“In casa mia era ostracizzato come un libro stucchevole e moralista…”. Come ricorda su ilLibraio.it, da piccola Ilaria Gaspari fu costretta a leggere “Cuore” di nascosto. Da adulta, la scrittrice nota come “dalla prima all’ultima pagina” l’opera di Edmondo De Amicis ” è un immenso, insaziabile, irresistibile ricatto emotivo”. Non solo: “Il moralismo viene abbracciato, sviluppato, dilatato senza riserve né tentennamenti, fino a rasentare una forma stranamente ipnotica di pornografia sentimentale…”

Nella vita di ogni lettore c’è, credo, un primo libro letto di nascosto, disobbedendo a un divieto d’intensità variabile, che può spaziare dal ‘non è adatto alla tua età’ al ‘ti proibisco di leggere queste porcherie’, a seconda dell’autorevolezza e della severità dei genitori. È un avvenimento importante, una pietra miliare: e si situa di solito negli anni di curiosità affannosa che segnano la fine dell’infanzia. Molto spesso, per ragioni piuttosto ovvie, si tratta di libri perturbanti, che sconfinano nell’orrorifico o, più frequentemente, nell’erotismo. Devo confessare che (ben prima che mi imbattessi, dodicenne, nelle variegate e incomprensibili metafore falliche di un Amante di Lady Chatterley trovato per caso in un’edizione allegata a qualche quotidiano), per me il primo libro letto di nascosto, con tutta l’inquietudine della vergogna e la paura di essere scoperti, è stato nientepopodimeno che Cuore.

Lo rileggo oggi e capisco perché, in casa mia, fosse ostracizzato come un libro stucchevole e moralista. Fin troppo facile capirlo: lo è, è stucchevole, e pure moralista. Ma lo è in una maniera così sconcertante e radicale da diventare, come ogni primo libro proibito che si rispetti, una lettura sconvolgente.

Quando avevo dieci anni ero una bambina troppo sensibile. Ero strana, e nutrivo una passione morbosa per il Risorgimento, le cui ragioni ora posso solo ricostruire per via congetturale: una domenica dei miei nove anni mi fu spiegato cosa fosse la Lega Nord; ne nacque, per me, il terrore che da un momento all’altro scoppiasse una guerra fra Nord e Sud, come in Via col vento. Il Risorgimento era l’antidoto a questa paura, probabilmente. Sapevo a memoria La spigolatrice di Sapri, vecchia poesia di Mercantini scoperta in una decrepita antologia scolastica, in campagna, d’estate; quando ero di umore malinconico mi recitavo nella testa i suoi versi più tremendi, trascinandomi con una certa facilità e un innegabile piacere fino all’orlo del pianto mentre pensavo al tragico esito della spedizione di Pisacane. Eran trecento, eran giovani e forti/e sono morti, sospiravo fra me mentre assaporavo il pizzicorino delle lacrime che salivano. I miei temi, a scuola, come le storie con cui imbrattavo fogli a casa, si facevano sempre più rugiadosi; il mio senso dell’umorismo si oscurava, nella cupa melassa di un sentimentalismo d’accatto. Non c’è da stupirsi quindi del fatto che dopo aver appreso – non ricordo come – dell’esistenza di un libro scritto per educare i bambini dell’Italia da poco unita, sia tornata entusiasta da scuola e l’abbia chiesto impetuosamente in regalo, dopo aver scoperto con disappunto che non era fra i libri di casa.

Non c’è da stupirsi nemmeno che i miei genitori, divertiti ma probabilmente anche un po’ preoccupati dal sentimentalismo morboso che stavo sviluppando, mi rispondessero di no: che non era un bel libro, che non era il caso di leggerlo, perché vecchio e muffo e scritto da un uomo crudele. Mi regalarono, al posto di Cuore, un libro sicuramente più limpido, più nuovo e divertente: purtroppo, ora non ricordo quale fosse. Ricordo invece benissimo la smania che mi prese, di leggere questo libro che – primo e unico – mi veniva sconsigliato, quasi vietato. La diceria della crudeltà dell’autore, naturalmente, rendeva ancora più magnetica l’attrazione che esercitava questo Cuore su tutti i miei desideri. Lo trovai fortunosamente nella biblioteca della scuola, lo portai a casa nascosto nella cartella. Per tutte le vacanze di Natale lo lessi camuffandolo goffamente dietro la copertina de Le tigri di Mompracem, fino al giorno in cui fui tradita da un furioso scoppio di pianto in seguito alla lettura di Sangue romagnolo, uno dei lacrimosissimi racconti esemplari inseriti nella cornice del romanzo: la storia di Ferruccio il quale, per un’innocente marachella, si sente dire che la nonna dubita del suo affetto, ma poco dopo si ritrova a fronteggiare una rapina ad opera di spietati banditi; i quali cercano di accoltellare la nonna, sennonché Ferruccio, nonostante l’umiliazione di poco prima (o, mi chiedo ora, proprio per via di quella?) si lascia pugnalare al posto suo. Mi ritrovarono singhiozzante: fui consolata e autorizzata a proseguire la lettura – che, inutile dirlo, perse molto del suo fascino non appena uscita dalla clandestinità.

Riletto ora, senza il peso del divieto, Cuore mi lascia stupita e disorientata. Mi turba e devo ammettere che qualche lacrima l’ho versata (sul sacrificio del Piccolo scrivano fiorentino, per esempio, bistrattato da un padre feroce e completamente ignaro del fatto che il ragazzino non dorme da mesi per aiutarlo, a sua insaputa, nel suo lavoro). È un romanzo ipnotico, sconcertante, involontariamente violento.

Cuore

Questo libro pensato per educare ai valori laici del patriottismo, del rispetto per l’autorità e per la famiglia, i bambini dell’Italia unita, e raccontato come il diario di un incolore bimbo torinese di terza elementare, Enrico Bottini (in cui Umberto Eco ha visto il prototipo dell’italiano medio, perbenista e mediocre, destinato a diventare fascista), dalla prima all’ultima pagina è un immenso, insaziabile, irresistibile ricatto emotivo. Qua e là emerge il talento dello scrittore: nel tratteggiare personaggi che in effetti, anche grazie al film di Comencini, sono rimasti scolpiti nella memoria di molte generazioni di lettori (Garrone il buono, squadrato e semplice, forte e docile; o il sardonico Franti, forse il più simpatico malgrado le intenzioni dell’autore), o in scene strazianti come quella del gioco delle palle di neve che volge in una grandiosa tragedia, riscattata dall’eroismo del povero Garoffi, l’avaro della classe; o nell’alone di bizzarra, involontaria sensualità che circonda un personaggio sorprendentemente vivido come la maestrina dalla penna rossa. Ma, soprattutto, quello che mi colpisce, oggi, e che non posso non riconoscere come un dubbio merito di Cuore – e chissà se c’entra il fatto che sia stato il mio primo libro proibito – è che si tratta dell’unico caso, per quel che posso ricordare ora ripensando alle mie letture, di un libro in cui il moralismo viene abbracciato, sviluppato, dilatato senza riserve né tentennamenti, fino a rasentare una forma stranamente ipnotica di pornografia sentimentale.

L’AUTRICE – Ilaria Gaspari, classe ’86, si è diplomata in Filosofia alla Scuola Normale di Pisa e ha debuttato nel romanzo con Etica dell’Acquario (Voland).
Qui i suoi articoli per ilLibraio.it.

 

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