Dopo il no del Comune di Torino e della Regione Piemonte alla proposta del presidente dell’Associazione Italiana Editori Ricardo Franco Levi di un’alleanza con Tempo di Libri, cresce l’ipotesi “nazionalizzazione” del Salone del Libro. Ma il ministro dei Beni e le Attività Culturali Bonisoli chiarisce:  “Abbiamo avviato un provvedimento di tutela nei confronti dell’archivio e quindi del marchio. Questo non vuol dire che lo stiamo acquistando o nazionalizzando…”

Articolo pubblicato alle 9.40 del 27 settembre e aggiornato alle 12.55 del 27 settembre

Dopo il no, senza se e senza ma, del Comune di Torino e della Regione Piemonte alla proposta del presidente dell’Associazione Italiana Editori Ricardo Franco Levi di un’alleanza con Tempo di Libri (qui i dettagli, e qui l’intervista de ilLibraio.it al direttore del Salone del Libro Nicola Lagioia, schierato con Chiara Appendino e Sergio Chiamparino, ndr) l’edizione torinese di Repubblica anticipa i particolari su un’importante novità: l’ipotesi “nazionalizzazione” del Salone del Libro. Ci sarebbe infatti l’accordo tra la sindaca Appendino (già lasciata sola nel corso della querelle sulle Olimpiadi) e il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli.

Stando al quotidiano, il marchio verrebbe acquisito direttamente dal governo senza passare dall’asta, come sarebbe stato già comunicato al commissario liquidatore Maurizio Gili. Niente interventi da parte Fondazioni bancarie (Crt e Compagnia di San Paolo), dunque, ma un ingresso in campo del governo, “che potrebbe passare addirittura attraverso una procedura di esproprio del marchio per garantire il controllo pubblico sulla kermesse torinese”. Nulla cambierebbe, come scrive Repubblica Torino, in relazione al modello organizzativo e al ruolo del Circolo dei lettori (si aspetta l’individuazione del nuovo presidente, che dovrebbe essere il notaio Giulio Biino) e di Lagioia (che punto a presentarsi alla Fiera di Francoforte con il contratto firmato).

Il quotidiano fa però notare una questione centrale: “resta da decidere se e come i vecchi fornitori, che sono diventati creditori della fondazione in liquidazione, saranno coinvolti nella nuova manifestazione. La nazionalizzazione del marchio, infatti, potrebbe non garantire un introito sufficiente nelle casse del commissario, Maurizio Gili, per soddisfare i fornitori che hanno accumulato negli anni crediti per quasi cinque milioni di euro e aspettano di essere pagati qualcuno sin dal 2015″.  Non è infatti chiaro quanto il ministero pagherebbe per acquisire il marchio, e il buco della Fondazione potrebbe restare milionario.

Al contrario, l’asta per il marchio, prevedibilmente al rialzo, insieme alla vendita degli altri asset della Fondazione, avrebbe potuto far “incassare una cifra di più di 3 milioni di euro”. E in quel modo, finalmente, i creditori avrebbero visto almeno una parte dei soldi.

AGGIORNAMENTO – ARRIVA IL CHIARIMENTO DI BONISOLI

In mattinata arriva però il chiarimento del ministro Bonisoli, secondo cui il ministero per i Beni e le Attività Culturali vuole tutelare il marchio del Salone de Libro, ma non acquistare il marchio: “Abbiamo avviato un provvedimento di tutela nei confronti dell’archivio e quindi del marchio. Questo non vuol dire che lo stiamo acquistando o nazionalizzando. Il ministero può fare l’ultima linea di difesa. Se nessuno lo volesse il ministero se ne potrà occupare”, ha spiegato all’Ansa il ministro. Per Bonisoli il “Salone fa parte del patrimonio culturale del Paese. Un’iniziativa che è andata avanti per decenni, con una grandissima reputazione che è sopravvissuta anche a vicissitudini di natura economica. Abbiamo avviato come ministero un provvedimento di tutela nei confronti dell’archivio che comprende anche il marchio e del patrimonio mobiliare della Fondazione”. “Questo – ha ancora osservato Bonisoli – vuol dire che riconosciamo che esiste un valore culturale dell’archivio. Una volta finito il procedimento tutto sarà una cosa sola e quindi il marchio non potrà essere separato dall’archivio. Economicamente, dalle cifre che ho sentito, non dovrebbe esserci una grande differenza fra marchio e il resto. Abbiamo detto che chiunque lo possegga deve ricordarsi che il Salone ha un valore culturale di cui lo Stato si fa garante. Chiunque acquisti un bene sotto tutela deve darne comunicazione quindi il ministero sarà informato di tutti i passaggi di proprietà. Chi possiede il marchio non è uno dei primari interessi del ministero. Il ministero può fare l’ultima linea di difesa. Se nessuno lo volesse il ministero se ne potrà eventualmente occupare, ma se ci saranno altri soggetti che se ne vogliono occupare saremmo contenti”.

I DIPENDENTI DELLA FONDAZIONE

Tra chi è in attesa di risposte, oltre ai creditori, troviamo ancora i “13 lavoratori rimasti a casa con il passaggio di gestione dalla Fondazione al Circolo”.

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