Yu Hua (Cina), Andreï Makine (Russia), Michele Mari, Viet Thanh Nguyen (Vietnam) e Madeleine Thien (Canada) sono i cinque finalisti del Premio Bottari Lattes Grinzane per la sezione Il Germoglio. In vista dell’appuntamento finale, in programma il 20 ottobre, Laura Pariani, scrittrice e membro della giuria tecnica, racconta su ilLibraio.it le opere in cinquina

Yu Hua (Cina) con Il settimo giorno (Feltrinelli; traduzione di Silvia Pozzi), Andreï Makine (Russia) con L’arcipelago della nuova vita (La nave di Teseo; traduzione di Vincenzo Vega), Michele Mari con Leggenda privata (Einaudi), Viet Thanh Nguyen (Vietnam) con I rifugiati (Neri Pozza; traduzione di Luca Briasco) e Madeleine Thien (Canada) con Non dite che non abbiamo niente (66thand2nd; traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tagliavini) sono i cinque finalisti del Premio Bottari Lattes Grinzane VIII edizione per la sezione Il Germoglio, il riconoscimento internazionale che fa concorrere insieme autori italiani e stranieri ed è dedicato ai migliori libri di narrativa pubblicati nell’ultimo anno. I romanzi finalisti del Premio, organizzato dalla Fondazione Bottari Lattes, sono ora letti e discussi dai 400 studenti delle 25 Giurie Scolastiche. Sabato 20 ottobre, presso il Castello di Grinzane Cavour, gli studenti esprimeranno in diretta il loro voto per proclamare il vincitore nel corso della cerimonia di premiazione in cui saranno presenti tutti i finalisti. Nell’attesa, ilLibraio.it propone l’intervento della scrittrice Laura Pariani, membro della giuria tecnica, del Premio Bottari Lattes Grinzane, che compie un viaggio d’autore tra i testi in cinquina.

di Laura Pariani

I cinque libri della sezione “Il Germoglio” del Premio Bottari Lattes Grinzane 2018  stanno a smentire che la narrativa di oggi sia un’appendice dell’informazione giornalistica. Nessun instant book, ma un’immersione in quel gran mistero – quasi un oscuro mare di ombre e leggende – che è la vita. E siccome ogni libro è per l’autore un precipitato di esperienze che lo precedono e di un luogo che lo costituisce, a reggere le trame è la memoria, pescatrice capricciosa che nelle sue reti raccoglie assenze e perdite. L’atto del raccontare trasforma poi questo “tempo ritrovato” in un’esperienza che noi lettori possiamo condividere con gli scrittori, per riconoscere nel mistero valori come amore, verità e bellezza.

Yu Hua, Il settimo giorno

Che i morti dormano, si dice, ma non è vero. Ha gli occhi ben aperti il protagonista del romanzo di Yu Hua, Il settimo giorno: il fantasma di Yang Fei, morto nell’esplosione della cucina di un piccolo ristorante, è infatti costretto a vagare per un’intera settimana per le vie di una città che gli svela misteri abitualmente nascosti agli occhi dei vivi. Nell’Aldilà Yang Fei scopre tragedie di cui non si era mai avveduto e si commuove con il sospiro di un osservatore che può semplicemente accettare il ricordo di ciò che non è più e che sarebbe potuto essere altrimenti. È un viaggio nella memoria in cui il protagonista – che da vivo contava come un “seme di sesamo” – incontra altri fantasmi che un tempo hanno condiviso la sua vita, oppure sconosciuti che gli confidano le proprie storie: in questo loro generoso raccontare, dei legami apparentemente marginali o sporadici ridisegnano i contorni dell’esistenza di Yang Fei, perché nel mondo dei morti «siamo tutti parenti». E in contrasto con un Aldiquà dove i vivi hanno dimenticato valori come l’amore, il rispetto reciproco e l’onestà, saranno proprio i fantasmi di due suicide – la dolcissima moglie Li Qing o l’innamorata Topina – a innalzare con la loro tenerezza un grande inno alla vita.

Andreï Makine ne L'arcipelago della nuova vita

Andreï Makine ne L’arcipelago della nuova vita riscrive Conrad a cent’anni di distanza. Il cuore della tenebra è la taiga siberiana, dove l’ago della bussola impazzisce: il mistero è qui incarnato da  un fuggitivo, scappato da un campo di prigionia e inseguito da cinque soldati che uno dopo l’altro vengono messi fuori gioco. Anni dopo, l’ultimo di loro, Pavel Gartsev, racconta a un ragazzo cosa accadde veramente, allo stesso modo in cui Marlow narrava la propria vicenda umana all’equipaggio della Nellie. Il romanzo è dunque la storia della trasmissione di una memoria e di una seduzione attraverso il raccontare. In mezzo all’insensatezza di un mondo in cui imperversa la la guerra – dal clima di violenza e delazione nei gulag stalinisti alla paura degli esperimenti nucleari segreti –  Pavel rifiuta di guadagnarsi «un ruolo nella farsa di un mondo in cui da sempre gli uomini vivono odiandosi» e diventa disertore rispondendo alla chiamata dell’amore per la tungusa Elkan. Un amore fuori da ogni convenzione, in completa povertà («Non avrei mai creduto che l’uomo avesse bisogno di così poco») sulla sperduta isoletta di Beličij, a cauterizzare nel gelo le ferite che lo stalinismo gli ha inflitto nel corpo e nell’anima.

