Dopo il successo di Indivisibili, Edoardo De Angelis torna al cinema con Il vizio della speranza, un film ambientato nella “Gotham City del Sud”, Castel Volturno, un luogo dimenticato e infestato da orrore ordinario, dove all’improvviso nasce, proprio come un fiore, la speranza.
Maria (Pina Turco) ha un cane e una vita dannata. Ripescata in mare come un rifiuto, è cresciuta marcata da un abuso sessuale che le ha scalfito il volto e privato il ventre della capacità di generare. Figlia di una madre alienata e braccio destro di una signora ingioiellata e tossicomane, Maria traghetta povere anime sul Volturno, prostitute nigeriane che affittano l’utero per sopravvivere e ingrassare la loro miserabile padrona.
Un giorno la fuga di Fatima, che vuole tenere per sé il suo bambino, e la scoperta di una gravidanza inattesa, scuotono Maria dal profondo. Incinta e in fuga, dopo aver ritrovato e liberato Fatima, Maria prende coscienza di un bivio e decide di scegliere la vita.
In contemporanea con il film esce anche il libro omonimo scritto dal regista e pubblicato dalla Mondadori. Edoardo De Angelis, utilizzando la scrittura come una cinepresa, dà vita a una narrazione tra romanzo e reportage: un libro che è l’atlante dei luoghi e delle vite che hanno nutrito il suo film, ma anche il racconto della propria formazione di regista attraverso il personaggio della nonna Mena.
Nascere a Castel Volturno, su questo pezzo di litorale campano a metà strada tra Gaeta e Napoli, è diverso che nascere in qualsiasi altro luogo d’Italia. Un territorio che conta venticinquemila abitanti regolari, più venticinquemila clandestini, tra aborti, superstizione cattolica, crimine organizzato bianco e nero, riti voodoo.
Un repertorio di storie che rende metafisico un luogo reale, una scrittura in diretta e in soggettiva che scava nella melma alla ricerca della bellezza.