Conversazione con Jonathan Safran Foer autore di Molto forte incredibilmente vicino ISBN:8882466116

Oskar è un bambino di nove anni, vive a New York e ha perso il padre nell’attentato delle Torri Gemelle. Oskar è anche un ragazzino geniale, che inventa strane cose, e che per non soccombere al dolore della morte del padre si aggrappa alla sua fantasia e alle proprie risorse. Un giorno per caso Oskar trova una busta che contiene una chiave. Sul retro della busta c’è una scritta: Black. Per scoprire chi è Black, Oskar intende bussare alla porta di tutti i Black della città, e anche se non troverà una risposta sarà sicuramente importante fare questo viaggio iniziatico verso la maturità, il dolore, la rievocazione della propia storia famigliare insieme a quella di più ampio respiro delle tragedie della storia. Di Molto forte, incredibilmente vicino, secondo romanzo di Jonathan Safran Foer, abbiamo conversato con l’autore durante una sua recente visita in Italia.

D. Qual è stata la reazione della sua città, New York, al suo romanzo?

R. Alcune persone toccate da questa tragedia sono venuti alle mie letture, e sono stati gli incontri più positivi che abbia avuto. Comunque la reazione a questo disastro è molto soggettiva, ogni newyorkese ha reagito a modo suo.

D. Il precedente era un romanzo molto “ebraico”. In Molto forte, incredibilmente vicino mi pare non si colga traccia di questo.

R. Il mio primo libro era più ebreo di quanto lo fossi io, questo secondo lo è meno. Non sono ancora riuscito a trovare il giusto equilibrio. In realtà due romanzi non bastano per dare una vera rappresentazione di uno scrittore, ce ne vorrebbero almeno sei, le persone cambiano.

D. John Updike ha scritto sul “New Yorker” che lei è un narratore troppo rumoroso, con troppi effetti speciali che ledono la sua vena narrativa. Come l’ha presa?.

R. Quando ho finito di leggere la recensione di Updike non ho provato emozioni negative: mi prendeva sul serio, con rispetto. Lui e io siamo però lontani per età, religione, o più semplicemente sono lontani i nostri gusti da lettori.

D. A lei cosa piace leggere ?

R. I libri rumorosi. Oggi vengono scritti molti romanzi perfetti, ma non vengono scritti più i grandi libri. Escono romanzi ben scritti, ben organizzati, con personaggi ben definiti. Un libro così lo leggi, lo metti nello scaffale e non ci pensi più. A me piacciono i libri che restano aperti. Io vedo una narrativa che va su due filoni: da un lato Roth e Rushdie, dall’altro Updike e McEwan: Roth l’ebreo e Rushdie l’indiano e l’immigrato, Updike e McEwan gli angloamericani. Preferisco i primi. Rushdie, parlando di Underworld di Don Delillo dice”questo è un fiasco meraviglioso”. Samuel Beckett sul successo diceva : “Si tenta, si fallisce, si ritenta e si fallisce meglio” Io amo gli scrittori che tentano di fare il passo più lungo della gamba, che tentano in grande anziché volare basso.

D. È rimbalzato in Italia il gossip sull’eccesso di similitudini tra Molto forte, incredibilmente vicino e il libro di sua moglie Nicole Krauss The history of love, in uscita in autunno in Italia. Soltanto gossip?

R. Solamente alcune recensioni hanno accennato a questo fatto. Certo è più facile montare una diatriba come questa piuttosto che criticare un libro. C’è un detto: a un martello ogni cosa sembra un chiodo. Se fossi sposato con Donna Tartt scriverebbero ugualmente: vedi, si copiano uno con l’altro.

D. Su cosa sta lavorando ora?

R. Se guardo la CNN, ogni giorno spara notizie. Ma uno scrittore è come un telegiornale? Io, se non ho da dire, non scrivo. Scrivere, per me, non è realizzare le mie aspettative nei confronti di me stesso. Mi piace sorprendermi, non mi piace avverare le mie stesse profezie.

16 giugno 2005

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