È proprio nell’universo dell’orrore che il racconto delle paure umane, fisiche e spirituali, si è, da sempre, maggiormente espresso. Lo conferma il percorso di lettura de ilLibraio.it, in cui trovano spazio diversi classici della letteratura gotica e tanti romanzi (e saggi) contemporenei. E chissà che la lettura del gotico non possa costituire, oltre che un utile riempitivo per la vastità del quotidiano, altresì un insperato vaccino per immunizzarci da così tanto orrore, nelle settimane della quarantena forzata…

Mutante per sua stessa natura, e spaventoso parassita, è forse quello del covid-19 il racconto di un mostro di nuova generazione, venuto a riscrivere, senza preavviso, il paradigma sociale della globalizzazione. In tal senso, e sotto un profilo semplicemente comparativo, se le pubblicazioni del contagio universale ci hanno spesso abituati a un’osservazione ex-post della catastrofe epidemiologica – si veda il resoconto, probabilmente non diretto, della piaga londinese del 1665 ne Il Diario dell’anno della Peste di Daniel Defoe – l’attuale andamento di un virus in costante aggiornamento, attraverso decreti ministeriali, bollettini medici e reportage in diretta, sembra aver calato la quotidianità tutta entro la stesura di una sceneggiatura terrifica, ma talmente vera da apparire surreale.

Orgoglio Pregiudizio e Zombie

Così, mentre la natura si riappropria degli spazi cittadini, in un cataclismatico capovolgimento alla Orgoglio Pregiudizio e Zombie (l’insolito crossover di S. G. Smith che, per Nord, ripercorre il capolavoro della Austen, declinandolo in chiave slasher) e la popolazione intera si trova a sfogliare le premesse, inedite, di una storia in riscrittura (come nel solido Dracul di D. Stoker e J. D. Barker, che, nell’anticipare l’incontro del piccolo Bram con una sanguinaria entità, assegna un immaginario prequel alle vicende pubblicate nel 1897) le preoccupazioni comuni, circa i possibili epiloghi di narrazione, si fanno sempre più distopiche e antirazionali.

dracul

D’altronde, e letterariamente parlando, è proprio nell’universo dell’orrore che il racconto delle paure umane, fisiche e spirituali, si è, da sempre, maggiormente espresso: inizialmente legato alle traiettorie della mitologia e della tradizione religiosa (innumerevoli gli esempi di ambito greco-romano, dalle ombre nell’Ade dell’Odissea di Omero alla prima testimonianza di casa infestata, ad opera di Plinio Il Giovane), quindi divenuto trend autonomo con la pubblicazione de Il Castello di Otranto di H. Walpole (1764), il gotico ha saputo travalicare le criticità di sorta, affermandosi dapprima nelle classiche produzioni d’atmosfera – fra le principali Il Racconto di Arthur Gordon Pym di E. A. Poe e, con influenza romance, L’abbazia di Northanger di Jane Austen – per poi agevolmente accedere non solo alle più recenti definizioni dell’horror – quelle del drama di Intervista col vampiro di Anne Rice (trad. M. Bignardi, Longanesi) o del dark-fantasy di L. K. Hamilton, autrice, per Nord delle saghe urbane della cacciatrice Anita Blake e della fata investigatrice Meredith Gentry – ma anche alle reinterpretazioni più terminali di subcultura goth (come le sonorità darkwave del progetto musicale Sopor Aeternus & The Ensemble of Shadows, o le leggende metropolitane della nuova serie 50 States of Fright  per il servizio streaming su smartphone Quibi ma, soprattutto, l’imperdibile splatter cannibale di Cadavere squisito di Poppy Z. Brite, di recente pubblicazione per Indipendent Legions Publishing).

INTERVISTA COL VAMPIRO

Né, diversamente, avrebbe potuto essere: se, come sostiene H. P. Lovecraft in incipit al suo racconto La Trappola, “il sentimento più antico e più radicato nel genere umano è la paura, e la paura più antica è quella dell’Ignoto”, è destino stesso della genesi horror (il gotico, appunto) non solo quella di offrire modalità di esposizione adrenaliniche e coinvolgenti ma anche, e ancor più, quella di ideare strutture narrative di preparazione contro il pericolo dell’inatteso. Già, perché nell’anticipare le trame di rischio (o nel sottoporci a prolungati stimoli tensivi) il gotico, e le sue evoluzioni, provvedono altresì a suggerire quelle strategie di reazione – dette di hyperarousal o meccanismi di lotta o fuga – da utilizzare, una volta recepite in via inconscia, al verificarsi del potenziale di emergenza (quasi a voler dire, estremizzando il concetto, che la visione di 28 giorni dopo di D. Boyle, potrebbe costituire un valido spunto per non farsi trovare impreparati all’uscita dal periodo di lockdown).

