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Sulla “pancia del paese” e sull’abuso delle frasi fatte

parlamento

Berlusconi parla alla pancia del paese”. “Grillo fa leva sulla pancia del paese”. “È essenziale ormai saper parlare alla pancia del paese”. Quante volte abbiamo sentito giornalisti o commentatori politici esprimersi in questi termini? Siamo di fronte a un’altra frase fatta, ormai in larghissimo uso sia in televisione sia sulla carta stampata.

Ma cosa si intende per “pancia del paese”? Proviamo a fermarci un momento e ad analizzare il processo storico che ha portato alla diffusione di questa barbarie linguistica. Negli anni Novanta e nei primi anni Duemila era in uso nella comunicazione politica un’altra frase che sicuramente ricorderete: “partire dal basso” o anche “ricostruire dalla base”. Il “basso” era utilizzato in qualsiasi tipo di comunicazione politica. Chi non l’ha letto almeno una volta su manifesti o quotidiani?

Specchio di una società piramidale, in cui “l’alto” concepiva una comunicazione a misura del suo gergo sociale. Ma la “base” allora, ancora figlia di tutti quei movimenti culturali dei precedenti decenni che portarono un avanzamento nel campo dei diritti civili, almeno presupponeva o faceva riferimento a una certa solidità e ampiezza. Elementi su cui si poteva contare per stabilire un dialogo o una connessione con la realtà.

Ora quella connessione si è totalmente persa, la base si è sfaldata e il basso si è trasformato in qualcosa di più triviale. Non so cosa venga in mente a voi, ma quando sento le parole “pancia del paese” la mia fantasia vola a quella commistione di volgare e colto che furono le figure di Gargantua e Pantagruele, di Zanni e Brighella.

Una triste, triste commedia dell’arte in cui gli elettori vengono raffigurati come profittatori incolti, attenti solo a mantenere quei pochi privilegi (che peraltro qualcuno chiamerebbe diritti), spesso a discapito del bene comune.
Se fossi al posto degli uffici marketing di aziende farmaceutiche che producono medicinali per la cura di stati infiammatori intestinali, probabilmente a questo punto, data la frequenza con cui si legge o si sente pronunciare la frase “pancia del paese”, inizierei a pensare a una nuova sperimentazione di messaggi pubblicitari subliminali.
Però resterebbe poi il dubbio: se l’incremento nella vendita dei farmaci possa essere legato alla diffusione dei messaggi pubblicitari stessi, o non piuttosto al disgusto che gli spettatori televisivi, o i lettori di quotidiani, o gli internauti, provano nell’essere bombardati da inviti ai sommovimenti intestinali.
E infine, per disperazione, raccoglierli anche con una certa sollecitudine.

Pensate quali meravigliosi sorti e progressive per la comunicazione. In questa barbarie linguistico anatomica si potrebbe poi scendere via via alle “vene varicose del paese” e poi all’ “alluce valgo del paese”.

Ma qualunque direzione prenda la storpiatura della lingua, sottoscriviamo quello che ha detto Nicola Piovani:
“Se mi permettete lo dico, ragionare con la pancia è come cantare con il culo”.

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