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Gore Vidal, una vita da film: l’opera di un autore controcorrente

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Gore Vidal, uno degli intellettuali più importanti del Novecento americano, voce controcorrente e spesso al centro di feroci critiche, tornerà presto in libreria con una nuova edizione de L’età dell’oro (Fazi, traduzione di Luca Scarlini).

A cinque anni dalla sua scomparsa, Netflix sta concludendo le riprese di un film sulla vita di Gore Vidal, interpretato sullo schermo da Kevin Spacey. La pellicola, ambientata negli anni Ottanta, racconta l’epoca in cui l’autore ha vissuto in Italia, tra Roma e Ravello, dove ha acquistato anche una proprietà.

Nato nel 1925 a West Point, dove il padre è istruttore  aeronautico, Eugene Luther Gore Vidal cresce  accanto alla madre alcolizzata, che da adulto criticherà aspramente. Trascorre molto tempo con il nonno, il senatore democratico dell’Oklahoma, Thomas Pryor Gore che non ha la vista. Per questo motivo il giovane Gore Vidal gli fa da assistente, leggendo per lui  lettere e libri. In questi anni giovanili nasce l’interesse dello scrittore per la politica statunitense, caratterizzato dalla visione antimperialista e isolazionista.

Durante la sua carriera ha più volte criticato le politiche degli Usa e non ha risparmiato parole aspre per definire il partito Repubblicano, definendolo “un’ideologia, come quella di Hitler” e sottolineando che “l’unico modo per controllarlo è con il terrore”, in occasione di un’intervista a The Indipendent.

A quattordici anni incontra il suo primo amore, il suo compagno di collegio Jimmy Trimble, con cui intrattiene una relazione fino a quando la guerra costringe i due a separarsi e, nello sbarco a Iwo Jima, Jimmy, la “sua metà”, perde la vita a soli 19 anni. A lungo Vidal piange il compagno e scrive un romanzo, La statua di sale, in cui immagina cosa sarebbe successo se Jimmy fosse sopravvissuto alla guerra e la coppia si fosse riunita alla fine del conflitto.

L’opera viene accolta con freddezza, parte della critica si rifiuta persino di recensire la storia di due giovani uomini omosessuali. Vista la pessima accoglienza riservata al romanzo, Vidal lavora per la tv e il cinema: in questi anni scrive anche due libri, Il giudizio di Paride e Messiah, e nel 1956 si occupa della sceneggiatura del colossal Ben Hur. Inoltre si dedica alla politica, appoggiando l’elezione di Kennedy.

Negli anni Sessanta si trasferisce a Roma, dove lavora a Giuliano, sulla vita dell’Imperatore Apostata. Dopo questo romanzo, nel 1967 dà alle stampe Washington D.C., con cui si apre la serie Narratives of Empire, in cui racconta l’epopea americana dai padri fondatori alla guerra fredda. La serie si completa con Burr (del 1973), Lincoln (pubblicato nel 1984), Il Candidato (del 1976), Impero ( del 1987), Hollywood (del 1990), e L’età dell’oro (pubblicato nel 2000).

Inoltre, nel 1968, pubblica la commedia Myra Breckinridge, la cui protagonista è una donna transessuale. Sul tema della sessualità Gore Vidal si è spesso espresso durante le interviste: nonostante non abbia mai fatto mistero del suo amore per Jimmy Trimble e poi della sua convivenza, durata cinquant’anni, con Howard Austen ha ammesso di non essersi mai definito “gay, perché nessuno lo è”. E ha definito le distinzioni “futili”, facendo riferimento all’Impero romano dove non esistevano “differenze tra eterosessuali e non”.

Negli anni lo scrittore ha continuato a collaborare con il cinema e la tv e a dedicarsi anche alla stesura di saggi, oltre a prestare molta attenzione alla politica del suo paese. In particolare ha aspramente criticato i governi Bush e non ne ha risparmiate nemmeno a Obama, ritenendo fin troppo morbide le sue posizioni nei confronti degli oppositori repubblicani.

In una delle ultime interviste rilasciate, all’Atlantic, Gore Vidal ha dimostrato di non aver perso la vena sagace e ribelle definendo “la menzogna e il tradimento” come i veri valori americani.

Dopo la scomparsa del compagno, nel 2005, ha venduto la villa a Ravello ed è rientrato in patria, dove si è spento a 87 anni nel 2012 a causa di una polmonite.

 

 

 

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