“Ti ho già visto da qualche parte?” di Marni Jackson è un romanzo a episodi, in cui l’autrice immagina di vivere un’esistenza alternativa che si interseca con le traiettorie di celebrità che hanno avuto su lei un forte ascendente (da John Updike a Joni Mitchell, passando per Bob Dylan e Leonard Cohen, fino ad arrivare a Meryl Streep, Gwyneth Paltrow e Karl Ove Knausgård): “Nel momento in cui gli artisti condividono con noi i frutti della loro creatività, quando le loro parole, i loro versi, le loro esibizioni ci consolano o ci ispirano, abbiamo la sensazione di conoscerli. Con la loro presenza in queste storie ho voluto rappresentare il ruolo potente e profondo che a volte le persone famose assumano nelle nostre vite ordinarie” – L’approfondimento

Le celebrità fanno parte della nostra vita anche a distanza. Chi non si è ritrovato nel testo di una canzone, nella trama di un film, o nelle parole di un romanzo? Una delle frasi che si sente pronunciare più di frequente in relazione a cantanti o scrittori è proprio “sta parlando di me” o, ancora, “mi capisce perfettamente”; per non parlare dell’iperbolico “mi ha cambiato la vita”.

Esagerazioni a parte, è proprio vero: esistono persone che non conosciamo ma che influenzano il nostro modo di essere e di vivere, in maniera più o meno incisiva. Quante volte un libro ci ha aiutato a superare un momento difficile? E quante volte abbiamo usato una canzone per confessare qualcosa che non avevamo il coraggio di pronunciare?

Insomma, ipotizziamo per assurdo di trovarci davanti ai nostri idoli: cosa faremmo?

È quello che succede a Rose McEwan, una ragazza di diciassette anni che, durante un corso estivo di scrittura creativa, incontra uno dei suoi scrittori preferiti: John Updike: “Una figura alta, dal viso rubicondo e le spalle ossute, salì di corsa le scale con le braccia cariche di libri e carte. Indossava pantaloni kaki e una camicia button down in tessuto Oxford”. Updike è lì in veste di docente e Rose rimane subito colpita dalle sue parole, pronunciate durante la prima lezione: “Scrivere è sperimentare una continua insicurezza e inadeguatezza“.

Il mattino seguente lo trova ad aspettarla, fumando, seduto sui gradini del portico. Tiene la sigaretta tra le dita in modo languido e un po’ femminile. Ha letto i testi di Rose e vuole commentarli con lei: gli piace come scrive e anche come dipinge. Nonostante abbia una moglie e quattro figli, Updike mostra per la ragazza un interesse particolare e si dichiara disponibile ad aiutarla nella pittura (prima di essere uno scrittore, infatti, Updike aveva studiato all’accademia di Belle Arti). “John sedeva in silenzio mentre dipingevo. Non un vero silenzio – gli uccelli sfrecciavano tra le cime degli alberi e intonavano i loro canti ardenti e ripetitivi. Stavamo condividendo un incantesimo, il fascino del lavoro che procede, e io non mi sentivo più estranea alle cose”.

Inizia la rituale danza di corteggiamento. L’uomo regala alla giovane un’antologia di racconti dal titolo L’amore dove le notti sono lunghe, la invita a fare passeggiate nel bosco, la pungola con aria ruffiana e frasi allusive. Finché una notte non si ritrovano da soli in un cimitero, con una coperta e alcune candele. Rose è perspicace e ha capito da sola le regole senza che l’uomo le avesse pronunciate in modo esplicito: ci sarà solo quella settimana per loro e poi non si rivedranno più.

John Updike mi baciò. I nostri denti all’inizio si scontrarono, sembrava che lui ne avesse un sacco. La sua bocca era calda, e la sua lingua veloce, intelligente, esplorativa, come tutto di lui. Mentre il suo bacio continuava, e cambiava, e si assestava, dietro le palpebre mi sbocciò una luce blu”. Rose è ancora vergine e al di là di qualche palpata non vuole spingersi. Ma va bene così, perché quello che rende eccitanti i loro appuntamenti e i loro baci sono proprio i limiti ben definiti.

“‘Posso guardarti?’ chiese. ‘ Solo guardare’. Si sollevò su un gomito e io alzai il maglione, alla luce tremolante delle candele. Avvertii un grande potere in quel momento, il potere che il mio corpo, la sua semplice vista, esercitava su di lui. Mi guardava come se fossi un dipinto fiammingo, qualcosa di prezioso e importante. ‘Assomigli al chiaro di luna'”.