La trilogia della Biblioteca dei Morti

Ma, nell’apparente inverosimiglianza dei temi, quali sono gli effettivi piani di aderenza fra orrore e reale? A prescindere dal brivido della compartecipazione emotiva – la pelle d’oca – con il soggetto eroe (impegnato in una missione che non fa sconti, come Robert Neville in Io sono leggenda di R. Matheson o anche Undici nel seriale Stranger Things di Netflix), e senza trascurare le fondamentali implicazioni di carattere psicologico (al proposito “Tutte le nostre paure” citando Stephen King in A volte ritornano “assommano a una sola, grande paura (…) Abbiamo paura del cadavere sotto il lenzuolo. È il nostro cadavere. E il grande significato della narrativa dell’orrore, in tutte le epoche, è che essa serve da prova generale per la nostra morte”) è di certo nell’ammodernamento delle ambientazioni (un tempo le fortezze diroccate de I Misteri di Udolpho  della Radcliffe e i decadenti monasteri de Il Monaco di M. G. Lewis, oggi la chiavetta usb della Biblioteca dei Morti  nella trilogia di Glenn Cooper (Tea) o il consumismo infestato da zombie ne la Trilogia del Drive-in di J. R. Lansdale) ma, soprattutto, nella trasversalità degli antagonisti, che risiede l’innegabile adattabilità stilistica: svincolati, infatti, dai tradizionali spazi narrativi, i più famosi archetipi gotici ben possono incarnare i maggiori pericoli del contemporaneo, estendendo così le dinamiche del genere oltre gli inevitabili appiattimenti del tempo.

Il ritratto di Dorian Gray

A cominciare dal più duro zoccolo di progenie, il maligno: dove ne Il ritratto di Dorian Grey di Oscar Wilde l’intervento luciferino alludeva alla struttura morale di una società corrotta e decadente, nell’esorcismo satanico di Emilio Vestri Musy ne Il Signor Diavolo di Pupi Avati (Guanda) riecheggia, invece, l’arretratezza di un Belpaese ancorato, tutt’oggi, all’annientamento sociale e alla superstizione.

Il Signor Diavolo

Così per lo stilema del vampiro: mentre nel Dracula di Bram Stoker lo standard tradizionale veniva interpretato quale antica metafora dello straniero invasore (nonché presunto veicolo dei primi casi di tubercolosi), in Vivono di notte di M. Talbot (in una Londra vittoriana devastata dalla fantomatica epidemia di Camillus Influenziae), l’efebico reietto Niccolò Cavalcanti funge da pretesto per evocare tanto il semprevivo tema dell’emarginazione delle minoranze, quanto il dilagare del flagello HIV nel panorama storico degli anni ottanta.

Parallelamente, ove la massiccia presenza di entità spettrali nei più famosi romanzi di matrice gotica – dalla storia di Marina Malombra di Fogazzaro (Garzanti) e della sua ultraterrena smania di vendetta, all’amore post-mortem dell’universitario Lory Baxter per la promessa (defunta) sposa Amy Augent in I Necromanti di R. H. Benson – accennava, principalmente, alla minaccia dello spiritismo e delle scoperte scientifico-tecnologiche sulla cultura tradizionale dell’epoca, in Amabili Resti di Alice Sebold (e/o) la narratologia dell’invisibile serve da spunto per raccontare, nell’incorporea innocenza della quattordicenne Susie, una macabra vicenda di pedofilia e malagiustizia.

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E, ancora, se ne Il Signore dei Lupi di Alexandre Dumas (1857) la trasformazione dell’ambizioso artigiano Thibault in lupo mannaro guardava a una possibile origine diabolica dei disturbi della personalità, nel fantawestern Black Flag di Valerio Evangelisti (Einaudi) il tipo del licantropo viene, invece, revitalizzato in visione allegorica, per drammatizzare, nell’immagine del «lupo solitario», gli storici rapporti di tensione sul confine fra le Americhe.

Ciò detto, chissà che dunque, in finale di trattazione e nel periodo di stasi che ci tiene sospesi, la lettura del gotico non possa costituire, oltre che un utile riempitivo per la vastità del quotidiano, altresì un insperato vaccino per immunizzarci da così tanto orrore (come di certo consiglierebbero – nell’attesa della quarta stagione e della prossima venuta di Cthulhu e dei Grandi Antichi – le streghe Spellman protagoniste del teen-gothic di Netflix Le terrificanti avventure di Sabrina).

David Quammen in Spillover – L’evoluzione delle pandemie

Con una dovuta considerazione: oggi che sempre nuove prospettive di pericolo minacciano gli equilibri del presente (ce ne parla profeticamente David Quammen in Spillover – L’evoluzione delle pandemie (Adelphi) trattando di zoonosi, ovvero l’inter-trasmissibilità delle malattie infettive dagli animali all’uomo e viceversa), e le ultime grandi narrazioni del terrore si livellano, inevitabilmente, sui più prossimi e sfidanti scenari apocalittici – auspicabilmente inattuabili – quali le possessioni floro-faunistiche da distorsioni (5G), climatiche o extraterrestri, della Trilogia dell’Area X di J. Vandermeer (trad. C. Mennella, Einaudi), o la riconfigurazione di una misteriosa intelligenza artificiale, sinonimo delle insidiosità del virtuale, nel romanzo History di G. Genna (Mondadori) e, ancora, le agghiaccianti radioattività e connesse deformità e violenze genetiche della Russia post nucleare in Metro 2033 di D. Gluchowsky – viene da chiedersi se, in un futuribile bestseller del terrore, la rappresentazione più fedele del virus andrebbe ricercata nell’ambito della convenzionale categoria horror, o piuttosto, in un profilo di mostro non ancora sufficientemente esplorato: l’uomo.

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Così, a tal proposito, Žižek nel suo ebook in divenire Virus: Catastrofe e solidarietà (trad. F. Ferrone, Ponte alle Grazie): “Si può leggere l’attuale epidemia di coronavirus come una versione rovesciata della Guerra dei mondi di H. G. Wells (…) gli ‘invasori marziani’ che senza pietà sfruttano e distruggono la vita sulla terra siamo proprio noi, il genere umano”. Perché forse, nelle ultime pagine del contemporaneo, è arrivato il capitolo in cui cominciamo, davvero, a farci paura.

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