“La storia di un bambino intorno ai 14 anni che veniva dal Mali. Un bambino che era sopra il peschereccio colato a picco il 18 aprile 2015, nel più grande naufragio del dopoguerra nel Mediterraneo. Un bambino addosso cui il medico legale ha trovato una pagella, cucita sulla giacca. Una pagella con il massimo dei voti in tutte le materie…”. Enrico Galiano, insegnante e scrittore, spiega perché, in vista del Giorno della Memoria, ha deciso di parlare di questa vicenda con i suoi studenti

Fra pochi giorni è la Giornata della Memoria.

Sono anni, ormai, che durante quella mattinata si va avanti con le Schindler’s List e i Bambino con il pigiama a righe, con La vita è bella e con tutti film e i testi più importanti sulla ShoahTutto molto giusto, utile, importante.

Quest’anno, però, farò qualcosa di diverso. Anche se il 27 gennaio casca di domenica, durante quei giorni non parlerò della Shoah. Non solo, almeno.

Perché la storia è importante, certo, ma il presente molto di più. E se aver ripercorso in classe ogni anno le tragedie del secolo scorso non sembra aver evitato che quelle tragedie si riaffacciassero, forse è il caso di parlar anche di quel che sta accadendo adesso, ora, qui.

Qui nel nostro oggi, ombre di cose che poiché le avevamo lette, viste e studiate pensavamo non si sarebbero più ripresentate, accadono di nuovo. Sotto i nostri occhi, davanti alla nostra impassibilità, semplicemente accadono.

Certo, pensare che non ci siano differenze tra l’oggi e il periodo buio dell’Olocausto è da miopi. Ma non vedere le analogie è da ciechi.

Così racconterò ai ragazzi una storia. Non una di ebrei e campi di sterminio.

La storia di un bambino intorno ai 14 anni che veniva dal Mali. Un bambino che era sopra il peschereccio colato a picco il 18 aprile 2015, nel più grande naufragio del dopoguerra nel Mediterraneo, in cui sono morte 1100 persone. Un bambino addosso cui il medico legale Cristina Cattaneo ha trovato una pagella, cucita sulla giacca. Una pagella con il massimo dei voti in tutte le materie.

Chiederò ai ragazzi perché, secondo loro, un bambino dovrebbe portarsi addosso una pagella, come unico documento. Chiederò loro cosa voleva dirci, secondo loro, con quel foglio cucito sulla giacca. Che cosa ci sta dicendo ancora. E, soprattutto, che cosa non stiamo sentendo, di quel che ci sta dicendo.

Perché per molti adulti ho sinceramente perso le speranze. Quando vedo che difendono l’indifendibile, quando sui social vado a sbattere con la schiuma di un odio così ingiustificato, mi chiedo se tutto quell’odio almeno ha idea dell’odore della schiuma vera, del mare vero, dove continuano a morire veramente le persone.

Ma i ragazzi no. In loro io ci credo ancora. Non so cosa mi diranno quando sentiranno quella storia. Ma so, ne sono certo, che qualcosa nel loro cuore si sposterà. Qualcosa accadrà. Proprio perché il passato non deve più accadere.

L’AUTORE – Enrico Galiano, insegnante e scrittore molto seguito sui social, da docente ha un motto: «Non ti ascoltano, se tu per primo non li ascolti».

Eppure cadiamo felici (Garzanti), il suo romanzo d’esordio, racconta la storia di una ragazza di nome Gioia che colleziona parole intraducibili e si innamora di Lo che, nascosto dal cappuccio della felpa, gioca da solo a freccette in un bar chiuso. Quando i due giovani si innamorano, Lo sparisce nel nulla e starà a Gioia scoprire cosa è successo…

Il suo secondo romanzo, Tutta la vita che vuoi, vede protagonisti tre adolescenti, che parlano di loro stessi, delle loro paure, delle loro speranze e imparano che per sentirsi vivi c’è solo una cosa da fare: mettersi in gioco, rischiare qualcosa di vero.

Qui tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

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