Torna la rubrica “Il quadernino dell’ingegnere”, questa volta dedica a “Il racconto dell’ancella”, il romanzo distopico di Margaret Atwood da cui è stata tratta la serie tv omonima. E si parla anche di “Zombie Run!”, una della app di fitness più strane in circolazione, ideata da un’altra scrittrice, Naomi Alderman, e a cui la Atwood ha collaborato…

Ogni anno, a fine settembre, l’Associazione delle Biblioteche Americane pubblica la lista dei libri più contestati dell’anno: i titoli che hanno ricevuto più proteste da parte di genitori ipersensibili, che trovano il libro inadatto ai loro figli perché troppo esplicito/radicale/antireligioso. È una lista sempre piena di spunti interessanti: se un libro fa arrabbiare molti, spesso è perché ha qualcosa di vero da dire.

{book} Il racconto dell’ancella, Margaret Atwood, Ponte alle grazie

Il racconto dell’ancella, di Margaret Atwood, è uscito nel 1985 e da allora è spesso presente in questa lista, più volte sfidato e censurato. È il libro più famoso della scrittrice canadese, tornato in classifica in America l’anno scorso, dopo le elezioni presidenziali: alla marce anti Trump il cartello più bello diceva “Make Margaret Atwood Fiction Again”. In Italia è sempre stato meno letto di quanto meriti: l’ottima serie TV Hulu, trasmessa in Italia da TIMVision, avrà il merito di far scoprire a molti un libro di rara intensità.

Le prime pagine del libro ci portano in una stanza sconosciuta, di notte: a raccontare la sua storia è Difred, un’Ancella dello stato di Galaad. Quale sia il suo ruolo, quale l’ordine sociale, quali le regole e i riti che governano la vita di Difred lo scopriamo a poco a poco. Parte della forza del libro è il modo in cui svela con lentezza, con uno stile spezzato e netto, cosa succede a Galaad.

Il racconto non è un libro di fantascienza: non ci sono astronavi, alieni, tecnologie strane. La Atwood scrive narrativa speculativa, e la sua immaginazione è guidata da regole precise. In una lettera al sovraintendente della scuola texana che vieta il Racconto nelle classi, la Atwood scrive: “Nel mio libro non ho messo niente che gli essere umani non abbiano già fatto. Forse non è un bel ritratto, ma è il nostro ritratto.” L’obbligo per le classi sociali di vestirsi in un certo modo (con una stella gialla sul petto, per dirne una), il divieto di leggere per gli schiavi nel diciannovesimo secolo, i figli delle desaparecidas argentine cresciuti dalle mogli dei generali, le esecuzioni pubbliche che hanno luogo ancora oggi in Nord Corea o in Arabia Saudita: la Atwood non ha dovuto inventarsi un granché, per Galaad.

Tradurre in immagini Il racconto non è impresa banale: Hollywood ci avevano già provato con un film, con la sceneggiatura di Harold Pinter, futuro Nobel per la letteratura. Nonostante il prestigio di autrice e sceneggiatore, non si riusciva a trovare un’attrice che accettasse il ruolo, in una storia troppo dura, troppo esplicita, troppo femminista. Il progetto fu salvato dall’intervento inaspettato di Sigourney Weaver, reduce dal successo di Alien, che trova finanziatori e regista. Ma rimane incinta prima delle riprese, e il ruolo di Difred verrà preso alla fine da Natasha Richardon, figlia di Vanessa Redgrave. Il film, che esce nel 1990, fu un grosso insuccesso: la scelta di interpretare la storia come un thriller melodrammatico (a sfondo sessuale) e di rinunciare al monologo interiore (Pinter odiava il voiceover) fa perdere al film l’umanità di Difred e la tensione narrativa del romanzo.

La serie tv affronta in altro modo la sfida della trasposizione, riuscendo a gestire bene i punti di forza della narrazione seriale, diversi da quelli della pagina scritta. Non è una questione di “è sempre meglio il libro”: guardiamo una serie TV cercando qualcosa di diverso da quello che troviamo in un romanzo, ed ogni traduzione è inevitabilmente un tradimento. La serie Hulu tradisce il libro nel modo giusto: le prime puntate non sono meno intense delle prime pagine del libro, ma la Difred interpretata da Elizabeth Moss è diversa da quella del romanzo. I momenti più forti della lettura sono quelli in cui inorridiamo in silenzio per cose che Difred non nota neanche: è la distanza tra la nostra sensibilità e la sua realtà, che l’ha abituata poco alla volta a cose che non pensiamo possibili. (O che non vogliamo pensare possibili). La Difred sul piccolo schermo è invece più vicina a noi, più consapevole, quasi pronta a una ribellione, inimmaginabile nel romanzo: l’Ancella di Hulu è un po’ più vicina alla Katniss di Hunger Games, pronta a combattere. E questa forza interiore, questo potenziale di riscatto, regala allo spettatore alcune delle scene migliori della serie.

