“Amavo qualcuno perché ne ero ossessionato, ed ero ossessionato da qualcuno perché lo amavo con tutto il mio cuore disperato”. “Amico mio”, secondo romanzo di Gianmarco Perale, racconta l’amicizia esclusiva e totalizzante di Tom per il suo compagno di classe Poni. Un’amicizia che lo ossessiona a tal punto da portarlo a compiere gesti estremi… Su ilLibraio.it la riflessione dell’autore

Una cosa su cui ho ragionato scrivendo questo testo è l’assenza di controllo. In questo mio secondo lavoro (e come nel mio primo, se ci penso bene), do vita a Tom lasciandomi stupire dalle sue scelte e dalle sue improvvise variazioni, e rimanendogli accanto come in un lungo piano sequenza.

Rimanendo a guardare agire un ragazzino cresciuto senza padre e caricatosi di responsabilità che non gli competono (essere l’uomo di casa, la necessità di sentirsi all’altezza, proteggere chi ama, ecc.).

Quando opero nella mente di Tom (cioè quando io divento Tom (o meglio, quando io ritorno Tom) lo lascio libero di esprimersi senza programmi. Lui entra in scena e si muove come meglio crede, parlando di quello che vuole, ossessionandosi come e quanto vuole, e solo io autore tengo il suo laser ben puntato verso la fine del libro (che non so quando arriverà). Lui ha un obiettivo che non prevede alcuna fine, e solo io so che questa fine prima o poi arriverà, inesorabile, e nessuno dei due, né io né lui, ne conosciamo i tempi. E così, Tom nella sua ingenuità e io accanto a lui, camminiamo verso la sua distruzione nei tempi che gli servono per dire, agire, piangere le cose che ama come se la sua totale incoscienza.

Per quanto riguarda il mio stile, questo minimalismo per certi versi estremo (retaggi adolescenziali, letture ossessive di Hemingway, Carver, Kristóf) è una scelta che mi condiziona in negativo e in positivo. Spesso non mi lascia campo, respiro, e pretende sacrifico. Ma dall’altra parte mi restituisce precisione e chiarezza, determina il mio gusto, il mio senso estetico-letterario. Per me è importante vedere con nitidezza quello che accade attraverso le azioni, i piccoli gesti. Analizzarli. Motivarli. Preferisco il poco, ma (si spera) fatto bene. Pulito, semplice. Un gesto banale come pulirsi la bocca con un tovagliolo assume molta importanza perché ho scelto proprio quel gesto, e non un altro.

La lente di ingrandimento è finita su quel gesto e la sua importanza aumenta quando il personaggio se ne accorge o afferma di averlo fatto. E quando rileggo una descrizione e un dialogo poveri, spogli, tutto mi appare più nitido e mi sento soddisfatto (per un po’, fino alla prossima rilettura).

La cosa più importante è l’ossessione. Come per Tom (il protagonista di questo romanzo), tutte le cose che nella vita mi hanno interessato seriamente lo hanno fatto in quanto ossessione. Verso i sedici anni, gli autori che amavo, li amavo perché inequivocabilmente ossessionati, disperati, condannati, malati. Nel periodo della loro scoperta ne ero ossessionato così fortemente (per alcuni di loro lo sono tutt’ora), da trascrivere e imparare a memoria frasi e talvolta intere pagine dei loro scritti, interviste etc.

Da ragazzino mi ossessionavo (mia madre mi definiva “appassionato”) di cose varie, da una carta Pokémon a un amico, per più o meno brevi periodi di tempo. Alcune cose rimanevano nella mia testa per mesi. Alcune lo sono rimaste per anni. Un sentimento che provavo (amore, amicizia, odio) ha sempre avuto un alto grado di valore in relazione all’ossessione che avevo per quella persona. Amore e ossessione non hanno mai avuto alcuna differenza nella mia testa. Amavo qualcuno perché ne ero ossessionato, ed ero ossessionato da qualcuno perché lo amavo con tutto il mio cuore disperato.

In quello che scrivo c’è perciò un’ossessione inesauribile e demoniaca, perché quello che provano i personaggi ossessionati a cui do vita, io lo posso capire, sentire, stringere. L’ossessione, le fissazioni per qualcosa di minimo, la violenza e il sadismo verso qualcosa o qualcuno, la rabbia per il non poter avere, controllare e condividere, il farsi del male, sono tutte cose che fanno parte della mia giungla. E quando scrivo la loro vita, sto ogni volta riscrivendo la mia.

Amico mio Gianmarco Perale

L’AUTORE E IL LIBROGianmarco Perale è nato nel 1988 e vive fra Milano e Venezia. Il suo romanzo d’esordio, Le cose di Benni (Rizzoli), è stato finalista al Premio POP, al Premio Severino Cesari e nella cinquina finale del Premio Flaiano under 35. Ha lavorato con Walter Siti al podcast Perché Pasolini? realizzato da Chora Media.

Amico mio (NN edizioni) è il suo secondo romanzo. Il libro narra la storia di Tom, un tredicenne che nutre un’amicizia esclusiva e totalizzante per il suo compagno Poni. A scuola e agli allenamenti di calcio cerca solo lui, gli riserva attenzioni costanti ed è geloso degli altri. Poni è quasi costretto a ricevere (o subire) il suo affetto. Ma quando un giorno Tom spacca il naso a un compagno per difendere il fidato amico finiscono entrambi dal preside e il giovane protagonista viene costretto suo malgrado a cambiare classe

Negli ultimi giorni insieme, la feroce amicizia di Tom si riversa su Poni, che inizia a prendere le distanze. Terrorizzato all’idea di perderlo, Tom lo attira nella casa vuota della nonna per trovare un tesoro nascosto, che in realtà non esiste. Quando Poni capisce l’inganno, Tom lo sequestra rinchiudendolo in una stanza. In un crescendo senza tregua, Gianmarco Perale ci conduce in un viaggio fatto di ossessione, incomunicabilità e straziante gelosia

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