Ma un pomeriggio, mentre sono sdraiati sull’erba a fare un pic nic, una delle studentesse del corso si accorge di loro. Rose e John cercano di nascondersi, ma le probabilità che li abbia riconosciuti sono molto alte. E infatti, soltanto il giorno dopo, John viene licenziato dal direttore. “‘Pare che sia stato importuno con una delle cameriere, e che lei se ne sia lamentata. O qualcosa del genere'”, sente dire Rose dalla stessa compagna che li aveva visti insieme sul prato.

Da quel momento s’interrompe la relazione tra i due ma, dopotutto,  è arrivata alla fine anche la settimana del corso. Rose saluta l’uomo e sa che non lo incontrerà di nuovo, ma “ormai tutto quello che scrivevo, o facevo, parlava della mia vita segreta con John Updike“.

 

 

Questa è solo la prima storia di Ti ho già visto da qualche parte? di Marni Jackson (Bompiani, traduzione di Maria Cristina Della Volpe), un romanzo a episodi, in cui l’autrice immagina di vivere un’esistenza alternativa che si interseca con le traiettorie di celebrità che hanno avuto su lei un forte ascendente. Dopo Updike, ritroviamo Rose, poco più che ventenne, mentre trascorre l’estate insieme al fidanzato Nick sull’isola di Creta. La vacanza, però, non procede come la ragazza vorrebbe, visto che Nick ha piacere a passare le sue giornate anche in compagnia di altre. “Non che utilizzassimo le parole ‘tradimento’ o ‘gelosia’. Era il 1970, l’apice della cosiddetta rivoluzione sessuale, in cui possessività e gelosia erano solo cattive idee ‘costruzioni borghesi‘”.

Rose cerca di mantenere un atteggiamento alla Simone de Beauvoir, sorseggiando vino rosso alle undici del mattino nella hall del suo hotel, quando all’improvviso “la porta si aprì ed entrò Joni Mitchell. Portava una specie di giacca patchwork con un bel paio di pantaloni di lino color avorio, ed era scalza. In una mano teneva sandali di pelle e nell’altra un quaderno, a sei anelli come quello di Nick. Era di sicuro al corrente della situazione imbarazzante in cui mi trovavo. ‘Ehi,’ disse. ‘Vuoi compagnia?‘”

La cantante dispensa alla ragazza consigli per affrontare l’infedeltà del fidanzato: “Questa cosa dell’amore libero. È una stronzata, è libero solo per i maschi. Ma non trovi che se ami qualcuno non vuoi che vada a letto con altri?“. E anche se alla fine Rose non riesce a liberarsi completamente di Nick, “qualcosa si era smosso: il mondo era un libro che avevo ancora voglia di aprire”.

Seguono, nel corso degli anni, l’incontro con Bob Dylan, che si materializza, ospite inatteso, sulla soglia della casa di vacanze e non se ne va più via; e con Meryl Streep, che a sua insaputa la prende come modello a un ruolo a cui sta lavorando. E poi Gwyneth PaltrowKarl Ove Knausgård, Leonard Cohen.

Il romanzo – il primo di Marni Jackson, autrice di saggi e giornalista che ha collaborato con Rolling Stone, con il London Sunday Times e con le più importanti riviste canadesi – mette in scena una delle più comuni fantasie, muovendo dalla domanda che ci si pone all’inizio di qualsiasi storia: what if? cosa succederebbe se…?

Proprio come in Midnight in Paris, le celebrità diventano dei mentori che guidano, aiutano e migliorano il protagonista. Ma a differenza del film di Woody Allen, Ti ho già visto da qualche parte? non si articola in una vera trama, ma si sviluppa, appunto, come una serie di puntate fine a se stesse. Il che, se da una parte può rendere la lettura meno incalzante, dall’altra offre anche la possibilità di leggerlo come se fosse una raccolta di racconti con un personaggio fisso: una donna imperfetta, fragile e piena di sogni.

Il libro, ovviamente, richiede una grande sospensione dell’incredulità da parte del lettore, ma la scrittura di Jackson è talmente fluida che tutto sembra reale; tutto sembra possibile. E in fondo, non è forse vero che gli idoli a cui facciamo riferimento influenzano concretamente la nostra vita? L’incontro magari non è reale e diretto, ma, anche se mediato dalle loro creazioni artistiche, è sicuramente decisivo.

Del resto, la stessa autrice lo scrive nell’introduzione: “Nel momento in cui gli artisti condividono con noi i frutti della loro creatività, quando le loro parole, i loro versi, le loro esibizioni ci consolano o ci ispirano, abbiamo la sensazione di conoscerli. Con la loro presenza in queste storie ho voluto rappresentare il ruolo potente e profondo che a volte le persone famose assumono nelle nostre vite ordinarie”.

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