Per Enrico Galiano, insegnante e scrittore, sono tante le canzoni famose degli anni ’80 e ’90 che oggi non potrebbero essere incise, perché nei testi contengono versi all’insegna del maschilismo e sessismo. Ecco perché è sempre importante considerare il contesto, la cultura degli anni in cui qui brani si collocano. Si tratta di bell’esercizio da fare anche a scuola: per insegnare che proibire libri, canzoni, artisti, solo perché espressione – magari – di una cultura da cui sentiamo di essere andati oltre, è forse il più grande segno di quanto siamo tornati indietro

Canzoni famose che oggi non si potrebbero scrivere…

Stavo riempiendo la lavastoviglie, dopo cena. Non essendo esattamente l’attività più divertente del mondo, quando riempio la lavastoviglie dopo cena, sparo sempre nell’atmosfera canzoni motivational che mi spronino a mi sostengano. L’altra sera l’algoritmo di Spotify ha deciso di accompagnarmi in un nostalgico viaggio nella musica italiana anni ‘80 e ‘90.

Che splendore! Non ti ricordi mai di quanti capolavori è stata capace l’italiana canzone fino a che non sprofondi coi piedi dentro le corse affannate sulla spiaggia con Baglioni, con le dita a contare i giorni che Zarrillo l’ha persa, con il cuore a cercare la tua destinazione paradiso con Grignani. Per tacer poi di Umberto Tozzi, il primo Raf, i Matia Bazar e tutti gli altri.

E poi a un certo punto ho iniziato ad ascoltare quelle stesse canzoni con un altro orecchio, e mi sono chiesto: ma oggi potrebbero essere incise? Non per la bellezza, eh, quella chi la discute. Per il testo, proprio.

E la risposta, con molte di esse, è stata inequivocabile: no, se fossero incise oggi, quei cantanti verrebbero linciati sulla pubblica piazza dell’internet.

Perché? Mi basta una parola per dirlo: sessismo di quello più stantio e becero, quando non addirittura apologia alla violenza contro le donne.

Non ci credete, vero?

E la cosa veramente assurda è che questi esempi che sto qui per agevolarvi sono tutti di autori in realtà noti o per la loro sensibilità proprio su questi temi, o addirittura per essere sempre stati progressisti militanti.

Vado? Vado.

#1 Gianni Morandi, Banane e lampone

Oh, so che sembra assurdo, ma se ascoltate fino alla fine questo pezzo divertente e orecchiabile, momento immancabile di ogni karaoke che si rispetti, si sente chiaramente il buon Gianni che picchia la propria donna, “rea” di essere rincasata troppo tardi e di aver fomentato così le sue folli gelosie, tutte peraltro immaginarie.

E ragazzi, parliamo del Giannone nazionale, l’uomo universalmente noto per la propria mansuetudine!

#2 Claudio Bisio, Rapput

Ok, qui si gioca facile: è una canzone programmaticamente irriverente, e ok. Di nuovo il tema è la gelosia verso una fidanzata che annuncia di voler partire per le vacanze con le amiche, ma da sola, generando un – eufemismo – forte disappunto nel cantante e comico, che all’epoca era agli albori della carriera. Il punto è che, ancora nel finale, la canzone recita testualmente:

Se ti lascio in faccia i segni del saldatore
so che capirai, io non ti serberò
rancore

Capite bene che, per quanto Bisio sia sinonimo di satira salace e comicità poco avvezza al politically correct, questa roba qui oggi sarebbe considerata inaccettabile, vergognosa, orribile. Eppure è una canzone del 1991, solo trent’anni fa!

#3 Roberto Vecchioni, Voglio una donna

Chi lo sa se quando il Professore ha scritto questo testo, trionfante al Festivalbar 1992, lo ha fatto usando l’ironia oppure manifestando un vero e proprio pensiero personale, e siamo certi che oggi in ogni caso le sue posizioni sarebbero molto distanti: però accidenti, che botta riascoltare queste parole con la consapevolezza di oggi!

“Che la piantasse un po’ di andarsene in giro”,
“La voglio come Biancaneve coi sette nani”,
“Prendila te quella col cervello, che s’innamori di te quella che fa carriera, quella col pisello e la bandiera nera, la cantatrice calva e la barricadera, che non c’è mai la sera”,
“Voglio una donna, mi basta che non legga Freud, dammi una donna così che l’assicuro ai Lloyd”

Insomma, la donna ideale tracciata da questo ritratto non deve lavorare, non deve avere una cultura, e se solo osa fare una di queste cose è come se avesse “un pisello”.

#4 Antonello Venditti, Notte prima degli esami

Da generazioni, la canzone più ascoltata da tutti gli studenti fra giugno e luglio, insospettabilmente nei suoi primi versi ha queste parole qui:

Ma come fanno le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati

Ma ci pensate cosa gli verrebbe detto, oggi, al buon Antonello, se insinuasse neanche troppo sottilmente che l’obiettivo delle “segretarie con gli occhiali” è farsi sposare dagli avvocati?

#5 Raf, Ti pretendo

Con le orecchie dell’oggi, certi versi sono semplicemente irricevibili:

Io non ti voglio, ti pretendo
è inutile che dici di no
sei l’unico diritto che ho

Praticamente tutto il campionario ufficiale degli uomini abusanti, con la ciliegina sulla torta di quell’“in nome dell’amore se c’è”, che è il suggello di tutti gli atti di violenza contro le donne, secondo chi li perpetra: l’ho fatto per troppo amore!

Ora.

Questi esempi possono essere letti in due modi.

  1. In modo stupido
  2. In modo intelligente

Il primo modo prevede che si faccia finta di non considerare il contesto: gli anni, la cultura, tutto ciò che insomma sta “intorno al testo”. E allora si giudicheranno queste parole con il metro di oggi, emettendo implacabili sentenze di maschilismo e sessismo: riascoltandoli banneremmo i loro autori, li derubricheremmo a cantanti indegni di ammirazione, li considereremmo improvvisamente volgari voci del patriarcato imperante.

Il secondo modo, invece, ci permette di ragionare su come dire, scrivere o addirittura cantare queste cose negli anni ‘80 e ‘90 era considerato perfettamente normale, e quindi riflettere non sui singoli cantanti e le loro idee, ma su noi stessi e su quanto siamo cambiati: quanti passi avanti – o indietro, a seconda delle opinioni – abbiamo fatto.

Credo sia un bell’esercizio da fare anche a scuola: per insegnare che proibire libri, canzoni, opere d’arte o qualunque altra manifestazione del genio umano, solo perché espressione – magari – di una cultura da cui sentiamo di essere andati oltre, è forse il più grande segno di quanto siamo tornati indietro.

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi (tutti pubblicati da Garzanti) Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoi e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Il suo nuovo romanzo, in uscita a giugno 2021, è Felici contro il mondo (Garzanti), seguito del bestseller Eppure cadiamo felici. 

Con Salani ora Galiano pubblica la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole, un inno d’amore alle parole e alla lingua.

Alla pagina dell’autore tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

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