Il diritto all’allegria (Nottetempo) dello scrittore uruguaiano Mario Benedetti, pubblicato nel 2007, due anni prima della morte, può essere considerato il suo testamento. L’amore, l’esilio, la politica, l’ateismo, la semplicità: temi cari allo scrittore, sempre presenti nei suoi romanzi, sono qui affrontati con un taglio più personale. Una breve sezione finale raccoglie aforismi e giochi di parole, dove l’autore fa emergere la sua ironia e difende il diritto all’allegria.
L’ironia e la tenerezza, l’estro e la malinconia di Mario Benedetti, romanziere e poeta, figlio di immigrati italiani, trovano il loro culmine in questo libro pubblicato solo pochi anni prima della sua morte. Composto di brevi testi in cui si alternano racconti e riflessioni, aforismi e giocose intemperanze della lingua, elogio della vita e ricognizione della morte, le minuzie di ogni giorno e le grandi domande inevase dell’esistenza, Il diritto all’allegria è una collezione dei temi, delle passioni e delle ossessioni dello scrittore uruguaiano, messaggi in bottiglia lanciati dalla “chiatta dell’utopia”.
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“Abbiamo diritto all’allegria“, scrive Benedetti, “A volte è fumo o nebbia o un cielovelato. Ma dietro questi contrattempi c’è lei, in attesa. Nell’anima c’è sempre una fessura a cui l’allegria si affaccia con le pupille spalancate. E allora il cuore si fa più vivace, abbandona la quiete ed è quasi uccello”. Tra déi latitanti e rapaci padroni della terra, guerre e mercati, in mezzo all’assurdità di questo “millimetro di universo che ci è toccato in sorte”, Mario Benedetti irride ogni potere e salva quello che resiste: alberi, uccelli, stupori, i sentimenti che danno “colore al mondo”, la vertiginosa fragilità dell’essere umano, i piedi degli scalzi, le parole che respirano “all’aria aperta”, fuori dai dizionari. E, non ultimo, l’irriducibile “diritto all’allegria”, malgrado tutto.