi è spaventato. Anche perché resto convinta che per alcuni piccoli editori questa acquisizione possa trasformarsi in un’opportunità”. E su Livio Garzanti…

L’esistenza di Teresa Cremisi, una delle figure più rilevanti dell’editoria europea, è un lungo viaggio. Nata ad Alessandria d’Egitto, figlia di un imprenditore e di un’artista, dopo un’infanzia magica a 10 anni si è dovuta trasferire in Italia, cominciando una nuova vita, in cui i libri hanno avuto un ruolo determinante. Ventidue anni alla Garzanti poi, nel 1989, un altro spostamento: dall’Italia alla Francia, per dirigere, a sorpresa, la prestigiosa casa editrice Gallimard. Superato lo scetticismo iniziale, è diventata ben presto una figura temuta e ammirata. Nel 2005 ha lasciato Gallimard per Flammarion, e un anno fa ha pubblicato il suo primo romanzo, La Triomphante, in cui i passaggi autobiografici non mancano. Il libro è stato appena pubblicato anche in Italia, da Adelphi. Per l’occasione, ilLibraio.it l’ha intervistata.


LA PRESENTAZIONE – Oggi, 19 maggio, alle 18.30, a Milano, presso il  Circolo dei Lettori – Fondazione Adolfo Pini, Teresa Cremisi, con Ferruccio de Bortoli, presenta il suo primo romanzo.

Nel suo primo libro c’è ineluttabilmente molto della sua vita, in cui i momenti felici non sono mancati (l’infanzia in Egitto, ma anche i tanti successi professionali), come pure gli anni difficili (quelli dell’esilio, con l’arrivo, forzato, in Italia). Allo stesso tempo, non si tratta di un’autobiografia.
“Non lo è. Troppi passaggi non corrispondono. Quanto alla scelta dell’io narrante, non si tratta certo di una mia invenzione. Piuttosto, parlerei di autoritratto spirituale”.

Ha scritto il suo primo libro in francese, e per la versione italiana si è affidata alla traduzione di Lorenza Di Lella e Francesca Scala: perché non ha voluto riscrivere il libro in italiano?
“Ho deciso con naturalezza di scriverlo in francese. Terminato il lavoro, non me la sono sentita di riscriverlo in italiano. Quando è arrivata la traduzione, però, in alcuni passaggi non ho riconosciuto la mia voce. Non che la traduzione fosse fatta male, anzi… le traduttrici hanno capito perfettamente il mio stato d’animo. Così, sono intervenuta molto nel testo, fino a ritrovare la mia voce letteraria anche nella versione italiana”.

A questo proposito, rileggendo il suo primo romanzo in italiano, cosa l’ha colpita, anche a livello di differenze stilistiche, rispetto all’originale?
“La versione in francese mi sembra più secca, più nitida. In italiano il romanzo è più nostalgico. Anche se non è stata la nostalgia a spingermi a scrivere”.

Perché ha aspettato così tanto, prima di pubblicare il suo primo libro? 
“Per anni ho giurato che non avrei mai scritto un romanzo, né un’autobiografia. Ero sincera. Ma poi è arrivato un piccolo editore che, sapendo della mia passione per le vecchie foto, mi ha proposto di selezionarne una trentina e descriverle in un libro. Come vede, a volte gli editori servono a qualcosa… una volta cominciato il lavoro, la scrittura mi ha preso…”.

È stata un’esperienza catartica, ripercorrere le tappe della sua vita, ripensare alla sua infanzia?
“Sono stata felice di dare ai miei genitori un racconto. Loro non hanno mai lasciato tracce. La parte del libro che ho dedicato loro è la più corrispondente alla realtà. La Triomphante è il mio regalo postumo”.

A proposito della sua infanzia e adolescenza, da quali letture sono state segnate?
“Sono sempre stata una lettrice onnivora. Sin da ragazzina, ho amato i classici dell’epica e Shakespeare. Anche se non capivo quasi nulla, mi lasciavano qualcosa”.

A quali autori si è ispirata durante la stesura del suo primo romanzo?
“È difficile rispondere a questa domanda, non saprei citare dei nomi. Ci tenevo a scrivere con sobrietà e semplicità una piccola epopea”.

Dobbiamo aspettarci un secondo libro?
“Non sto lavorando a un nuovo libro. Ma ormai non escludo più nulla”.

Un anno fa ha lasciato la presidenza di Flammarion. Continua però a occuparsi dei suoi autori feticcio, da Houellebecq a Yasmina Reza: cosa sarebbe stata la sua vita se non avesse iniziato a lavorare nell’editoria, dove ha raggiunto i massimi livelli?
“Ci sono dei momenti chiave nella vita di ciascuno, in cui si fanno delle scelte. Se non avessi cominciato a lavorare nell’editoria, probabilmente mi sarei dedicata alla biologia, o alla medicina”.

Il mercato editoriale francese e quello italiano presentano non poche differenze. Oltralpe, tra l’altro, sia l’attenzione per l’educazione alla lettura sia quella per la difesa delle librerie sono maggiori, anche grazie all’impegno, costante nel tempo, della politica: lei, che da poco è diventata cittadina francese (conservando quella italiana), come vede il futuro dell’editoria italiana? 
“Anche se le difficoltà non mancano, non sono preoccupata. Sono convinta che possa ancora svilupparsi”.

Lei è nel Cda di Rcs: da poco è stata definita la cessione di Rcs Libri a Mondadori. Le polemiche non sono mancate: come giudica l’operazione? 
“Inevitabile, vista la situazione finanziaria del gruppo Rcs”.

Molti autori, librai ed editori, però, continuano a essere preoccupati, anche dopo il verdetto dell’Antitrust.
“Posso capire certe preoccupazioni. Allo stesso tempo, rispetto ad altri mercati europei, si parla di numeri non enormi, in relazione al fatturato. E credo che gli aggiustamenti dell’Antitrust possano tranquillizzare chi è spaventato. Anche perché resto convinta che per alcuni piccoli editori questa acquisizione possa trasformarsi in un’opportunità. In questi casi i nuovi talenti hanno la possibilità di ritagliarsi spazi inattesi”.

Per chiudere, un ricordo di Livio Garzanti.
“Gli anni in casa editrice sono stati fondamentali per me. Uscivo dall’adolescenza, e mi occupavo di tutto, dai dizionari alla letteratura. Devo moltissimo a Livio Garzanti, a cui rendo omaggio anche nel libro”.

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