“Quello che vogliamo dirci, quello che sappiamo di doverci dire, è che non abbiamo pensato abbastanza agli altri. Abbiamo avuto la presunzione di supporre che potessimo sopravvivere al mondo da soli, fregandocene di tutto e di tutti, ma non è così. Ogni cosa è collegata e la nostra vita esiste solo come forma di relazione con le vite degli altri”. In questi difficili giorni di quarantena, in cui siamo tutti costretti a restare a casa a causa del Covid-19, la riflessione dello scrittore Matteo Cavezzali

Giorno 3 – 12 marzo 2020

Dalla finestra osservo un cielo azzurro, azzurro come raramente lo avevo visto prima. Entra un’aria fresca, che profuma di vita. Si respira bene oggi. C’è un grande silenzio. Siamo tutti barricati nelle nostre case. Le auto sono ferme, gli aerei non volano sopra di noi, l’atmosfera si è ripulita. Viene da chiedersi se non fosse proprio questo che doveva accadere. Se non avessimo avuto una terribile paura non ci saremmo mai fermati. E invece così siamo immobili e respiriamo.

Nella antica tradizione indiana dello yoga pranayama la respirazione è la cosa che ci mette in contatto con la nostra vita e con il mondo. Il respiro è vita. Quando smetti di respirare smetti di vivere. Gli antichi faraoni quando volevano vendicarsi dei loro predecessori non ne distruggevano completamente le effigi, ma facevano scalpellare via da tutte le statue solo una parte: il naso. Questo perché gli egizi credevano nel ritorno delle anime nei corpi e nei simulacri che li rappresentavano. Senza il naso, senza il respiro, quelle statue non sarebbero mai più potute tornare in vita.

Il modo in cui respiriamo condiziona la nostra esistenza. “Siamo come respiriamo” dicono gli indù, “Chi respira veloce muore rapidamente, come i cavalli, chi respira profondamente vive a lungo, come le tartarughe”. Il nostro respiro dice molto di noi. Quando abbiamo paura il respiro si fa affannato, quando siamo arrabbiati si velocizza, quando siamo innamorati si rarefa. Chi sta per morire cambia respiro, è il primo segno che fa capire agli altri che il suo tempo è giunto. Anche nella bibbia si parla del “soffio” della vita. “Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Genesi 2,7).

Il virus che ci sta spaventando così tanto colpisce i polmoni. Il nostro respiro. Non credo che la natura possa essere letta come un qualcosa dotato di significato. Non penso che “voglia dirci qualcosa”. Ma ciò che accade non può che generare in noi un pensiero. Siamo noi stessi che vogliamo dirci qualcosa, ma non riusciamo ad ascoltarci finché non siamo messi alle strette da quello che accade.

Quello che vogliamo dirci, quello che sappiamo di doverci dire, è che non abbiamo pensato abbastanza agli altri. Abbiamo avuto la presunzione di supporre che potessimo sopravvivere al mondo da soli, fregandocene di tutto e di tutti, ma non è così. Ogni cosa è collegata e la nostra vita esiste solo come forma di relazione con le vite degli altri. Ora siamo costretti a impararlo nuovamente, faticosamente, come dei ragazzini ripetenti che riprovano a dare un esame dopo essere stati bocciati. Siamo chiusi a casa e dobbiamo studiare, per avere un’altra possibilità di essere promossi.

Come nel contrappasso di un girone infernale dantesco per capire che abbiamo bisogno degli altri dobbiamo stargli lontani. Dobbiamo privarci della loro presenza. Stando a casa da soli, camminando a un metro di distanza gli uni dagli altri, per preservarci dal contagio. Ma come in ogni passo dantesco il meccanismo della pena è sottile: i primi quattordici giorni la malattia è asintomatica, non possiamo sapere se gli altri siano pericolosi per noi, o se siamo noi ad essere pericolosi per gli altri. Sappiamo solo che siamo collegati, che se uno sta male anche l’altro si ammalerà. Perché siamo tutti collegati da qualcosa di invisibile.

Spero tanto che non ce lo dimenticheremo mai più.

L’AUTORE – Matteo Cavezzali (nella foto di Davide Baldrati, ndr) è nato e vive a Ravenna. Ha esordito per minimum fax nel 2018 con Icarus – Ascesa e caduta di Raul Gardini (vincitore del Premio Volponi Opera Prima/Premio Stefano Tassinari 2019). Cavezzali, che ha scritto testi per il teatro e che collabora con diversi giornali e riviste, ha fondato e dirige il festival letterario ScrittuRa che si svolge a Ravenna. Il suo ultimo libro, pubblicato da Mondadori, è Nero d’inferno.

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