Nella nostra società iper-connessa, “chiacchieriamo, postiamo, tagghiamo, linkiamo, ma quelli che si leggono o ascoltano con reciproca attenzione sono una minoranza”
Questo, però, “non è uno di quegli articoli che invitano a stare meno sui social, a farsi una vita, a riscoprire il fascino di una serata fuori, a incontrare gente vera…”

Guardami, non ti sento

Che motivo c’è di gridare tanto?

Non si tratta di un vociare vero e proprio, ma per chi passa del tempo sui social (28 milioni di utenti attivi in Italia, su una popolazione di 60: siamo in tanti) è evidente che l’era della comunicazione ha fallito. Nel senso che chiacchieriamo, postiamo, tagghiamo, linkiamo, ma quelli che si leggono o ascoltano con reciproca attenzione sono una minoranza. È in atto un dialogo mondiale per lo più fra sordi. Però insistiamo, passiamo più tempo connessi… perché, di persona o virtualmente non importa, quello che desideriamo, prima di ogni altra cosa, è essere visti, che ci si accorga di noi, della nostra esistenza.

Aspetta: non è uno di quegli articoli che invitano a stare meno sui social, a farsi una vita, a riscoprire il fascino di una serata fuori, a incontrare gente vera… Come se, dall’altra parte della tastiera non ci fosse gente vera, carne, ossa. Tanta la conosci già, tanta la conoscerai, tanta non la incontrerai mai e sarà un peccato o il colpo di fortuna della tua vita. Come sempre, è questione di selezione, anche online; le dinamiche relazionali sono le stesse, su un palcoscenico molto più esteso.

social

Guardando al disegno d’insieme ci si rende conto che, invece di sfruttare l’occasione per accumulare conoscenza, aprire la mente, spesso ci si intestardisce sui propri pareri, si butta là un commento, magari prima di te ce ne sono stati altri venticinque che hanno detto la stessa cosa, ma tu non lo sai perché non hai letto l’intera discussione, non ti interessa rapportarti, ti interessa solo dire: sono qui. Guardami.

È che in un mondo con orizzonti sterminati, dove tutto il sapere è a portata di clic, la percezione di sé come microscopica aumenta in via esponenziale. Io l’ebbi una volta entrata in biblioteca: non avrei mai avuto il tempo per leggere tutto quello che conteneva; è un pensiero frustrante, però ti mette subito nella giusta prospettiva. Figuriamoci quando la biblioteca è l’universo mondo brulicante di teste lingue pensieri.

Serve un’identità solida per riposizionarsi continuamente, in base ai nuovi dati a disposizione. Non si tratta di mettersi in discussione, ma di mettere in discussione le proprie convinzioni, e non sempre la differenza è lampante. Questo porta a una radicalizzazione: di qua o di là, con me o contro di me. Cerchi chi ha le tue stesse opinioni, per sentirti rassicurato, e attacchi con veemenza chi non la pensa come te, perché in questo modo hai la sensazione di rafforzarti.


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È una specie di guerra continua: da una parte i tuoi alleati e dall’altra i tuoi nemici, e i tuoi nemici sono quelli che vorrebbero farti dubitare di te stesso, delle tue idee, delle tue certezze, delle tue basi. Per cui offendi, aggredisci, sminuisci, tutto pur di non sentirti debole.

Siamo passati da homo sapiens a homo technologicus, eppure le nostre reazioni sono ancora primitive. Combatti o scappa e, in questo caso, si possono fare entrambe le cose allo stesso tempo: mostrarsi sfrontati e bellicosi, fuggendo al confronto diretto. Conosco gente che magari su Facebook ti sfida sarcastica, ma quando ti incontra al bar abbassa lo sguardo e fatica a dirti: “Buongiorno.”

Però, paradossalmente, è proprio questa cortina di fumo che permette di mostrarsi con maggiore sincerità, la sensazione di essere al sicuro, a casa, dietro un display, lontani, illusoriamente irrintracciabili. Funziona come una specie di confessionale. Le stesse motivazioni per cui, secondo alcuni, occorrerebbe tenersi lontani dai social sono quelle che ne fanno uno straordinario osservatorio sulla natura umana.

I tempi cambiano, ma noi rimaniamo sempre gli stessi: vulnerabili se non fragili, bisognosi di approvazione, di sostegno, di rassicurazioni, perché la nostra identità si definisce in rapporto agli altri. Come scriveva Stanislaw Lec: “Ci guardammo negli occhi: io vidi solo me, lei soltanto sé”.

Quanta consapevolezza ci metti, fa la differenza.

IL LIBRO – A Gina sta andando tutto storto: sola da un po’, ora ha anche perso il lavoro. Fa colloqui a ripetizione, per paura di dover rinunciare alla propria casa e tornare a vivere dai suoi, che sono freddi come l’inverno, anche se ormai si è convinta che non l’assumerà nessuno. Troppa la concorrenza, con la crisi che c’è, e lei non brilla in niente. Una sera però arriva, a sorpresa, una telefonata. A chiamarla è Paolo, socio in una catena di sexy shop, che cerca una venditrice a domicilio, e che l’aveva intervistata poche ore prima. Lei era certa di aver fatto una pessima figura, ma secondo Paolo ha le carte in regola per riuscire. Però… però dovrà rifarsi il look, acquisire le giuste competenze, seguire tutte le sue indicazioni, affidarsi a lui senza remore: è disponibile? Gina accetta con riluttanza l’unica proposta ricevuta. Presto, inaspettatamente, le si aprirà un mondo nuovo: sotto la guida di Paolo imparerà molto su se stessa e sulle sue capacità. Troverà l’amore, perderà le sue inibizioni. Fino a quando ogni sua certezza sarà spazzata via da una terribile scoperta.

L’AUTRICE – L’autrice di Sarò come mi vuoi usa uno pseudonimo. Il suo sito è gretasimeonebooks.wix.com/gretasimeone

 

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