Conversazione con Riccardo Chiaberge autore di La variabile Dio ISBN:9788830425569

“Nessun cielo è più cristallino e scintillante di quello dell’Arizona”. Ed è sotto questo cielo, a Tucson, nella residenza degli astronomi del Vaticano (!) che un sabato di novembre 2007 si sono seduti uno di fronte all’altro il Premio Nobel per la fisica Arno Penzias, ebreo e laico, e George Coyne, gesuita e astronomo, “a parlare a ruota libera di Big Bang” (specialità di Penzias) e “di ateismo, di evoluzione e creazione”. E di Darwin, di Galileo, di “Disegno Intelligente”… Regista (e “registratore”) dell’incontro Riccardo Chiaberge, che dirige il supplemento domenicale del “Sole 24 Ore”. Da quel dibattito, sempre vivacissimo e a tratti davvero affascinante, è nato un libro: La variabile Dio. Mario Biondi ne ha parlato con l’autore, anche loro tenendo sul tavolo un registratore digitale.

Mario Biondi: Leggendo il libro, il significato del titolo — La variabile Dio — appare chiarissimo, ma è probabilmente il caso di chiarirlo a chi il libro non l’ha ancora letto.

Riccardo Chiaberge: Ho voluto usare un’espressione matematica, come se Dio fosse la variabile di un’equazione. Un’equazione che non torna. O, meglio, che torna per i credenti ma non per i non-credenti, e che comunque in questi ultimi anni è molto presente nell’acceso dibattito tra scienza e fede.

MB Vista la tua professione di “giornalista culturale” si penserebbe a te soprattutto come a un umanista. Però, come appare evidente da diversi tuoi libri, nutri anche un vivo interesse per la scienza e la tecnologia. Cerchi di porti in una posizione di mediatore tra le famose “due culture”?

RC Sì, penso proprio che nella cultura di un uomo del nostro tempo debbano entrare entrambe queste componenti. Non ci si può più definire “istruiti” se non si ha una certa pratica anche delle materie scientifiche. Questo non significa dover conoscere per filo e per segno la teoria della relatività o la meccanica quantistica, ma per lo meno capire di che cosa si parla quando si parla di scienza, e in quale modo la scienza ha cambiato il nostro modo di vedere il mondo.

MB Ho sempre pensato anch’io che le cosiddette “due culture” si debbano integrare, ma c’è gente che continua strenuamente a non volerne sentir parlare.

RC Certo, c’è un vasto settore del mondo letterario che ha un forte pregiudizio nei confronti della scienza, l’idea di origine crociana che la cultura scientifica sia inferiore.

MB Io però ho il sospetto che un pregiudizio uguale e contrario nei confronti dell'”umanesimo” sia coltivato con persino maggior forza da parte di alcuni scienziati o studiosi della scienza.

RC È vero. Ma secondo me questo deriva da un certo senso di inferiorità degli scienziati, dalla loro mancanza di peso politico.

MB Perché, gli “umanisti”, scrittori e artisti, ne hanno? Ma veniamo al vero argomento del nostro incontro, ovvero questo tuo La variabile Dio. Com’è nato l’incontro tra i due personaggi a Tucson? Li hai scelti tu oppure il loro dibattito era già previsto e ti sei potuto inserire?

RC No, no, li ho scelti e messi assieme io. Ero un po’ infastidito da certi stereotipi del dibattito in corso qui da noi, che vede obbligatoriamente lo scontro tra un “religioso” e un “laico”, rigorosamente definiti come tali. Quindi sono andato in cerca di due personalità appartenenti a due sfere diverse di pensiero e anche di religione che sparigliassero un po’ le carte del confronto. Due personalità un po’ “sghembe”, per così dire, un po’ trasversali, un po’ sorprendenti. E in effetti mi hanno sorpreso. Non mi aspettavo che fossero così trasversali.

