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Breve guida agli accenti: quali usare (e come)

guida all'uso degli accenti

Nello scrivere un testo, capita che ci vengano in mente dubbi sulla grafia di alcune parole, a cui non abbiamo bisogno di far caso nel parlato. Spesso fonte di questi dubbi sono gli accenti: se la pronuncia di una parola può venirci naturale, non è detto che lo stesso valga per il modo di scriverla.

Per chi, almeno una volta nella vita, si è chiesto “ma qui, l’accento, ci va o no?” abbiamo stilato una breve guida (che, ovviamente, non pretende di essere esaustiva) sull’uso degli accenti, che speriamo vi possa aiutare a evitare le incertezze più comuni.

Accento acuto e accento grave

Nella lingua italiana odierna esistono due tipi di accenti: quello acuto (é) e quello grave (è). L’accento acuto indica la pronuncia chiusa di una vocale, mentre quello grave la pronuncia aperta. Per capire cosa si intende per pronuncia grave o aperta, basta pensare per esempio a come pronunciamo la e di caffè (pronuncia aperta) e quella di finché (pronuncia chiusa).

Nella maggior parte dei casi l’accento va esplicitato in modo grafico solo a fine di parola, mentre nei testi come dizionari e grammatiche, che necessitano di rendere chiara la pronuncia, è segnalato anche sulle altre sillabe. È consigliato, ma non obbligatorio, usare l’accento grafico anche sulle altre sillabe quando è necessario distinguere la parola da una che si scrive allo stesso modo, ma che ha pronuncia e significato diversi (i cosiddetti omografi, come àncora e ancòra, pèsca e pésca).

In alcuni casi è ancora possibile trovare l’accento circonflesso (ˆ) per indicare la contrazione di una parola (per esempio principî come contrazione di principii): è un uso però piuttosto raro e non obbligatorio.

Accenti e parole

Possiamo classificare le parole della lingua italiana in base al modo in cui sono accentate, ovvero in base alla posizione della sillaba a cui viene data più enfasi nella pronuncia. Come abbiamo visto, le uniche parole per cui l’accento è obbligatorio anche nella forma scritta sono le parole tronche:

Quando mettere l’accento

Fughiamo subito alcuni tra i dubbi più comuni: le principali categorie di parole in cui bisogna ricordarsi di mettere l’accento sono alcune forme verbali alla terza persona singolare del passato remoto (partì, trovò), i monosillabi con due vocali (già, può; con l’eccezione di qui e qua), i primi cinque giorni della settimana.

I monosillabi con una sola vocale, invece, non richiedono l’accento, a meno che non vadano distinti da omografi, per esempio:

Accento grave o acuto?

Ora che abbiamo capito quando mettere gli accenti, vediamo invece qualche consiglio per non sbagliare il tipo di accento da utilizzare:

Parole che vogliono l’accento acuto

Parole che vogliono l’accento grave

Quando l’accento non va messo

Ci sono alcune parole che, per la loro pronuncia, potrebbero ingannarci e farci credere che vada messo l’accento.

L’accento in digitale

Molti di noi, trovandosi a scrivere un testo tramite un apparecchio digitale, potrebbero essersi trovati di fronte al dilemma di come scrivere le lettere maiuscole accentate, perché se anche l’uso dell’apostrofo al posto dell’accento è molto diffuso, rappresenta ancora un errore. Ci sono diverse modalità da utilizzare tra cui scegliere, tra trucchi e scorciatoie, che potrebbero esservi più o meno utili in base alla vostra modalità di scrittura:

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