Piccole regole d’oro da rispolverare quando si ha la sensazione di aver perso l’orientamento nel nuovo romanzo di Raphaëlle Giordano, “Oggi è il giorno giusto per dare una svolta alla tua vita” – Su ilLibraio.it un estratto

Raphaëlle Giordano torna in libreria con un nuovo romanzo sul tema che le è più caro: l’arte di trasformare la propria vita per trovare la strada del benessere e della felicità.

Dopo La tua seconda vita comincia quando capisci di averne una sola e La felicità arriva quando scegli di cambiare vita, entrambi pubblicati con successo da Garzanti, la Giordano ha scritto Oggi è il giorno giusto per dare una svolta alla tua vita, tradotto da S. Arena.

Per la protagonista, Meredith, tutto comincia quando si rende conto che è arrivato il momento di cambiare rotta alla propria vita. Di fronte al desiderio del compagno Antoine di dare una svolta al loro rapporto, non è più sicura della direzione da prendere e ha bisogno di fare chiarezza, ma non sa da dove cominciare. Finché la sua migliore amica Rose le regala un taccuino su cui annotare pensieri e riflessioni e le propone di portarlo con sé in un viaggio intorno al mondo. Sei mesi per ritrovare sé stessa e capire se sia possibile prepararsi al grande amore.

Nonostante all’inizio non credesse nella genuinità della proposta, alla fine Meredith si convince a partire. Da Parigi a Londra e New York, riempie il suo taccuino di annotazioni che la aiutano a esprimere la propria inclinazione all’amore. E impara che bastano pochi semplici accorgimenti per vivere e amare pienamente: fare pace con sé stessi e mettere da parte i ricordi dolorosi, ascoltarsi e riconoscere il valore dei propri successi e non dare retta ai dubbi né alla voce della gelosia. Piccole regole d’oro da rispolverare quando si ha la sensazione di aver perso l’orientamento.

Per gentile concessione dell’editore ilLibraio.it pubblica un estratto del libro

La gentilezza di Jean-Claude, il mio Guardiano delle Speranze, mi ha rimessa in sesto. Lascio Parc des Buttes- Chaumont ripromettendomi di smettere di autocommiserarmi e soprattutto di tornare a concentrarmi sul nocciolo della mia missione, che ormai per me è diventata la «missione Cupido». L’obiettivo è rispondere a una domanda fondamentale: è possibile prepararsi per riuscire a vivere appieno il grande amore? Come garantirgli tutte le condizioni necessarie per sopravvivere nel tempo? Di primo acchito può sembrare una strana missione, ma sono sicura che è potenzialmente in grado di cambiare la mia vita. Soprattutto quella che progetto con Antoine. Sarò capace di impedire che la nostra bella storia vada incontro al triste finale cui sono destinate quelle di tante coppie dei giorni nostri, quasi rassegnate in partenza a ingrossare prima o poi le statistiche? Circa il quarantacinque per cento dei matrimoni si conclude con un divorzio; per non parlare di tutte le altre piccole forme di morte coniugale, come le famiglie che resistono ma in cui, nella realtà quotidiana, le cose non vanno affatto bene… No! Non volevo niente di tutto questo per Antoine e per me. Non noi!

Le parole della mia adorata nonna mi tornano alla memoria: “Siamo felici nella misura in cui lo vogliamo”. La mia Natina. Le avevo dato questo soprannome quando ero ancora un soldo di cacio, un giorno in cui mi aveva servito un cocktail alla granatina facendomi sentire davvero importante.

Ma oggi ho l’impressione che anche questo insegnamento, per quanto prezioso, non basti. Si può agire ad altri livelli. E se con un po’ di lavoro e di sforzo fosse possibile migliorare davvero la propria amorability?

La parola mi è balenata alla mente come qualcosa di scontato. Mentre risalgo a grandi passi rue de Crimée in direzione del mio bar ristorante preferito – Le Pavillon des Canaux – mi sento galvanizzata dal concetto che ho appena enunciato: l’amorability, la capacità di amare. I passanti devono prendermi per matta: ho un sorriso da ebete, e a Parigi è una cosa molto sospetta sorridere senza un motivo mentre si cammina per strada. Non mi importa. Continuo a pensare alla capacità di essere felici che tutti possediamo ma che a volte facciamo fatica a sfruttare. In termini matematici, potrebbe essere formulata così:

Capacità di approfittare  delle cose belle

÷

Capacità di sopportare i rischi e le frustrazioni dell’esistenza della stessa esistenza

È ridicolo che questa trovata venga da me, che sono sempre stata negata per la matematica! Perché dovremmo prendercela con noi stessi se a volte ci sentiamo disarmati, goffi, di fronte alla nostra deficitaria capacità di amare? In fondo chi ci ha insegnato a farlo? Immagino l’amorability come un pezzo di plastilina che si può modellare, scolpire. Nulla è definitivo. La pasta è malleabile, basta procurarsi gli utensili indispensabili. Bisogna che io rifletta bene su tutto questo…

(continua in libreria…)

nota: la foto dell’autrice è di Didier Biset

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