Ma questa maggiore propensione all’azione non viene a discapito della forza delle idee della Atwood: la poetessa americano-saudita Majda Gama ha raccontato di non essere riuscita a dormire dopo aver visto i primi episodi della serie: per le donne saudite (che non votano, non guidano, non hanno passaporto), il mondo di Galaad rimane troppo vicino alla realtà quotidiana.

Allora è meglio guardare direttamente la serie? No: per questa volta, meglio il libro! Nelle prime puntate la serie svela già quasi tutto quello che l’autrice ha immaginato: il piacere della lettura della Atwood viene anche dalla lentezza con cui capiamo cosa sta succedendo. Il racconto dell’ancella rimane un libro fenomenale, e la Atwood un’autrice che dovrebbe avere un Nobel sul comodino da un bel po’. Leggere Il racconto è un’esperienza che non si dimentica.

E la serie può aspettare che abbiamo finito di leggere: non ci darà meno soddisfazione se ci arriviamo a libro chiuso. Anzi: gli sviluppi della trama, che segue anche le vicende di personaggi che nel libro perdiamo di vista, ci appassioneranno ancora di più.

Il racconto dell’ancella

{tech} Zombie Run!, iOS e Android, Six to Start

La scrittrice inglese Naomi Alderman, amica e protégé della Atwood, è conosciuta soprattutto per l’ottimo Ragazze elettriche, da poco pubblicato in Italia da nottetempo. Meno noto è che la Alderman lavora anche come autrice di videogiochi, e che è la mente creativa dietro ad una della app di fitness più strane in circolazione: Zombie, RUN!

Se avete mai provato un’app di corsa, sapete che in genere una voce gentile nelle cuffie vi dice a che velocità state andando, quanti chilometri avete fatto, se state correndo meglio o peggio della vostra media: magari vi incoraggia anche con qualche “Complimenti! hai fatto il tuo record personale sugli ultimi 20 metri in discesa. Sei bravissimo!”.

Zombie Run ha un approccio leggermente diverso, come potete intuire: sceglie la strada di terrorizzarti con storie di zombie. Mentre corri, la voce nelle cuffie ti racconta che vivi in un mondo distrutto da una apocalisse zombie, che il centro di comando ti vede da un elicottero, e che puoi dare una mano alla resistenza correndo a più non posso. Ti chiami Runner 5.

La Alderman ha creato un mondo narrativo per farci sudare: nello story mode, ogni sessione di corsa è una missione, di circa 30 minuti. Bisogna recuperare delle medicine, salvare una bambina, attirare da qualche parte un gruppo di zombie. E bisogna sopravvivere: ogni tanto uno zombie si avvicina troppo, e devi cominciare a correre a perdifiato, con la voce che ti avvisa che lo zombie è a 50 metri, no è 20, a 10…e niente funziona come il mugolio di un non morto in cuffia per darti lo sprint!

L’app è divertente, e non ti permette di annoiarti nella corsa mattutina. Le missioni sono ben scritte, e sono tante: seguendo uno schema da serie tv, nell’app sono state pubblicate finora 6 stagioni, ognuna di 30-40 missioni.

Poteva Margaret Atwood non farsi coinvolgere in un progetto distopico così fuori di testa, gestito dalla sua sodale? Ovviamente no. E infatti ha scritto con la Alderman la sceneggiatura di una delle missioni, dove recita anche nel ruolo di se stessa: intrappolata dai non morti in una torre radio, scherza sulla possibilità di riscrivere le varianti zombificate dei suoi romanzi, e spiega quale musica attira gli zombie (Bibier) e quale li spaventa (Celine Dion)…

L’app è gratuita, puntata con la Atwood compresa: è la puntata S1 della seconda stagione. Buona apocalisse zombie e buona corsa.

{Le note a piè di pagina}

Il libro e l’app.

La foto in apertura: (c) Hulu.

Come vedere la serie TV su Timvision (che ha un periodo di prova gratuito).

Il Racconto dell’Ancella ha inspirato molte recenti battaglie a favore dei diritti delle donne, soprattutto negli Stati Uniti: qui una rassegna delle più recenti, e qui un abito da Ancella venduto da uniqlo, per la vostra prossima marcia di protesta.

“First, I would like to thank those who have dedicated themselves so energetically to banning my novel, “The Handmaid’s Tale.” It’s encouraging to know the written word is still taken so seriously.”: la lettera aperta alla scuola texana che ha vietato il libro nel 2006: http://www.freerepublic.com/focus/f-news/1613902/posts

Netflix aveva rifiutato il progetto del Racconto dell’ancella: rimedierà all’errore con la produzione di un’altra serie tratta dalla Atwood, ambientata nel Canada del 1840: L’altra Grace.

Il celebre finale del libro (che difficilmente vedremo nella serie TV) è stata recentemente ripreso dalla Atwood, che ha scritto una nuova parte per l’edizione americana dell’audiolibro prodotto da Audible. “Le radici del mio libro sono parlate: la storia di Difred è raccontata, non scritta. Sono stata felice di proseguire la storia con una nuova parte, pensata specificatamente per essere ascoltata”, ha detto l’autrice. Che ha recitato per alcune battute del nuovo finale.

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