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Gentilezza, coraggio e ascolto dell’altro: i consigli di Carofiglio ai politici (e ai cittadini)

Gianrico Carofiglio GettyEditorial 07-09-2020

Gianrico Carofiglio GettyEditorial 07-09-2020

Quante volte i dibattiti politici in tv si trasformano in un conflitto ad armi impari, in cui la voce si alza oltremisura e poco si capisce delle argomentazioni dell’avversario? Quante volte restiamo senza parole davanti all’ennesimo spettacolo pirotecnico di chi dovrebbe rappresentarci?

Nel suo nuovo libro, Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose (Feltrinelli), Gianrico Carofiglio traccia una serie di preziosi suggerimenti, focalizzandosi non tanto sulle scelte, quanto sul metodo, quindi non su cosa dire, ma su come dirlo.

Benché possa sembrare di primo acchito un volumetto rivolto specialmente a chi esercita il potere e fa parte del mondo politico, in realtà si tratta di un utile breviario anche per noi cittadini, per comprendere meglio quello a cui assistiamo, talvolta non prestandovi la giusta attenzione critica.

Carofiglio non crede che in politica il conflitto vada evitato in nome della mitezza, di per sé passiva, ma occorre stare alle regole, far sì che la discussione sia costruttiva e non sfoci in un mero tentativo di sopraffazione. Per far questo, lo strumento cardine è la gentilezza, non intesa come sinonimo di “educazione”, ma come “il più potente strumento per disinnescare le semplificazioni che portano all’autoritarismo e alla violenza” (p. 16). Come? Vivendo il concetto di gentilezza nell’accezione di “flessibilità, duttilità, adattabilità”, ovvero nel percepire l’altro e accettare il confronto, senza sottrarvisi né puntando a distruggere l’avversario, un po’ come avviene nel jujutsu.

Dunque, nell’ambito della discussione politica, bisogna imparare ad ascoltare l’altro, eliminando pregiudizi e sovrastrutture, insomma applicando ciò che viene definito “ascolto attivo” (vera e propria arma contro il narcisismo e l’egolatria), senza fare un fatto personale di ciò che viene detto.

Il politico ideale, nella visione altamente condivisibile di Carofiglio, è colui che non solo non si sottrae alla discussione, ma è anche un buon comunicatore. Il dibattito politico abbonda però di manipolatori, incompetenti inconsapevoli della propria ignoranza, perché manca loro la metacognizione (insomma, chi non ha incertezze e si crede estremamente preparato e competente, generalmente dimostra proprio il contrario). Tali politici sono carenti anche di umorismo e autoironia, due qualità ritenute fondamentali per Carofiglio, perché consentono di sfuggire all’autocelebrazione: ridere è visto “come uno strumento di conoscenza e come virtù morale”, dal momento che

“la risata individua una crepa nella normalità, nell’ordine delle cose e potenzialmente ci mette nella condizione di andare oltre, avventurarci metaforicamente in luoghi insoliti” (p. 87).

Ma quanti sono i politici davvero in grado di essere al tempo stesso buoni comunicatori, autoironici e, soprattutto, in grado di argomentare lealmente le proprie tesi? Nella situazione politica attuale, in cui si è diffusa la sfiducia verso gli esperti – tecnocrati, arroccati sull’uso di una lingua oscura e senza basi ideologiche forti –, il populismo ha portato alla diffusione di una lingua autoritaria, povera e basata sulla ripetizione ossessiva di alcuni concetti e parole-chiave (si pensi all’abuso di “popolo”). I populisti hanno interesse a non liberare i cittadini dalle paure irrazionali, perché questa è una potente leva manipolatoria per ottenere voti.

Invece, se “le esperienze di paura (o di vergogna) vengono accettate, riconosciute […], accrescono la consapevolezza e diventano fattori di progresso e miglioramento” (p. 93). In tal caso, la paura è una buona premessa del coraggio, altra parola-chiave del breviario di Carofiglio, inteso non come temerarietà, ma come la

“reazione attiva ai pericoli individuali e collettivi. Esso è dunque il contrario di indifferenza, di inazione, di passività. È il contrario di rassegnazione. Il coraggio è virtù da cittadini consapevoli e, in un’accezione più ampia, da persone che accettano la responsabilità dell’essere umani” (p. 95).

Dal momento che la nostra informazione politica è costituita da pochi fatti e molte opinioni, è difficile riconoscere quando gentilezza e coraggio vengono manifestati. Molto spesso, infatti, i politici incorrono in fallacie, ovvero errori inconsapevoli o inganni volontari nella costruzione del discorso. Non è semplice accorgersi di quando vengono esercitati tali strumenti, propri della comunicazione manipolatoria. Ecco perché, accanto alla definizione delle principali tipologie di fallacie, l’autore inserisce anche stralci di conversazioni tratti da programmi televisivi, esempi dalla cronaca italiana ed estera. Ad esempio, il presidente Trump, di cui ricorrono citazioni, è un perfetto esempio alla rovescia, ovvero è modello di ciò che non direbbe o argomenterebbe mai un buon comunicatore. Carofiglio non lesina pungenti osservazioni neanche sui politici italiani, da Salvini a Meloni, mettendo in luce come nel dibattito abbiano fatto ricorso a mezzucci comunicativi per sottrarsi o per rispondere a un attacco, spesso alimentando un conflitto fine a sé stesso.

Carofiglio propone quindi un’alternativa al discorso manipolatorio, ed è la discussione ragionevole, in cui ci si sincera che l’interlocutore abbia compreso il significato di quanto asserito; il buon comunicatore adotta un linguaggio chiaro e sa come difendere le proprie tesi attraverso argomentazioni trasparenti, senza mai ricorrere alle fallacie, né chiudersi in un monologo sterile ed egoriferito, ma cercando il confronto con l’altro.

Infine, cosa assai difficile da fare, accetta l’incertezza, si lascia cogliere dal dubbio e non fa proprio un pensiero monolitico e inscalfibile. Quest’arte del dubitare, secondo l’autore, è alla base del pensiero critico e la qualità della vita democratica di un paese dipende proprio dal numero di domande che vengono poste al potere.

Gentilezza, coraggio, discussione ragionevole, rispetto più che tolleranza, ascolto dell’altro, capacità di cambiare idea e di ammettere i propri errori sono alcune delle caratteristiche che potremmo attribuire al politico ideale, ma anche al cittadino consapevole, che accetta la responsabilità di far parte di una comunità.

Al termine del breviario di Gianrico Carofiglio sono tanti i pensieri che vengono alla mente, e resta su tutti il concetto che “la pratica della gentilezza è una scelta, e per esercitarla ci vuole coraggio” (p. 114). Saremo in grado di essere cittadini migliori?

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