Sinossi
Nel 1973, quando apparve da Adelphi "I due allegri indiani", l'aggettivo demenziale non era ancora entrato nel lessico della critica italiana, né letteraria né cinematografica né musicale: il primo film dei Monty Python sarebbe stato distribuito solo un anno dopo, "Hellzapoppin'", "La guerra lampo" dei fratelli Marx erano noti a una sparuta minoranza di cinefili, e gli unici esempi di " demenzialità " che venissero proposti alle italiche genti erano i personaggi di "Alto gradimento". Per di più Rodolfo Wilcock era un ospite assai singolare della nostra letteratura - per non dire un alieno. Cresciuto alla scuola di Borges, già autore di parecchi libri nel suo Paese, si era reinventato come scrittore in una lingua, l'italiano, che aveva a sua volta reinventato con una estrosità , o meglio, una sfrenatezza, paragonabile solo a quella che Nabokov aveva inoculato nella lingua inglese. Forse per questo ci sono voluti anni prima che Wilcock venisse riconosciuto per quello che è: un maestro del fantastico e del grottesco - e un maestro della prosa italiana. "I due allegri indiani" si potrebbe definire un " romanzo rivista", nel doppio senso della parola: 1, perché è articolato nei trenta numeri della rivista "Il Maneggio", diretta e redatta dal protagonista del romanzo stesso, che muta continuamente nome; 2, perché ogni numero di questa rivista è come un susseguirsi esilarante di sketch di avanspettacolo, il cui autore fosse però un letterato abilissimo, un genio della satira.
- ISBN:
- Casa Editrice:
- Pagine: 297
- Data di uscita: 26-01-2011
Recensioni
Esilarante. Sconclusionato. Strambo. Geniale e demenziale. Grottesco. I protagonisti ne dovrebbero essere due indiani (per lo più Daino Rosso e Cavallo Alto, ma a volte anche altri, con altri nomi...), che dovrebbero essere nati in qualche riserva dell'Arizona, ma talvolta anche a Rawalpindi, e che Leggi tutto
#fallabreve: Un bel gioco dura poco, non (quasi) trecento pagine…
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