Francesco Trento, co-autore di “Crazy for football”, su ilLibraio.it racconta da vicino la Dream World Cup, il campionato del mondo di calcio a cinque per persone con problemi di salute mentale

Dagli spogliatoi della Nazionale Azzurra, che sta disputando il Mondiale di Calcio a Cinque per pazienti psichiatrici, a Roma, Francesco Trento ci offre un racconto inedito e travolgente del campionato sportivo più pazzo del mondo – letteralmente! Un sogno che si realizza e che parte da lontano, da quando nel 2004 uno psichiatra romano decise di sperimentare una cura innovativa per le malattie mentali. Da allora ci sono stati due film, un David di Donatello, il libro Crazy for Football edito da Longanesi (2017) e ben due Mondiali, a coronamento di un’avventura follemente bella.

di Francesco Trento 

Nella terza partita del girone, dopo aver battuto Cile e Ucraina, l’Italia soffre con l’Ungheria, che la mette sotto per 3-1 nel primo tempo. Mister Zanchini decide allora di rischiare Mattia Armanni, nonostante la contrattura alla coscia destra. L’attaccante ripaga la fiducia segnando quattro reti, e firma il goal più bello del Mondiale: sul rilancio del portiere tocco morbido col ginocchio a scavalcare il difensore, rotazione di 180 gradi e bomba al volo nell’angolo.

È felice, Mattia, dopo la partita. Con dieci goal, al secondo giorno di gare, il bomber di Soresina guida la classifica marcatori appena sopra al pivot giapponese, che ne ha segnati otto in due partite. Il Giappone è la favoritissima di questa Dream World Cup, il campionato del mondo di calcio a cinque per persone con problemi di salute mentale, che si gioca interamente al Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano, gentilmente concesso dal comune di Roma. Il fischio d’inizio del torneo è stato dato nel giorno in cui si festeggiavano i 40 anni della legge 180, con cui l’Italia, primo paese al mondo, ha chiuso i manicomi, indicando una via nuova per la cura della salute mentale. Una via fatta di libertà, di reinserimento sociale, di abbattimento dello stigma. “Dai matti da legare siamo passati ai matti alle gare” dice Santo Rullo, lo psichiatra e direttore sportivo della squadra italiana, “nel senso che li portiamo a sfidarsi su un campo di calcio, a confrontarsi con gli altri, a reincontrare il mondo e se stessi”.

Al Don Orione, la struttura che ospita i giocatori delle squadre in lizza, sono arrivati 150 pazienti psichiatrici da ben 9 nazioni, e hanno iniziato subito a parlarsi, a cancellare la solitudine. C’è Laura, una ragazza ungherese di 18 anni che dopo aver tentato il suicidio è finita in manicomio, ma adesso si cura giocando a calcio, producendo da sola i suoi antidepressivi naturali (“dopamina, endorfina, serotonine. Nell’allenamento c’è tutto”, come spiega Vincenzo Cantatore, ex campione del mondo di pugilato e preparatore atletico della squadra italiana). C’è Yuri Brozhyna, che ha sostituito la dipendenza dall’alcol con una nuova dipendenza: quella dalla corsa. Una maratona dopo l’altra si è inventato una nuova vita, e ora è il presidente della squadra ucraina. Ci sono storie incredibili, come quella della squadra francese, in cui anche l’allenatore, i responsabili e persino la presidentessa Dominique Laurent sono pazienti psichiatrici. C’è il Perù dell’infaticabile organizzatore Renato Lopez e del “dottor Pepe”, suo padre, lo psichiatra della squadra, che hanno tirato su centinaia e centinaia di piccole donazioni per permettere alla squadra di venire fino a Roma. C’è Fabio, attaccante, che ieri ha segnato un goal fantastico contro l’Ucraina in diretta nazionale Rai Sport. Ieri sera mi ha confidato: “Sono contento, sì… solo vorrei, non lo so, magari ridurre questi farmaci che prendo, non è che non riesco a correre, no, in campo va bene, però mi fanno essere…. mi fanno essere… non Fabio, ecco”.

Il tema dei farmaci è stato molto dibattuto nelle riunioni tra gli psichiatri e gli operatori sociali dei diversi paesi, perché in questa coppa del mondo vige l’antidoping al contrario: chi prende medicine è rallentato. Chi non le prende (ad esempio i giapponesi, malignano molte altre squadre) invece è avvantaggiato.

“Vabbè, ma l’importante è che stiamo bene, che stiamo insieme”, dice Nicola, il portierone affetto da disturbo bipolare, che viene da Cagliari dove ha giocato anche in serie C. Questo torneo era partito male per lui, con uno stiramento di primo grado all’inguine che l’ortopedico aveva giudicato troppo serio per poter essere trattato. Ma Nicola voleva esserci a tutti i costi e non si è arreso: si è fatto fare una fasciatura stretta da suo padre, che è fisioterapista, e per tre giorni stringerà i denti.

“Te sei matto”, gli ha detto il mister. “Se non ero matto non mi potevi convocare” ha risposto Nicola sorridendo, e ha chiuso la partita. Poi ha chiuso anche la porta, con l’Ungheria, contribuendo al successo degli azzurri che ora puntano ad arrivare in finale col Giappone.

Vista l’eliminazione di Buffon e compagni nelle qualificazioni per la Russia, la nostra sarà l’unica nazionale italiana a giocarsi un Mondiale nel 2018. Perché, come dice uno dei nostri giocatori, “io sarò pure matto, ma Ventura che gioca con due centrocampisti con la Spagna tanto normale non mi pare…”. Quindi, tifosi, ecco l’appello: si gioca ancora domani, e soprattutto mercoledì. Palazzetto dello sport, viale Tiziano. Venite a fare il tifo per gli azzurri!

L’AUTORE – Francesco Trento, scrittore e sceneggiatore, ha pubblicato La guerra non era finita (Laterza, 2014) e, con Aureliano Amadei, Venti sigarette a Nassirya (Einaudi, 2005), di cui ha scritto anche la sceneggiatura per il cinema (20 sigarette, miglior film al Festival di Venezia 2010, sezione «Controcampo»). È autore di molti documentari, tra cui Matti per il calcio, Stessa spiaggia, stesso mare, Crazy for football e la docufiction Brothers in Army. Con Franco Fracassi ha scritto e diretto Zero, inchiesta sull’11 settembre. Dal 2005 gioca nella Nazionale italiana scrittori, Osvaldo Soriano Football Club, di cui è oggi anche allenatore.