Elena Marinelli è al debutto letterario con “Il terzo incomodo”. E su ilLibraio.it racconta la sua passione per i romanzi di formazione, in un viaggio in cui parla, tra gli altri, di autori come Elsa Morante, Jonathan Safran Foer, Peter Cameron e Aimee Bender…

La setta dei lettori dei romanzi di formazione è composta da individui che amano legare a un libro un momento preciso della loro vita, persone ossessionate dal non dimenticare un fatto, un luogo o un periodo; per evitare che accada, utilizzano un mezzo ricorsivo, una storia che può essere letta e riletta all’infinito e quasi sempre saprà del primo boccone.

La prima volta

«Quella fu, credo, la prima e l’ultima volta ch’io visitai una chiesa in qualità di suddito cristiano. Mi piaceva, in qualche momento, di trattenermi dentro una chiesa, come in una bella camera signorile, in un giardino, in una nave. Ma mi sarei vergognato di inginocchiarmi, o di fare altre simili cerimonie, o di pregare, anche solo col pensiero: quasi davvero io potessi credere che quella era la casa di Dio, e che Dio è in comunicazione con noi, seppure esiste!»

(Elsa Morante, L’isola di Arturo, Giulio Einaudi editore 1957, pag. 22)

Sentii parlare per la prima volta di Arturo alla stazione di Termoli, per caso, seduta sulle panchine in attesa di un treno con mio padre. Accanto a me un bambino bruno e grassoccio sfogliava Topolino, mentre una donna molto alta, probabilmente sua madre, si preoccupava del fatto che non avesse letto L’isola di Arturo di Elsa Morante durante le vacanze appena finite. Arturo ed Elsa: nome bizzarro lui, nome bizzarro lei. Almeno per me, abituata a Francesco, Maria e tutti i suoi derivati, Antonio, molti Giuseppe e Michele, Pietro e qualche Luca.

Quando toccò a me leggere il libro, solo qualche tempo dopo, scoprii che Arturo stesso era impressionato dal suo nome ed entrammo subito in sintonia. Non mi venne mai in mente, mentre ne leggevo per la prima volta, che potesse essere una storia lontana o che abitassimo orizzonti tutt’altro che comuni: Arturo era mio amico e dopo molto tempo capii che mi aveva insegnato a leggere. Ero stata fortunata.

Il percorso verso l’innominabile

Che sia più o meno formativo in senso stretto, gli elementi che attraggono in un romanzo di formazione sono il processo e il metodo, come se da lettori ci trasformassimo in piccoli chimici in cerca di una soluzione o esploratori a cui è affidato il destino dell’universo.

In Molto forte incredibilmente vicino, Jonathan Safran Foer fa affrontare al piccolo Oskar una serie di prove in cui l’eroe, vittima di un accadimento terribile, conquista “semplicemente” la libertà dalle sue paure più nascoste. Questo somiglia a quel che Michael Ende fa fare a Bastiano ne La storia infinita e Niccolò Ammaniti a Michele in Io non ho paura.

Per Oskar e Bastiano esiste un gusto per l’avventura e l’esplorazione, che sarà la molla principale per partire. Non importa che si parli di vicende fantastiche o metropolitane: il percorso li condurrà a risolvere il dilemma e crescere. Per Michele, invece, non esiste alcun gusto per l’avventura, anzi: lui vive un mondo popolato di mostri, più reale della sua immaginazione.

Per tutti e tre, però, c’è un problema talmente inaffrontabile da non riuscire a nominarlo e un compito gravoso da portare a termine per risolverlo.

L’ostacolo uno: il mondo fuori

«Questa è una cosa che detesto: la gente che quando stai da solo lo trasforma in un problema suo. Sapevo che l’unica ragione per cui voleva che andassi al suo tavolo era cavarsi un pensiero. La mia solitudine le dava fastidio: è come quando sei seduto in metropolitana e non sopporti quelli che stanno in piedi. Sembra che lo facciano apposta per farti sentire a disagio.»

(Peter Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile, traduzione di Giuseppina Oneto, Adelphi 2007, pag. 108)

«La prof è una sibilla disponibile e chiara: i nostri enigmi, anche mai posti, sono raccolti nei suoi diari e il futuro non è visto in una sfera, ma vissuto già. È un’assicurazione. Non sminuisce i nostri drammi alla luce dei suoi quasi quarant’anni ma li lascia assoluti così come li viviamo noi, mentre li risolve. […] Le punte di dolore corrispondono ai momenti in cui capiamo con chiarezza qualcosa della nostra vita, un meccanismo nuovo, una incomprensione che non voleva sciogliersi, una felicità che non si sapeva bene da dove venisse.»

(Matteo Cellini, Cate, io, Fazi Editore 2013, capitolo 10)

James e Caterina ingaggiano la battaglia contro il mondo fuori, da cui sono totalmente esclusi: lo fronteggiano pur non avendo alcuna voglia di entrarvi e di domandarsi cosa potrebbe esserci al di là. Le loro storie terminano a diciotto anni e per entrambi quello è il momento che apre alla medesima condizione: cosa liquidare del passato e su cosa, invece, costruire il futuro.

L’ostacolo due: il mondo (rac)chiuso

Ciò che è sufficiente alla sussistenza di Darla, la protagonista di Comunque vada non importa di Eleonora C. Caruso, è a tiro di divano. Ciò che basta a Rose, la protagonista de L’inconfondibile tristezza della torta al limone di Aimee Bender, sta dentro a un impasto. A un certo punto sia Darla sia Rose sono costrette a segare in due ciò che le sostiene, perché un evento esterno lo impone, e sono chiamate a decidere se aprire le porte oppure no.

La fine ha valore almeno quanto l’inizio, entrambe rappresentano eroine della formazione molto più vicine al quotidiano: la loro conquista è aperta e con essa il finale della storia.

«Non importa quante volte la dovrò rifare, né quanto ci metterò. Eva ha ventisei episodi, io ho un mucchio di tempo e quasi duecento penne Bic da consumare. Non ho niente da temere.»

(Eleonora C. Caruso, Comunque vada non importa, Indiana Editore 2012, pag. 216)

Mai più come prima

La costante irrinunciabile di un romanzo di formazione è la possibilità di andare incontro a un futuro non più in linea con il passato. Anche se il tempo della storia si concentra in pochi mesi o anni, la prerogativa del protagonista è poter attraversare il punto di partenza della narrazione e fare almeno un passo oltre. Il percorso in cui ci conducono questi personaggi ha la forma di una curva chiusa, in cui inizio e fine si somigliano, ma a cui si aggiunge sempre un piccolo segmento.

Elena Marinelli Il terzo incomodo

IL LIBRO E L’AUTRICE – Teresa frequenta il liceo in un paesino di provincia. Vive con sua nonna e ha una sola amica, che in realtà detesta ma che è una delle sue poche certezze. Convive con un grande, enorme rimosso di cui non capisce le ragioni. Si esclude dal mondo dei coetanei, costruendosi una vita invisibile, che le permette di crescere e conquistare una tranquillità che non credeva possibile. La morte della nonna, però, le crea un nuovo squilibrio, un nuovo rimosso. Teresa dovrà combattere per scoprirsi ancora capace d’essere felice: troverà un compagno e si rifarà una vita, almeno fino a quando il terzo incomodo non tornerà a sconquassare ancora tutto quanto… È la trama de Il terzo incomodo (Baldini & Castoldi), romanzo d’esordio di Elena Marinelli, autrice per ilLibraio.it di quest’intervento autobiografico dedicato ai romanzi di formazione…

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