Leggenda privata di Michele Mari

Anche Leggenda privata di Michele Mari è percorsa da un vivo senso del mistero. Incubi e mostri, forse usciti dalle pagine di Lovecraft o dalle copertine di Urania, tendono agguati al protagonista fin da quand’era bambino: in tal modo dalla quotidianità rassicurante della pasta al forno cucinata dalla nonna si passa ai fremiti adolescenziali del Mottarello, per scivolare fino ai  corridoi senza fine di Shining o nei viscidi sotterranei dove si nascondono Quello che Biascica e Quello che Gorgoglia. Nella lotta tra il silenzio imposto e i conti con la memoria, interrogando oggetti e luoghi – ché non c’è nulla di più ignoto di ciò che ci è vicino – nasce la tormentata ricerca della propria voce e di uno sguardo autonomo sul mondo. Da qui all’impetuoso piacere del raccontare il passo è breve. Ché la scrittura ha la capacità di dare un ordine e un senso possibile al ricordo delle esperienze passate più umilianti e traumatiche, tutto salvando nella luce, come dice il titolo, della leggenda; e nel contempo la narrazione offre ordine e senso pure a chi, leggendo, riconosce nella storia dell’autore qualcosa di sé. E anche qui, alla fine della lettura, è una figura femminile – la madre – a grandeggiare nella nostra mente.

Viet Thanh Nguyen

Nei racconti  di Viet Thanh Nguyen, raccolti sotto il titolo I rifugiati, i protagonisti sono stati segnati dagli orrori del conflitto vietnamita. «Tutte le guerre vengano combattute due volte: la prima sul campo di battaglia e la seconda nella memoria» dice uno dei personaggi. Misteriosi fantasmi del passato riaffiorano di continuo, tanto più che in un paese come gli USA, dove i beni di proprietà sono l’unica cosa che conta, i rifugiati scoprono di non avere niente che appartenga loro realmente, «a parte le storie». Il raccontare dunque è l’unica maniera di sopravvivere degnamente: “Le storie sono cose che fabbrichiamo: nient’altro. Le cerchiamo in un mondo che non è il nostro e poi le lasciamo qui perché qualcuno le trovi, come altrettanti indumenti abbandonati dai fantasmi”. La “madrelingua” e la “madrememoria” si incarnano in tante figure: come nella bambina violentata dai pirati, lo sguardo volto verso il cielo a contemplare la punta della sigaretta di Dio che brucia lentamente tra le nuvole prima che qualcuno la schiacci sulla sua pelle; o come in Claire, statunitense ma “vietnamita nell’anima”, che contrappone al cinismo del padre il coraggio che serve a prendersi cura degli altri.

Non dite che non abbiamo niente

In Non dite che non abbiamo niente di Madeleine Thien, la piccola Marie che vive in Canada inizia a penetrare nel mistero della morte di suo padre, l’enigmatico pianista Jiang Kai, suicida a Hong Kong. È per lei la scoperta di settant’anni di storia cinese: dai tempi delle Guardie Rosse con i campi di lavoro e rieducazione, fino al massacro di piazza Tienanmen. Nel contempo, questo percorso di memoria è una riflessione sul ruolo dell’arte dentro la rivoluzione, perché la grande musica occidentaleBach, Beethoven, Prokofiev, Ciaikovskij – fa da colonna sonora alla vicenda narrata. Ma c’è anche un libro misterioso che passa di mano in mano, la Storia dei Ricordi, mai finito e continuamente rimaneggiato: nei suoi capitoli il raccontare diventa un messaggio in bottiglia che traversa l’oceano arrivando fino a Vancouver. E tale messaggio proclama che vale la pena esercitare e condividere le facoltà della memoria e dell’immaginazione. Grandi i personaggi femminili, come la figura possente di Madre Coltello che inizia il figlio Passero alla musica; la sorella Trottola vagabonda per amore nel deserto del Gansu e l’indimenticabile Zhuli, violinista prodigiosa: tre donne che testimoniano che la bellezza è quello che non finisce mai.

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