L’ora del mondo (Hacca), il nuovo libro di Matteo Meschiari, si ispira al folklore celtico – ibridato con tematiche antropologiche come l’animismo – ed è una cosmologia inventata che si radica in luoghi reali, l’Appennino settentrionale, che l’autore conosce sin dall’infanzia.
Il mondo che circonda Libera, la protagonista del romanzo, è formato dalla storia geologica e antropologica dei crinali di arenaria e dei boschi di faggi, un paesaggio fisico e mentale che funziona come un’alternativa visionaria all’Appennino troppo spesso dimenticato o stereotipato nella letteratura del Novecento.
Ispirato a I semidei e i Racconti irlandesi di James Stephens, L’ora del mondo è l’affermazione dell’entropia, un universo di esseri primigeni e ibridi che rischia di dissolversi, una mitopoiesi che riflette sul male che la gente fa a se stessa, agli altri, alle bestie, alla terra.
In equilibrio tra epica ambientale, racconto filosofico e favola dell’incanto e del disincanto, l’autore fonde stili diversi.
Meschiari, classe ’68, antropologo, geografo e scrittore, ha pubblicato diversi libri, tra cui Sistemi selvaggi. Antropologia del paesaggio scritto (Sellerio, 2008), Spazi Uniti d’America. Etnografia di un immaginario (Quodlibet, 2012) e Nelle terre esterne (Mucchi 2018).