Uno storico di solito non si occupa del presente, non direttamente almeno. Ma Yuval Noah Harari non è come gli altri. Ilenia Zodiaco racconta su ilLibraio.it il suo nuovo saggio, “21 lezioni per il XXI secolo” – L’approfondimento

Uno storico di solito non si occupa del presente, non direttamente almeno. Ma Yuval Noah Harari non è esattamente uno studioso tipico. Il suo saggio Homo Sapiens: breve storia dell’umanità ha venduto un milione di copie (fidatevi: sono tante per un testo del genere). La sua popolarità è dovuta alla capacità di ricondurre la grande matassa di eventi e fatti della nostra Storia a poche, grandi questioni. Il nostro mondo può apparire come un meccanismo senza scopo, ma l’autore è bravo a fissare ogni vicenda che ha interessato l’umanità in un disegno più grande.

I suoi libri sono incredibilmente scorrevoli e vanno in una direzione ben precisa. Per alcuni possono essere semplicistici, ma la loro forza sta nella chiarezza espositiva e nella struttura solida: si parte da un circoscritto numero di problemi e si tenta di darne evidenza. Il metodo di Harari – spesso criticato – è deduttivo ma non risulta mai banalizzante o superficiale.

Yuval Noah Harari 21 lezioni per il XXI secolo

Nel caso di 21 lezioni per il XXI secolo (Bompiani, traduzione di Marco Piani), le grandi questioni che il mondo si trova a fronteggiare nel presente (e Harari nel suo libro) sono tre:

-la guerra nucleare;

-il cambiamento climatico;

-la rivoluzione tecnologica (in particolare l’ascesa dell’intelligenza artificiale e della biotecnologia);

Tutte queste minacce non possono essere fronteggiate dai sistemi politici attuali né da quelli passati. Sia il liberalismo sia il ritorno a un certo nazionalismo rampante (“Make America great again”) sembrano decisamente insufficienti per mettere un freno al riscaldamento globale. E il motivo è molto semplice: una singola nazione non può niente contro problemi che interessano tutto il mondo. Cosa succede se l’Italia decide di investire in risorse rinnovabili ma la Cina (che nello scacchiere globale ha un maggiore impatto ambientale) invece si rifiuta? La globalizzazione ha reso fallace l’azione delle singole entità.

D’altra parte anche la religione non sembra prospettare alcuna alternativa al senso di minaccia che incombe sul nostro futuro prossimo. In altre parole, le grandi narrazioni che hanno accompagnato l’umanità per secoli si stanno sgretolando. C’è il tentativo di riportarle in voga, soprattutto in politica stiamo assistendo a un rigurgito di nostalgia delle destre. Ma davvero vogliamo credere che basterà un muro costruito su un confine a fermare l’immigrazione? Chiaramente è solo un tentativo di costruire una storia che regga almeno un altro po’, una soluzione temporanea che consoli una parte della società che nell’ultimo decennio ha perso rilevanza sociale ed economica.

Distinguere tra finzione e realtà è uno dei principi massimi del lavoro di Harari. L’uomo vive di storie, ragiona e impara attraverso di esse, ma questo non significa perdere la lucidità di riconoscere la realtà e di guardarla per quella che è.

Al contrario dei suoi lavori precedenti si sente in questo saggio una certa urgenza. Come se fosse adesso il momento più importante per distruggere le illusioni sulla bontà e la neutralità della tecnologia e le mistificazioni sull’efficacia del libero mercato. D’altronde la maggior parte dei problemi globali sono oggi di natura scientifica, quindi appare abbastanza grave che i cittadini sentano così fortemente la mancanza di informazioni verificate e razionali che li aiutino a prendere delle decisioni per se stessi e la loro comunità. Colmare il gap tra scienza e politica, anche attraverso la divulgazione quindi, è una delle aspirazioni di questo libro. La seconda è quella di rendere chiaro che forse l’unica soluzione per ordini di problemi globali è la cooperazione internazionale, nonostante non manchino i rischi e le complicanze.

Harari illustra un quadro piuttosto chiaro dello scenario attuale. Tuttavia le risposte sono poche, specialmente nei riguardi di quella che sarà la rivoluzione dell’automazione e della robotica. L’incertezza sul destino del lavoro umano è quasi scontata, visto che ci troviamo al confine tra presente e futuro, ma forse possiamo fare ancora qualcosa a riguardo. In passato, infatti, il futuro è arrivato di botto, forse non c’è stato modo di vederlo arrivare. Il Novecento è stato definito il secolo breve proprio per la rapidità con cui si sono susseguiti molti eventi. Adesso, invece, non serve essere dei visionari per capire che l’intelligenza artificiale avrà un ruolo cruciale nelle nostre vite. Che posizione prendere? Le risposte, come detto prima, non ci sono ancora. Ma la domanda è chiara: il futuro avrà un volto umano?

L’AUTRICE – Qui tutti gli articoli e le recensioni di Ilenia Zodiaco per ilLibraio.it

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