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Moresco ci spiega perché la fiaba è tutt’altro che un genere chiuso

Antonio Moresco

Sta per uscire presso SEM un anomalo libro di fiabe, che comprende fiabe celebri del passato ma anche narrazioni mie e altre narrazioni che in genere non si associano al genere della fiaba: racconti biblici, testi di poeti e di narratori come Kafka, Rimbaud, Campana. In questo libro la fiaba non viene rinchiusa dentro la prigione di un genere ma viene fatta sconfinare, perché anche la grande letteratura ha a mio parere molto a che vedere con la fiaba e con le sue radicali, verticali, emblematiche e ultimative verità.

Questo libro è nato così: un paio di anni fa mi trovavo a Parigi, alla Sorbona, in una situazione vertiginosa perché stavo assistendo, da vivo e da scrittore molto contrastato in patria, in un Paese straniero e per di più nella sua più prestigiosa Università, a un convegno a me dedicato. Come se non bastasse, alla fine di questo convegno mi è stato chiesto di dire qualcosa. E allora il convitato di pietra si è dovuto alzare dal suo scranno, ha dovuto raggiungere il microfono (camminando in modo irrigidito per l’emozione, come si conviene a un convitato di pietra) e ha dovuto addirittura parlare. Ho detto alcune asimmetriche cose, ma il cuore del mio intervento è stata la lettura – a modo mio – della favola più amata, La bambina dei fiammiferi, che è per me la piccola santa protettrice degli scrittori di visione e degli inarresi. Antonio Riccardi, presente al convegno, con lo sguardo rapace dell’editore, mi ha proposto di entrare nello stesso libero modo in altre fiabe e di farne un libro. Sono rimasto per diversi mesi indeciso, poi mi sono gettato, perché ho un forte e antico amore per l’estremismo della fiaba.

Ho cominciato a rileggere e a raccogliere alcune fiabe, ma non come un compilatore passivo, perché – mi dicevo – se le fiabe, nel corso del tempo, sono state narrazioni stratificate e aperte, allora potevo aggiungere e cambiare anch’io, perché non considero la fiaba un genere storicizzato e chiuso, perché niente è chiuso. Così, con le fiabe, mi sono preso tutte le libertà: le ho invase, le ho attraversate, le ho violate, le ho slogate, le ho rivoltate, le ho sbudellate, le ho combattute, le ho amate. Ho fatto irruzione al loro interno, le ho tagliate e in qualche caso le ho continuate portandole a un culmine che mi sembrava avessero dentro di sé.

Come se ancora non bastasse, si è gettato in questa impresa anche Nicola Samorì, pittore di grande intransigenza e ardimento. Così l’invenzione di questo libro è diventata ancora più  avventurosa, per il continuo ed emozionante scambio che è avvenuto tra noi.

 

Ed è stata un’avventura anche editoriale perché, prima che arrivassero le copie buone e nella sfarzosa veste pensata dall’editore, la tipografia ha sbagliato completamente la prima tiratura e perciò ci sono in giro anche alcune di queste copie sbagliate, come una sorta di “Gronchi rosa”. Così, prima ancora di nascere e di venire ristampato come si deve, questo anomalo libro è già incorso in un’anomalia e ha già una sua anomala e avventurosa storia.

Vorrà dire qualcosa anche questo?

 

IL LIBRO – Lo scrittore Antonio Moresco torna in libreria con una raccolta di fiabe edite da Sem e illustrate da Nicola Samorì, uno degli artisti più apprezzati del panorama italiano. Moresco si confronta a modo suo con la tradizione della fiaba, e si misura con gli autori della tradizione, Perrault, La Fontaine, Andersen, i fratelli Grimm, quel grande raccoglitore e inventore di Basile, e con gli autori ignoti, entra nei loro testi e li forza imprimendovi una nuova identità…

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