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Il paradosso di Achille

achille mauri

Solo chi della vita conosce l’allegria, può passare la soglia più importante e andarsene a spasso divertito e ancora curioso di quello che non sa. Con il precedente Anime e acciughe, Achille Mauri, presidente della Messaggerie Italiane, aveva preso per mano e condotto i lettori nell’aldiquà, dove cioè soltanto gli scrittori sanno andare, dove Dante e Orfeo osavano incamminarsi, intrepidi, in cerca dell’amore.

Con il sequel, dal titolo Il paradosso di Achille (sempre edito da Bollati Boringhieri), Mauri ci dice che quel viaggio era solo l’antipasto, che non c’è nessuna fretta di tornare vivi. L’eternità d’altra parte consente allungatoie e godimenti: è il vantaggio di aver lasciato a casa – o dall’altra parte della vita – l’orologio.

Nel nuovo libro Achille è ormai una celebrità, tra i trapassati. Ha una nuvola di acciughe che lo segue, lo strascico più allegro e strambo che mai si sia visto all’altro mondo. e in quanto celebrity è invitato a convegni in giro per l’ultramondo. Di amore discetta con Shakespeare e Wanda Osiris. Interviene, accorato, sull’immigrazione, insieme a Platone, Eschilo e, tra gli altri, Zygmunt Bauman. E ancora la solitudine e, commosso e divertito, la vecchiaia.

L’autore racconta del paradosso che ci rende umani, quello che in fondo ci fa amare la morte perché rende la vita più importante, perché ci fa gustare con allegria ogni giorno che viviamo.

 

 

 

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