Intervista a Ian Rankin, autore di Corpi nella nebbia

Corpi nella nebbia segna l’attesissimo ritorno di John Rebus, uno dei più famosi detective della crime fiction britannica. Dopo averlo accantonato e mandato in pensione per sopraggiunti limiti di età, lo scrittore scozzese Ian Rankin ha scelto di riportare in scena il suo eroe, questa volta in abiti civili. Rebus ormai non è più ispettore, ma collabora ancora con le forze di polizia, offrendo la propria esperienza – e un talento investigativo di prim’ordine – alla Serious Crime Review Unit (sezione speciale formata soprattutto da ex agenti). Quando una madre disperata si rivolge alla polizia per far riaprire le indagini sulla figlia scomparsa da anni, sarà proprio lo sbirro in pensione John Rebus ad accogliere il suo grido di aiuto. Abbiamo intervistato l’autore.

D. Nella scena iniziale di Corpi nella nebbia assistiamo al funerale di un ex collega di John Rebus, vittima di un male incurabile. Perché ha scelto questo tipo di prologo?

R. C’erano molte ragioni per iniziare il romanzo con un funerale. Innanzitutto va detto che il mio libro tratta della morte e della vecchiaia, nonché del rapporto di Rebus con questi temi. Da qui ho ricavato anche il titolo per l’edizione inglese “Standing in Another Man’s Grave” (“stare nella tomba di un altro” N.d.R.). La scena del funerale mi ha permesso di offrire al lettore maggiori ragguagli sul titolo e su ciò che si cela dietro di esso. Aggiungo anche che il mio editore londinese mi aveva suggerito di cancellare l’intero prologo e di aprire il libro con la scena della madre che avvicina Rebus per chiedere il suo aiuto. Ho tenuto duro e respinto il suggerimento.

D. Corpi nella nebbia segna il ritorno del suo personaggio più popolare. Si tratta di un segno di affetto per John Rebus o di una debolezza? Arthur Conan Doyle non fu mai in grado di liberarsi dell’ingombrante personalità di Sherlock Holmes… si sente anche lei prigioniero di Rebus?

R. Rebus torna per molte ragioni. Innanzitutto ero consapevole del fatto che, malgrado il pensionamento, vi fossero ancora ottime potenzialità narrative. Sapevo anche che stava lavorando su casi irrisolti e ho avuto l’idea per una storia che è, essenzialmente, un “cold case”. Inoltre i lettori avevano nostalgia di lui. E sì, forse un po’ mancava anche a me.

D. I dialoghi che vedono Rebus protagonista sono davvero irresistibili, ancora più divertenti del consueto. Ha scelto consapevolmente di accentuare la nota umoristica?

R. Non so come rispondere a questa domanda. Mi sono sempre divertito tantissimo a scrivere di Rebus e a trascorrere del tempo con lui. Dopo aver “congelato” la propria esistenza e aver tenuto nel cassetto ogni progetto durante i lunghi anni di militanza in polizia, probabilmente vede ora la sua vita da una nuova prospettiva. Posso già rivelare che le sue battute nel prossimo libro – dovrebbe essere pubblicato nei paesi di lingua inglese nel novembre del 2013 – saranno, a mio parere, ancora più pungenti e fulminanti. Sembra che Rebus abbia conservato una gran voglia di vivere.

D. Rebus lavora ora per la Serious Crime Review Unit. Di che si tratta?

R. È l’unita di riesame dei reati più gravi (gli omicidi, ad esempio) che non sono stati risolti. È una sezione speciale realmente esistente con sede a Edimburgo e gestita perlopiù da detective in pensione, coordinati da un detective ancora in servizio che è poi il responsabile dell’unità. Questo è un lavoro perfetto per Rebus: dategli un omicidio irrisolto da 20-30 anni e lui sarà felice. Tuttavia egli presta la propria opera soltanto in qualità di civile. Non ha nessun potere effettivo – a differenza dei poliziotti in attività – e questo è parecchio frustrante per lui.

D. In che modo il curioso status di “sbirro in pensione” altera il rapporto di Rebus con l’inseparabile collega (e partner in mille indagini) Siobhan Clarke?

R. Siobhan ha avuto una promozione. In Corpi nella nebbia la vedrete emergere dall’ombra di Rebus e assumere una propria identità all’interno della squadra di polizia. Per questo motivo non è del tutto felice quando Rebus riappare nella sua vita. Potrebbe essere un guaio per lei e per la sua carriera. Rebus è anarchico di natura, uno che va contro gli schemi, una scheggia impazzita. Siobahn è consapevole del fatto che un appoggio incondizionato potrebbe procurarle grossi grattacapi. Allo stesso tempo è affascinata dai metodi di Rebus che segue l’istinto ed è piuttosto sprezzante verso le nuove tecnologie e il rispetto delle procedure.

D. Rebus, come spesso accade, deve fronteggiare anche nemici “interni”; mi riferisco soprattutto alla figura di Malcolm Fox delle “Lamentele”, la sezione che vigila sui comportamenti tenuti dagli agenti. La commissione è presentata sotto una luce talmente poco favorevole che si è quasi obbligati ad abbracciare il punto di vista di Rebus. Perché ha scelto questa impostazione?

R. Avendo scritto due libri con l’agente Malcolm Fox dell’Unità Affari Interni come protagonista, mi è parso subito stimolante metterlo in contrapposizione con Rebus. Quest’ultimo è il protagonista di Corpi nella nebbia, perciò Fox doveva essere l’antagonista. Il lettore è dalla parte di Rebus, di conseguenza Fox diventa il nemico. Fin dalle prime battute del romanzo ci accorgiamo che Fox è risoluto e sa essere spietato quando mette qualcuno nel mirino. Fox sembra ritenere Rebus un pessimo elemento. Nel mio prossimo libro però, mi adopererò in un lavoro di riabilitazione di questo personaggio: Fox e Rebus finiranno per lavorare fianco a fianco. Credetemi quando dico che ci sarà da divertirsi!

Intervista a cura di Marco Marangon

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