Da Wonder Woman a Chalise, alcune delle supereroine dei fumetti sono queer. Ma quanto è importante per le case editrici uno staff multietnico e di orientamento sessuale differente che sia in grado di riconoscere e lavorare sulle storie che raccontano di personaggi provenienti dalle “minoranze”? Secondo Tom Weldon di Penguin Random House è l’unica via per evitare “l’irrilevanza” – L’approfondimento

Le “voci” su Wonder Woman non sono mai mancati. Nata su un’isola abitata da sole donne, Temiscira, l’amazzone supereroina nata come principessa Diana, oltre che icona femminista, è spesso stata definita, anche solo velatamente, bisessuale.

Da poco è arrivata la conferma della DC Comics: Greg Rucka, che ha lavorato sul personaggio per tutti gli anni 2000, e che è impegnato con la serie Rebirth, dedicata al settantacinquesimo anno di attività della casa editrice, ammette che Wonder Woman “è queer”. Ma sottolinea che sono molteplici gli indizi disseminati nei fumetti. “Ovviamente ha avuto delle storie con delle donne”, ha spiegato Rucka al sito Comicosity. Basti pensare che Diana – Wonder Woman ha trascorso una parte della sua vita su un’isola popolata da amazzoni.

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Tuttavia Rucka precisa che “il desiderio di vedersi rappresentati sulla pagina” non deve andare a inficiare la riuscita della narrazione. “Un personaggio che dice di essere gay senza che la storia lo richieda, secondo me è cattiva scrittura: un personaggio dice solo quello che interessa alla trama”, continua.

Per quanto riguarda la storia di Wonder Woman, il suo essere non eterosessuale, ha un effetto sulla trama: ai suoi occhi Temiscira è un paradiso e per questo motivo è anche un luogo inclusivo in cui essere se stessi.

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Ma Wonder Woman non è sola: Chalice è la prima supereroina transgender. Nonostante siano stati numerosi i casi di personaggi transessuali e transgender nei fumetti degli ultimi anni, lei è la prima ad avere il ruolo di protagonista. Creata dal veterano Marvel Paul Jenkis, la sua storia si inserisce nella serie Alters di AfterShock.

Nata come Charlie Young, fratello di mezzo di tre, “ha paura di come la famiglia potrebbe reagire alla sua transizione e inizia la cura ormonale in segreto”, racconta Jenkis al Guardian. Tuttavia, l’autore ci tiene a precisare che “Alters non è un’opera dedicata solamente a personaggi LGBTQ, ma a individui che provengono da situazioni di svantaggio“.

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La stessa AfterShock – realtà abbastanza nuova nel mercato dei fumetti, diretta da Mike Marts e Joe Pruett, entrambi con esperienza alla Marvel – definisce Alters “un’opera creata da un team composto da elementi molto diversi per genere, orientamento sessuale e provenienza etnica”.

Proprio sulla necessità di uno staff multietnico e di genere e identità sessuale differente se ne è parlato spesso e addirittura il direttore di Penguin Random House, Tom Weldon, ha sottolineato quanto la letteratura rischia di “perdere rilevanza” proprio per mancanza di diversità nello staff. Un personale troppo omogeneo, infatti, potrebbe non essere in grado di selezionare opere che provengono da minoranze.

Al Guardian Weldon ha spiegato che per lui “è un grave problema non rispecchiare la società in cui viviamo. Non è sano per noi, né per i libri, né per l’editoria”. Negli ultimi dieci anni, infatti, sembra che la letteratura in Gran Bretagna non sia stata in grado di raccontare e interpretare i tempi che cambiano. Weldon sa che la sua è un’impresa i cui frutti si vedranno tra alcuni anni, ma già da quest’autunno si sta impegnando a far incontrare scrittori ed editor attraverso la campagna di pitching #WriteNow.

 

 

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