In “Spettri di Nietzsche” (Guanda) Maurizio Ferraris si confronta con gli ultimi anni di vita del grande filosofo, destinato a morire pazzo

“In fondo la Tua vecchia creatura adesso è un animale straordinariamente famoso: non proprio in Germania, dato che i tedeschi sono troppo stupidi e ordinari per l’altezza del mio pensiero e hanno sempre fatto brutte figure di fronte a me, ma da qualsiasi altra parte…”. Così scriveva alla madre Friedrich Nietzsche nel dicembre 1888. In realtà, quelli sono per lui gli anni dell’oblio e del buio, in cui cominciano il declino e il deragliamento verso la follia di un uomo destinato a morire pazzo. Ma in un tragico controsenso, mentre esala in solitudine l’ultimo respiro, nel 1900, è già una celebrità mondiale. Malato di fama, Nietzsche l’ha ottenuta: troppo tardi.
 In “Spettri di Nietzsche” (Guanda), Maurizio Ferraris illumina la biografia del grande filosofo a partire da questa svolta cruciale, percorrendo i suoi ultimi anni su un doppio binario. Da un lato quello biografico, il racconto di un’esistenza fatta di rifiuti da parte degli editori, isolamento, fondato sospetto che la vita lo abbia messo definitivamente alle corde. Dall’altro quello di una riflessione sulla temperie culturale e politica europea di quel volgere di secolo, sul modo in cui Nietzsche seppe interpretarla, e sugli strascichi che ne sono arrivati fino a noi.

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