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“Un libro di una libertà sfrenata e scandalosa”: perché (ri)leggere Pippi Calzelunghe

Se per caso da bambini non avete letto Pippi Calzelunghe – ma anche se l’avete letto – probabilmente dovreste rileggerlo, adesso. E se avete delle bambine o dei bambini a portata di mano, Pippi Calzelunghe potrebbe essere un regalo bellissimo. Per me lo è stato, almeno; sia allora, che oggi.

Ricordo lo spalancarsi sorprendente di piacere e di libertà della mia prima lettura, quando ero una bambina snob e piena di pregiudizi, e mi sentivo troppo grande per un libro così evidentemente rivolto ai piccoli – quanti anni avrò avuto? dieci, forse, ma avevo appena finito Orgoglio e pregiudizio, il che imprudentemente mi faceva sentire matura e navigata. Non ci avevo più ripensato, però a quella sorpresa, finché non l’ho ripreso in mano, nella nuova edizione Salani in cui ritrovo la delizia delle illustrazioni sghembe che ricordavo.

Ho riletto, in questi mesi, parecchi classici dell’infanzia: molto spesso, rileggendoli, ho scoperto dei libri splendidi, e altrettanto spesso li ho trovati profondamente inquietanti. Molti, considerati classici per bambini per ragioni accidentali, riletti da adulti aprono spiragli perturbanti. Ho avuto a volte il sospetto che gli autori di questi libri bellissimi, come esuli, raccontassero storie di bambini con quel senso di perdita che rende l’infanzia un vero luogo letterario. Pippi è diverso. È un libro di una libertà sfrenata e scandalosa, e questo doppio fondo oscuro del rimpianto per le cose perdute, non ce l’ha; forse, anche perché è nato dall’idea di una bambina vera. Astrid Lindgren infatti scrisse le avventure di Pippi dopo averle raccontate ogni sera, per mesi, alla sua bimba malata e poi convalescente; fu proprio lei a inventare il nome magnifico e assurdo dell’eroina con le treccine rosse e le scarpe lunghe esattamente il doppio dei suoi piedi.

Pippilotta batti l’occhio Viktualia Rullgardina Succiamenta Efraisilla Calzelunghe è una bambina, più che strana, straordinaria. È ignorantissima e saggia, generosa e tenera, senza voler essere buona; un’artista della bugia, come dice lei stessa. Racconta frottole enormi che poi si scoprono vere, o qualche volta no – ma non fa niente, perché quando iniziamo a seguirla il mondo come lo conosciamo smette di esistere: siamo già in un paradosso, da cui può seguire il vero come il falso, e non è più importante, tanto ormai siamo con lei, nel libro. Come dicono Tommy e Annika, i due ragazzini che abitano nella casa accanto a Villa Villacolle, e insieme alla loro vicina vivono mille avventure senza mai sognarsi di voler diventare come lei: con Pippi, non si sa mai. Da lei ci si può aspettare qualsiasi cosa, e in questo c’è un che di terribile e affascinante insieme. Perché ragiona con la logica ferrea, sfrenata e spiazzante del gioco, e nessuno è poi in grado di replicarle niente, nemmeno gli adulti più noiosi, nemmeno i poliziotti, le maestre, i benpensanti della città, i ladri o le vecchie zitelle che fanno beneficenza. È sola, ma con una sua strana logica ferrea, che si trova solo nei bambini o nelle persone davvero bizzarre, ha dei suoi sistemi per trattare se stessa come se fosse un’altra.

Ha un immenso carisma – che esercita, su bambini animali e marinai, con bonaria parsimonia. È, soprattutto, forte: eccezionalmente forte, inspiegabilmente forte. Pippi ha una scimmietta e un cavallo, che solleva di peso senza il minimo sforzo. Questa forza incredibile – e improbabile, a voler essere pignoli: ma Pippi non permette a nessuno di essere pignolo – nelle sue ipnotiche avventure, di tanto in tanto viene sfoderata all’improvviso, a sorpresa, a risolvere situazioni ingarbugliate. Tutti gli aspetti più eversivi di un personaggio come Pippi – cioè, in poche parole, tutte le sue caratteristiche, compresa la forza straordinaria – sono così incisivi e allo stesso tempo, nella logica sbilenca che li regge, così concreti, perché sono anche, implicitamente, inimitabili: e questo perché Pippi Calzelunghe non nasce per essere un modello per i bambini o per le bambine, non richiama emulazione ma solo ammirazione per la sua indefinibile assurdità. Pippi è un personaggio indimenticabile perché è a tutti gli effetti il personaggio di una storia inventata per essere raccontata, non meditata. E se c’è una morale, in questa storia nata per una bambina che non voleva dormire, sta proprio nell’assenza di morale, nell’assenza di messaggi e di prescrizioni. Se Pippi insegnasse qualcosa, insegnerebbe proprio a non cercare insegnamenti, ma a vivere, immaginare, inventare, raccontare avventure senza farsi dire da nessuno come dovrebbero o non dovrebbero essere.

Delle storie raccontate per gioco, Pippi Calzelunghe ha l’incanto e anche l’inconcludenza, quel senso dilatato di allegria demenziale che finisce nel sonno; e persino la malinconia del finale ha qualcosa di inevitabile e di rassicurante, come addormentarsi con un pensiero felice.

Ilaria Gaspari – foto di Angelo Palombini

L’AUTRICE – Ilaria Gaspari, classe ’86, si è diplomata in Filosofia alla Scuola Normale di Pisa e ha debuttato nel romanzo con Etica dell’Acquario (Voland).
Qui i suoi articoli per ilLibraio.it.

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