Il mito del senso nell'opera di C.G. Jung
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Tradotto da: Maria Anna Massimello
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Sinossi
La domanda «perché si vive?» è antica quanto l’umanità, il tentativo – sempre rilanciato – di affrontare un mondo avvolto da enigmi. Carl Gustav Jung maturò la convinzione che la domanda sul senso abbia una funzione cruciale: lì ciascuno gioca il valore, o disvalore, della propria vita. Sapeva benissimo di avere a che fare con una questione che non può avere una risposta, e che anzi ogni formulazione è un mito che l’uomo elabora per gestire un dilemma insolubile. Eppure la domanda sul senso lo toccava al livello più profondo.
Prendendo le mosse dall’esperienza terapeutica, Jung si convinse che – in molti casi – i suoi pazienti erano nevrotici solo perché soffrivano di quella che definiva «la nevrosi generale del nostro tempo»: un sentimento sempre più dilagante di insensatezza della vita. Nella maggior parte dei casi esso si accompagnava al sentimento di un vuoto religioso. A suo avviso, infatti, nessuno guarisce davvero (e nessuno trova un senso) «se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso», il quale «naturalmente non ha nulla a che vedere con la professione di una fede o con l’appartenenza a una Chiesa».
Aniela Jaffé ci svela che cosa Jung contrappose, in quanto «senso», al «non senso» della vita. Lo fa recuperando e dialogando con i temi centrali del pensiero junghiano: gli archetipi, l’inconscio, i sogni, le immagini interiori, i miti della religione, il sacro, l’alchimia, l’arte. Nessuna scienza (biologia, fisica, leggi del cosmo) può offrire, secondo Jung, risposte adeguate in merito al senso della vita. Ma neppure può fornirle un’interpretazione dei contenuti psichici che si basi esclusivamente su vicende di vita personali. Il senso è un’esperienza di totalità: presuppone sia la realtà, quella che ciascuno vive nel tempo, sia una qualità eterna della vita; le esperienze personali ma anche la trascendenza. Se manca la tensione tra queste due dimensioni, si genera «un sentimento di accidentalità e d’insensatezza che ci impedisce di vivere a vita con quella ricchezza di significati che essa richiede per essere completamente vissuta».
- ISBN: 8833944727
- Casa Editrice: Bollati Boringhieri
- Pagine: 176
- Data di uscita: 02-05-2025
Recensioni
Do people need meaning? According to Aniela Jaffe’, almost 1/3 of Jung’s cases were related to patients with problems related to a lack of meaning in their lives (p. 12). Jung contended that religion protects against “meaninglessness” (p. 13) according to Jaffe’. In The Myth of Meaning in the Work o Leggi tutto
A great concise treatment of various aspects of Jung's thinking from one of his students who also became his co-(auto)biographer. It condenses a variety of Jung's ideas; which is useful since it is harder to glean the same from Jung's own voluminous works. It leads up to Jung's ideas about the meani Leggi tutto
THis is a beautiful and well put, but most importantly approachable formalization of Jung's beliefs regarding meaning, soul, and Man's innate nature. Its approachable and a good read, but not particularly inspiring, because Miss Jaffe does not put any of herself into the writing. It is a very sincer Leggi tutto
Dense and difficult, but once in a while, I can feel my mind crack open in understanding.
An interesting read in the search for meaning. Personally, I feel this book may have inched me from the position of what Nietzsche may have labelled a person as an "active nihilist" toward an existentialist. This book is an excellent follow up to the writings of Albert Camus' "The Myth of Sisyphus," Leggi tutto
Assimilation Good assimilation of Jung's thoughts on meaning from one of his three Valkyries, Aniela Jaffe. She has a very good overview of a wonderful topic. Her hints are very helpful in this paradoxical curative field.
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