Intervista ad Andrea Vitali autore di La figlia del podestà ISBN:8811597587

Il nuovo romanzo di Andrea Vitali, La figlia del podestà, è ambientato nella natìa Bellano, sfondo abituale delle sue storie. Ci troviamo nel 1931, in piena epoca fascista; l’attenzione dei bellanesi è però rivolta soltanto in parte ai grandi avvenimenti della politica nazionale e alle manovre di regime: a catturare l’interesse generale è soprattutto la vita di paese, con i suoi palpiti, le sue miserie, le ambizioni – incarnate dal locale podestà – e il sogno d’amore della giovane Renata. Il podestà, padre di Renata, coltiva un progetto avveniristico per fare di Bellano un’agognata meta turistica; l’obiettivo è far piovere consensi sulla sua amministrazione e scatenare l’invidia dei comuni limitrofi. Le difficoltà da superare e gli imprevisti sono tuttavia così numerosi da gettare nello scompiglio persino una tranquilla cittadina come Bellano. Abbiamo rivolto all’autore alcune domande su questo suo ultimo libro.

D. Al centro di La figlia del podestà c’è un dimenticato episodio di storia locale, il sogno di istituire una regolare linea di idrovolanti tra Como, Bellano e Lugano. Che cosa l’ha incuriosita di quella vicenda e di quel periodo?

R. È un episodio straordinario nella sua unicità. Il sogno di un folle oppure il progetto di un uomo lungimirante? Se proiettiamo questo episodio sullo sfondo dell’epoca, siamo nel 1931, e ci si lascia minimamente affascinare dal momento storico – l’Arma Azzurra sta diventando il fiore all’occhiello del regime, Italo Balbo vola di qua e di là un po’ dappertutto, Liala conia la figura del pilota-eroe, bello e fatale – credo che prevalga il fascino legato al costume dei tempi: almeno per me è stato così.

D. Qual è il rapporto tra la grande storia e le piccole storie nei romanzi che scrive? In che modo l’orizzonte generale influisce sulla vita quotidiana e sulle scelte dei bellanesi che popolano i suoi libri?

R. La grande storia, per i bellanesi dei miei romanzi, ma credo anche per i bellanesi della realtà, è come l’onda del battello che passa al centro del lago: quando arriva da noi è ormai una piccola onda che va a finire sulla riva con poco rumore. Per i miei protagonisti la grande storia è spesso lontana e quando arriva è il più delle volte già passata. È ormai “passato”.

D. Nei suoi romanzi c’è sempre un personaggio di cognome Vitali. Perché questa scelta?

R. Caratterizza il luogo così come il citare piazze, vie, osterie, ristoranti, alberghi, ma anche cibi che fanno parte della nostra tradizione culinaria come i “missoltini” e la “cassoeula”.

D. La sua scrittura è sempre molto controllata e precisa, di grande efficacia. e spesso ottiene irresistibili effetti comici. Al tempo stesso – e non soltanto nei dialoghi – ha spesso un’immediatezza che ricorda da vicino il parlato. Che rapporto c’è tra l’oralità e la scrittura? I suoi romanzi sono prima scritti o prima raccontati?

R. Molto spesso il racconto, o romanzo che sia, nasce proprio da un fatto raccontato, e la sua prima elaborazione è orale nel senso che mi piace ribadire in famiglia il fatto, arricchendolo di particolari inventati, collocandolo in una cornice storica che offra la possibilità di ampliarlo. A quel punto il fatto diventa un vero e proprio compagno: quando non ho la possibilità di scriverne me lo racconto cosi che il momento della stesura non è che una sorta di dettato che faccio a me stesso.

D. Tra i suoi libri, La figlia del podestà è probabilmente il più strutturato e ambizioso. Lei però è anche autore di racconti e romanzi brevi di notevole efficacia e pluripremiati. È diverso scrivere un romanzo o un racconto?

R. Solamente in termini di tempo poiché lo schema che seguo non si modifica: ho bisogno di sapere da dove partire e dove arrivare. Il resto è un’operazione di ricerca., invenzione, documentazione: infarcisco la storia insomma, come si fa coi capponi.

settembre 2005

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