“Detesto viaggiare, sissignori, in quanto gli unici viaggi che mi appassionano sono quelli tra le pareti della mia mente. E nella mia mente, attraverso lo specchio del Garda, si rispecchia il mondo intero”. In occasione dell’uscita del romanzo “Sillabario dell’amor crudele”, Francesco Permunian, scrittore e poeta, racconta la sua terra, il corso dei suoi vagabondaggi e i suoi luoghi dell’anima…

Ultimi giorni d’aprile dell’anno corrente: pur stanco e snervato, eccomi ancora qua – in questa fredda e piovosa primavera del 2019 – a leggere e a rileggere, indefessamente, le bozze del mio Sillabario dell’amor crudele (Chiarelettere). Il quale, man mano che passa il tempo, sento che potrebbe sfuggirmi di mano per ridursi a una confusa e sfrenata babilonia linguistica; o meglio, a un arruffato e affollato campiello lacustre straripante di voci e confidenze le più incredibili e strampalate.

Voci fantastiche e seducenti che spesso vengono a me sul far della sera, o in piena notte, sempre portate a filo d’acqua dai venti che soffiano tutto l’anno sopra le onde del Garda. Il quale, assieme al Polesine, in effetti fa da sfondo a ogni mio libro in guisa di sterminato campiello abitato da persone e personaggi che si esprimono nelle lingue e nei dialetti di mezzo mondo.

Storie e destini che si intrecciano e si dissolvono da secoli e secoli e che, ovviamente, io cerco di catturare vagabondando sulle sponde pettegole del lago nella speranza di cogliere almeno un’eco di quell’immenso e confuso mormorio umano che sempre sale – sempre uguale e diverso – da ogni angolo di questo azzurro microcosmo animato da chiassose comitive turistiche in estate. E da profondi e malinconici silenzi autunnali e invernali, quando i venti del Nord ripuliscono il cielo dall’afa e dai clamori estivi e il lago riacquista allora il suo respiro di piccolo mare incastonato tra le montagne e la pianura padana.

Lago di Garda Rocca Scaligieri Sirmione Veneto

Naturalmente nel corso dei miei vagabondaggi – da esperto e disincantato flâneur –  ho anch’io delle mete preferite. Sono i miei luoghi dell’anima, per usare un parolone, che variano a seconda delle stagioni ma, soprattutto, a seconda di quanto sto scrivendo in quel determinato momento.

In pratica a ogni angolo del Garda corrisponde uno spunto narrativo, sia esso un paesaggio, un castello, una piazza, un golfo, una viuzza. Tutto insomma mi ispira in tale ambiente, nel quale ormai vivo (e scrivo) da quarant’anni. E dal quale peraltro non ho alcuna intenzione di andarmene, visto che qualunque distacco dalla mia quotidiana “ronda” lacustre mi crea soltanto un vago senso di spaesamento misto a scontento e irritazione.

Sì, lo ammetto: io sono essenzialmente un animale da tana. Da tana gardesana…

In un’epoca in cui, caduti i confini e le frontiere nazionali, tutti corrono dappertutto – e gli scaffali dei libri di viaggio aumentano a dismisura – ebbene, proprio per questo io detesto viaggiare, sissignori, in quanto gli unici viaggi che mi appassionano sono quelli tra le pareti della mia mente. E nella mia mente, attraverso lo specchio del Garda, si rispecchia il mondo intero.

lago Garda Sirmione Veneto

Un mondo purtroppo sempre più minacciato – e oltraggiato – da quelle orde di sciamannati vacanzieri che rappresentano un serio ostacolo ai miei silenziosi e laboriosi vagabondaggi “letterari”, i quali si snodano abitualmente secondo le seguenti tappe:

– una rapida visita mattutina (molto presto, al sorgere del sole) nel porticciolo di Rivoltella. Sopra il quale si staglia Villa Brunati, sede della Biblioteca Civica in cui – in veste di bibliotecario – ho passato forse i miei anni migliori.

-Poi breve sosta a Sirmione, nei pressi del castello scaligero, per una rapida colazione nella penisola di Catullo e di Maria Callas.

