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Un classico moderno tenuto a lungo nel cassetto: la riscoperta di “Olivia” di Dorothy Strachey

Olivia di Dorothy Strachey

Un piccolo classico moderno: Olivia di Dorothy Strachey, che torna in libreria per astoria con la traduzione di Carlo Fruttero, è un romanzo interessante già a partire dalla sua rocambolesca storia editoriale, riassunta nell’illuminante prefazione di André Aciman. Scritto attorno al 1933 da una Dorothy Strachey settantenne, è stato pubblicato solo nel 1949, trovando un immediato riscontro da parte del pubblico e della critica, e due anni dopo dal romanzo è stato tratto un film di successo.

Ma cosa è accaduto tra la stesura e la pubblicazione?

Inizialmente, Dorothy ha inviato una copia del manoscritto in lettura ad André Gide, di cui lei era fidata traduttrice: la risposta, a dir poco tiepida, ha convinto Strachey a riporre sia il manoscritto sia i sogni di pubblicazione. E anche quando il libro vedrà la luce, lo farà mantenendo l’anonimato dell’autrice. Per poco, certo, perché tanti indizi permettono di risalire all’ormai ultraottantenne Strachey, ma almeno formalmente ci vuole tempo perché la donna accetti di vedere il suo nome in copertina.

Alla base di questa ritrosia c’è probabilmente il contenuto di questa “storia oscura” (p. 83): l’adolescente Olivia a sedici anni va a frequentare una scuola in Francia e qui scopre di provare desiderio per la sua insegnante, Mlle Julie. Fin dall’introduzione in parte apologetica e in minore, che punta a ridurre il valore dell’opera in quanto autobiografica, la narratrice, ormai matura, analizza quanto è accaduto anni prima e attribuisce all’ingenuità la propensione a lasciarsi affascinare da Mlle Julie.

Sono forse i suoi modi, la cultura, la condivisione della stessa passione di Olivia per la letteratura, l’arte e la musica a generare un’attrazione difficile persino da definire. Se il libro galeotto fu l’Andromaca di Racine, letto ad alta voce da Mlle Julie, anche i momenti insieme a teatro o al museo non fanno che confermare quanto l’insegnante sia simbolicamente il filtro dell’idea stessa di bellezza. Le sue parole iniziano Olivia alla bellezza e all’eleganza. Ecco perché la ragazza si strugge per le insufficienze ricevute dall’insegnante sulle sue pallide prove di scrittura e fa di tutto per meritarsi uno sguardo, una parola, un’attenzione in più rispetto a quelle rivolte alle altre compagne di scuola.

Tra di loro c’è competizione (Laura è la più intelligente in assoluto, mentre Cécile è più bella di Olivia), come tra Julie e l’altra insegnante, Mlle Cora, si notano gelosia e invidia. Mosse da cosa? Anche la risposta a questa domanda costituisce un filone narrativo di Olivia.

Parola d’ordine in questo romanzo è fantasticare, per poi autoaccusarsi. Siccome il filtro della narrazione è sempre quello di Olivia, non possiamo fidarci fino in fondo di quanto viene raccontato, perché in più occasioni la protagonista sogna a occhi aperti. Ad esempio, Mlle Julie fa davvero visita più di una volta a Olivia di notte, nella sua stanza, o si tratta solo di un’immaginazione? In ogni caso, è indubbio l’interesse compreso fino in fondo e ricambiato da Mlle Julie; si tratta comunque di un sentimento che si deve tacere.

Ecco che tutto il romanzo, profondamente introspettivo, è basato sull’autoanalisi di Olivia nel corso della sua confessione: talvolta è l’Olivia-narratrice a giudicare l’Olivia-personaggio per la sua inesperienza; in altri momenti, sentiamo direttamente i pensieri contraddittori, vividi e ossessivi della piccola Olivia, che vorrebbe disperatamente scoprire cosa significhi amare.

Dubbi dai risvolti perturbanti, pulsioni da “nascondere disperatamente” (p. 28), scoperta almeno parziale dei cambiamenti che stanno avvenendo nel proprio corpo: questo progressivo svelamento di “mondi nuovi e sorprendenti” (p. 63) è contrario alla morale dell’epoca e così si spiega il dissidio costante in cui brucia l’animo dell’ingenua ma appassionata Olivia. E se abbiamo amato, sappiamo quanto la prima volta porti con sé al tempo stesso “ebbrezza” e “paura” (p. 101), sentimenti che accompagnano la protagonista in questa accorata confessione. Benché animata da qualche sapiente colpo di teatro, Olivia vive soprattutto della costante autoanalisi della sua protagonista, portata avanti con una scrittura che omaggia i classici e si fa talvolta persino aulica.

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