Dopo la tragedia ferroviaria di ieri, su ilLibraio.it il commento della giornalista e scrittrice Francesca Barra, che chiama in causa i politici e le differenze tra Nord e Sud: “Ci appartengono queste vittime, senza retorica. Non riguardano solo la Puglia e tutti coloro che hanno deciso di mettersi in fila per donare il sangue…”

È il 2016. E questo è il Paese che ha ancora binari unici e che in alcune zone, a peggiorare la situazione, si dota di un sistema che affida la sicurezza a un regime obsoleto e non a sistemi automatici come in molte altre tratte. La vita dei viaggiatori, fino a ieri, dipendeva inconsapevolmente da un fonogramma e una paletta. E non è un archivio storico o la trama di un film girato nel Sud Italia. Ma la cronaca annunciata di una tragedia che, come in troppe occasioni, si doveva evitare. Se non esistessero figli e figliocci. Abissi incoerenti. Disagi che non giungono nei Palazzi come richiesta di un diritto imprescindibile. Ma come richiesta non prioritaria. Ecco perché in molte zone siamo assuefatti al disagio.

In diversi miei reportage ho segnalato la difficoltà di raggiungere la mia regione, la Basilicata. Una via crucis condivisa da molti viaggiatori. Oggi non riesco a leggere le storie di chi ha perso la vita ieri senza sentire che ci appartengano quei percorsi di straordinaria normalità. Ogni giorno milioni di pendolari prendono quei treni. E spesso perché sembrano più affidabili, veloci, comodi. Anche se affidabili, veloci e comodi, non sempre lo sono davvero. Quando segnalavo i disservizi, i ritardi (a volte la totale assenza di fermate come a Matera, “capitale europea della cultura 2019”), mi sembrava di raccontare gironi infernali. Un’incoerenza senza pari, se si pensa alla fatica dei pendolari, alla bellezza di posti penalizzati, colpiti al cuore. E se si confronta con quel Paese che invece funziona.

Tuttavia questi sono gli unici mezzi che ci permettono di spostarci. Per lavoro, per un esame, per amore. Fra i primi a essere riconosciuti grazie a un gioiello, a un oggetto personale: una futura sposa, uno studente, un pensionato, una nonna che riportava il nipotino dai genitori. Un giovane metalmeccanico, il macchinista, un contadino che non era nemmeno su quel treno ma nel suo campo, a lavorare.

Ci appartengono queste vittime, senza retorica. Non riguardano solo la Puglia e tutti coloro che hanno deciso di mettersi in fila per donare il sangue. E non solo chi sta lavorando e ha lavorato tutta la notte fra le lamiere. Ecco perché è inevitabile provare rabbia per questo Paese che ha scelto di camminare, per troppo tempo, su un binario unico. Scegliendo priorità che non spesso coincidono con le priorità della maggioranza degli italiani.

Che il Sud sia penalizzato, anche se tanti scrivono segnalando i disagi delle infrastrutture al Nord, non è invece, per chi ci vive e conosce la situazione, una sorpresa. Lo dimostrano i rapporti, i dati ufficiali. E non c’è niente di peggio di un Paese che fa diventare questa realtà una normalità da subire.

Ha ragione Pino Aprile: “È vero che gli scontri possono avvenire anche dove il binario è doppio, ma è più facile che accadano dove è unico. Quindi, lasciandolo unico al Sud e doppio altrove, avete decretato chi deve morire prima. Che è l’essenza del potere. E della vostra colpa. Che è l’essenza del potere”.

Il progresso di un territorio, di una regione, il rispetto per le persone dipende dalla politica. Che spero non indossi un nuovo impermeabile, dopo i funerali.

L’AUTRICE – Francesca Barra, giornalista, conduttrice e scrittrice, lavora per le principali testate televisive e collabora con diversi giornali. È autrice dei libri Il quarto comandamento, Giovanni Falcone un eroe solo, Tutta la vita in un giorno. Per Garzanti ha pubblicato i romanzi Verrà il vento e ti parlerà di me e Il mare nasconde le stelle.

 

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