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Gli incroci fra teatro e letteratura: intervista a Pierobon, che legge “La macchia umana” di Roth

Paolo Pierobon

Paolo Pierobon, attore teatrale classe ’67, che ha lavorato per anni con Luca Ronconi ed è stato anche interprete di numerosi personaggi televisivi e cinematografici (tra cui l’agente Filippo De Silva in Squadra Antimafia – Palermo Oggi e Silvio Berlusconi nella serie 1993), ora è protagonista anche in libreria.

Pierobon, infatti, ha prestato la sua voce all’audiolibro de La macchia umana di Philip Roth. Quanto ai suoi prossimi impegni teatrali, fino al 22 dicembre è in scena al Piccolo di Milano con Fine pena: ora, opera che racconta la corrispondenza tra un giudice e un giovane da lui condannato all’ergastolo, e che è tratta dal libro omonimo del magistrato Elvio Fassone.

“Un’indagine sui delitti e le pene, sul senso del valore del riscatto, sugli intrecci e le coincidenze nei quali il caso o le leggi della fisica fanno inciampare le umane vicende”, la cui scrittura scenica è stata curata dallo scrittore Paolo Giordano.

Per discutere dei frequenti incontri tra recitazione e letteratura avvenuti nella sua carriera, ilLibraio.it ha intervistato Paolo Pierobon.

Per un attore di teatro, abituato ad avere davanti il pubblico, come è stato leggere un audiolibro?
“Un’esperienza molto intensa, che ti obbliga a uno sforzo immaginativo superiore vista la ricchezza della scrittura di Roth. Hai solo te stesso, il tuo respiro e la tua voce. E questa è una condizione squisitamente teatrale”.

Ha scelto lei di leggere La macchia umana?
“Non ho scelto io il romanzo, me lo ha proposto Emons e devo dire che mi sono trovato più che bene con loro: hanno grande cura, istinto e attenzione”.

In qualche modo si è sentito connesso alla vicenda narrata nel romanzo di Roth?
“Una delle chiavi portanti è un ‘segreto’ che si mantiene a lungo, quasi per una vita. Ognuno di noi, qualche volta, può aver provato questa sensazione che, nel caso del protagonista del romanzo, è estrema. Questa è stata una connessione di partenza molto preziosa. I segreti spesso sono ‘colpe’ che si espiano a volte più faticosamente di una condanna pubblica: sei obbligato a mille accorgimenti, bugie che sviluppano forme di paranoia, lacerazioni interne, una vita in continuo stato di allerta”.

Ci sono libri e letture che hanno segnato la sua esistenza?
“Difficile rispondere, sono tanti. Su un ipotetico podio metto Kafka, Céline e Shakespeare, ma non significa nulla. Ho quasi sempre amato gli autori con cui ho avuto a che fare, soprattutto non per lavoro”.

Qual è la relazione tra teatro e letteratura?
“Può diventare teatro anche un trattato scientifico, è più difficile il contrario. Il teatro ha molta capienza, esiste da millenni, può inglobare tante cose, compreso un romanzo, ma poiché bisogna fare i conti con l’autore è importante intuirne il potenziale scenico. Quando in un libro senti anche un suono, una voce, è già un buon inizio per tentare il connubio”.

Ha lavorato per molti anni al fianco di Luca Ronconi. Cos’ha imparato da lui?
“Luca era un artista viscerale e un intellettuale coltissimo, un amico, un uomo molto spiritoso e mi manca tantissimo. Era sempre in anticipo sul pensiero di chiunque e mi ha chiarito e fatto scoprire tanto. Mi ha reso più consapevole e rigoroso”.

Qual è stata la trasposizione di un’opera letteraria più difficile da interpretare? 
Pornografia di Witold Gombrowicz, proprio con la regia di Ronconi. Luca si esaltava in questo tipo di operazioni, teatralizzava l’impossibile e in questa gara con sé stesso era difficile tenere il suo passo”.

E quale l’autore letterario le cui opere, adattate per il teatro, l’hanno più affascinata?
“Mi sta appassionando in questo momento il libro del giudice Elvio Fassone Fine pena: ora, un carteggio tra un giudice e un detenuto che ha mandato all’ergastolo. Lo stiamo mettendo in scena diretti da Mauro Avogadro, regista e attore, nonché storico collaboratore di Ronconi. La drammaturgia è opera di Paolo Giordano, anche lui romanziere, per cui ancora letteratura che incrocia il teatro!”

 

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