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Il libro per bambini asiatici che sfida gli stereotipi di genere (e non è il solo)

questione di genere

“La cultura asiatica permette di sperimentare vie che quella occidentale non conosce”, racconta all’Huffington Post Vivek Shraya, artista e autrice canadese di origine asiatica.

Nel suo libro, The Boy & The Bindi, infatti, racconta la storia di un bambino che si sente attratto dal bindi, il puntino rosso dipinto in mezzo alla fronte delle donne induiste e gianiste in India. E decide di disegnarselo sulla fronte, nonostante sia un accessorio e un simbolo religioso prettamente femminile.

L’autrice ha aggiunto che “esistono già libri che raccontano di bambini che sperimentano al di fuori dei cosidetti ruoli di genere“, ma che non ne erano stati ancora scritti con protagonisti asiatici. Per questo motivo ha deciso di raccontare una storia che ruota attorno al bindi, un simbolo della cultura dell’asia meridionale.

Il libro, illustrato dall’artista Ranji Perera, vuole “celebrare i simboli tradizionali” della cultura asiatica e permettere ai bambini che si avventurano oltre i ruoli di genere tradizionali di vedersi rappresentati. L’idea del bindi nasce, in realtà, da un’esperienza diretta dell’autrice, che racconta di aver indossato il bindi e di aver più volte notato le reazioni dei passanti.


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L’idea alla base del libro, ossia quella del discutere la questione di genere e del raccontare la storia di bambini che fin dall’infanzia non si sentono rappresentati dal genere in cui sono nati, o si sentono attratti da abiti, accessori o abitudini solitamente apprezzate da coetanei del sesso opposto, è condivisa anche da altre opere solitamente indirizzate a un pubblico occidentale.

Un esempio è I am Jazz, libro scritto da Jazz Jennings, adolescente transgender che ha anche partecipato a un reality show, e in cui racconta la sua storia attraverso un’opera illustrata e indirizzata a i più piccoli. Perché lei stessa ha scoperto a soli due anni di essere una bambina intrappolata nel corpo di un maschietto.

Recentemente anche la rivista National Geographic ha dedicato la sua copertina statunitense ad Avery Jackson, giovanissima transgender americana che ha raccontato, in un’intervista riportata dalla rivista stessa “quanto sia bello non essere più obbligata a sembrare un maschio”.


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Le storie di altri 80 giovanissimi transgender da tutto il mondo sono state raccolte e pubblicate dal mensile con lo scopo di dimostrare che è necessario un nuovo approccio alla questione di genere.


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