-Indi rotta verso Peschiera, superata la quale dopo un po’ si arriva al golfo di San Vigilio, uno degli angoli più belli della riva veronese, con vista su Villa Guarienti e il suo parco rinascimentale.

-Una volta tornato sulla Gardesana e fatto qualche chilometro, di solito mi fermo a prendere un caffè a Malcesine, di cui Goethe parla con rimpianto e ammirazione nel suo Viaggio in Italia. Uscito dal paese, via senza indugio verso Riva del Garda, nel cui golfo Kafka ambientò un suo celebre racconto, Il cacciatore Gracco.

-Superata Riva, che è una splendida cittadina dall’aria vagamente austro-ungarica, imbocco la Gardesana bresciana per andare a pranzo in qualche trattoria nei borghi collinari di Tremosine o di Tignale: non dovrei rivelarlo, ma la mia meta abituale è Pieve, una frazione di Tremosine, da cui si gode una vista panoramica su tutto il Garda.

-Sulla via del ritorno, un’ultima sosta. La meno nota e reclamizzata. E per questo a me più cara. Non è infatti una terrazza mozzafiato o un porticciolo da sogno, e neppure uno di quei golfi incantevoli come quelli di Gargnano o di Desenzano.

No, si tratta semplicemente di una strada. Una sinuosa stradina collinare, poco più larga di un sentiero, la quale nel corso degli anni ha finito per diventare nel mio immaginario una specie di proustiana “strada di Swann”. È difatti così che io chiamo la strada di San Michele, quel tragitto a mezzacosta che si snoda tra Salò e Gardone Riviera percorrendo il quale, inevitabilmente, ti vieni a trovare in una situazione del genere: con l’azzurro del lago che risplende ai tuoi piedi e la testa (e la mente) tra il verde dei prati e degli ulivi. Mentre il vento intanto ti scompiglia i pensieri e ti fa dimenticare gli amori passati e gli amici perduti.

Sillabario dell amor crudele Francesco Permunian

L’AUTORE E IL LIBRO –  Francesco Permunian, classe ’51, è nato a Cavarzere, nel polesano. Il suo percorso letterario inizia con la poesia, per poi espandersi anche alla narrativa. Da anni lo scrittore vive a Desenzano, sul lago di Garda. Tra i suoi libri, Il principio della malinconia (Quodlibet, 2005), La casa del sollievo mentale (Nutrimenti, 2011) e Il gabinetto del dottor Kafka (Nutrimenti, 2013).

Il Saggiatore nel 2017 pubblica i suoi due primi romanzi (Cronaca di un servo felice e Camminando nell’aria della sera) in un unico volume, chiamato Costellazioni del crepuscolo. Successivamente Aragno, grazie alla cura di Andrea Cortellessa, porta in libreria La plasmabilità artistica del cartone e il suo impiego nella scuola, mentre Theoria esce con un unico volume, Chi sta parlando nella mia testa? che unisce i due romanzi Dalla stiva di una nave blasfema e Il principio della malinconia.

Chiarelettere pubblica ora il suo ultimo libro, Sillabario dell’amor crudele (Chiarelettere), un racconto grottesco a partire dai personaggi: il protagonista, Baseggio, è un nano a cui dopo anni riaffiorano i ricordi delle violenze subite in un orfanotrofio e inizia a chiedere vendetta; Baby Yaba è una bimba prostituta; suor Clemenzia, è madre superiora e dirigente dittatoriale dell’orfanotrofio; padre Camilo Mendes, è vescovo del vaticano. A fare da sfondo alla storia, molte personalità che vanno a costruire un’unica rappresentazione, come parroci del paese, bande di barboni e trans.

Un’opera di fantasia che racconta il dolore e le umiliazioni inflitte a bambini e ragazzi  poveri e sordomuti. Una storia che oscilla tra la spensieratezza dell’infanzia e la ferocia della violenza, facendosi strada verso i segreti della chiesa, dalla violenza su disabili minorenni all’accoglienza dei migranti. Una feroce accusa contro la pedofilia cattolica.

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