MB Più il laico ebreo Penzias che il gesuita-astronomo cattolico Coyne, mi pare di aver capito.

RC Sì. Perché Coyne è un gesuita, incarna lo spirito del credente. Anche se si trova su posizioni che spesso, per stessa sua ammissione, sconfinano nel campo dell’eresia. Dice, per esempio, che l’anima può essere il prodotto dell’evoluzione: non credo che sia scritto in nessun trattato di teologia cattolica, e penso faccia rabbrividire molte alte schiere della chiesa. Però in effetti ancora più sorprendente è stato Penzias, che io conoscevo da molti anni e pensavo avesse posizioni più ostili all’idea del trascendente.

MB Mentre da quanto dice si deduce che ha rapporti ben precisi, strutturati e convinti con la religione ebraica.

RC La grossa differenza tra lui e Coyne, però, al di là del fatto che uno è cattolico e l’altro ebreo, sta nel fatto che Penzias segue le sue tradizioni religiose, ma non è un uomo “di fede”, come invece è Coyne prima ancora di essere religioso. Uno rispetta le tradizioni di famiglia, l’altro ha avuto una vocazione, ha incontrato Dio.

MB Non c’era spazio per un rappresentante del terzo corno della fede monoteista, l’Islam? Yahweh, Dio e Allah sono poi la stessa cosa. O forse nell’ambito religioso musulmano non c’è nessuno che possa, o voglia, parlare di questi argomenti?

RC In realtà nel libro ho inserito quel terzo punto di vista scrivendo del pachistano Abdus Salam, Premio Nobel per la fisica. Ma varrebbe certamente la pena di studiare a fondo che cosa ha portato, nell’Islam, a una frattura che appare insanabile tra religione e scienza, Non a caso nel libro evoco il 1580, l’anno in cui da una parte Tycho Brahe ha inaugurato il suo celebre Uraniborg nel Baltico e dall’altra l’ottomano Murad III ha ordinato la distruzione dell’ultimo osservatorio musulmano.

MB Fatto tanto più grave in quanto il sultano di Costantinopoli era anche il Califfo dell’Islam, il protettore, la massima autorità spirituale. Quindi forse la personalità scientifica musulmana da affiancare a Penzias e Coyne non esiste.

RC No, non è così. In realtà mi risulta che diversi studiosi musulmani, chiedono di poter frequentare la specola vaticana, però è una cosa che non so con precisione.

MB Da accanito viaggiatore in quelle aree non posso che provare una profonda malinconia se penso ad Al Kwarizmi, vissuto nella adesso uzbeka Khiva, padre dell’algebra (dal suo nome viene “algoritmo”), o all’osservatorio del Khan timuride e grandissimo astronomo Ulu Beg, i cui titanici resti sono tutto visibili a Samarcanda. Io sono molto preoccupato per questa frattura tra fede e ragione, che c’è anche da noi e che non mi sembra affatto destinata a ridursi, ma caso mai ad allargarsi. Tu invece mi sembri abbastanza ottimista.

RC La gravità della frattura è lampante nel mondo americano, con il creazionismo opposto con virulenza all’evoluzionismo. Per quanto concerne il mondo cattolico, la realtà mi sembra invece molto più sfaccettata: vi convivono molte anime che impediscono l’imporsi di un fondamentalismo. Anche se, certo, ci sono personaggi come il cardinale di Vienna che ha preso posizione contro il neodarwinismo e a favore del Progetto Intelligente. Ma questo scontro quasi settario tra certi fondamentalisti cristiani e certi atei bigotti è secondo me destinato a svuotarsi. Entrambi i campi sono per fortuna ricchissimi di personalità dotate di profonda intelligenza. E dal passato emergono figure luminose come quella dello scienziato-santo Stenone. Un genio dello studio dei fossili, altro che creazionismo. Da lì il mio ottimismo: la superstizione, l’ottusità, il rifiuto del dialogo sono destinati a essere sconfitti.

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