Intervista a Jhumpa Lahiri autrice di Una nuova terra ISBN:9788860880406
Autrice di culto negli Stati Uniti, premiata con il Pulitzer al suo esordio narrativo nel 2000, con questo nuovo libro, Una nuova terra, la bengalese Jhumpa Lahiri è balzata in testa alla classifica di New York Times. Sono otto racconti lunghi ambientati a Boston, New York, Londra, Roma, l’India e la Thailandia. Scenari diversi per raccontare i temi cui Jhumpa Lahiri è più legata: i drammi quotidiani e famigliari di giovani immigrati di origine indiana, il loro senso di non appartenenza, le loro vite divise tra due paesi e due culture, tra la nuova libertà e il desiderio di far propria la tradizione. Ne abbiamo parlato con lei stessa nel corso di una sua recente visita all’Italia.
D. Quanto è stato difficile accettare la “Nuova terra” come proprio paese di appartenenza?
R. Non è stato facile soprattutto perché i miei genitori si sono sempre sentiti indiani, quindi io sono cresciuta in bilico tra due culture. Mi ci è voluto tempo per maturare la distanza necessaria ad accettare di far parte di una cultura diversa e capire che sentirmi americana non voleva dire tradire la mia terra d’origine.
D. Lei ha scritto racconti e un solo romanzo. Non sono molti gli scrittori che si misurano con questa forma narrativa.
R. Sono una scrittrice più concentrata che espansiva, mi piace la purezza e la compiutezza del racconto. Ammiro molto i racconti scritti da grandi scrittori come Hemingway, Alice Munro, Mavis Gallant, William Trevor e soprattutto Cecov.
D. Cosa hanno cambiato nella sua vita il successo, il Premio Pulitzer, il Pen-Hemingway, il premio del New Yorker, l’ammissione all’American Academy of Arts and Letters, il cinema…
R. Mi sono divertita a vedere L’Omonimo diventare un film di una regista come Mira Nair. Certo abbiamo potuto, mio marito e io, comprarci una casa, viviamo più rilassati, ma mio figlio parla bengalese come prima lingua, andiamo in vacanza in India, mangiamo cibo bengalese. La trasmissione della tradizione non si interrompe qui.