Lo consideravano “non sufficientemente cattolico” per ordinarlo prete. L’hanno spedito in conventi diroccati per farlo desistere e costringerlo a mollare la vita religiosa. Nel 1991 ha presentato un libro sulla Madonna alla Festa dell’Unità di Bologna, con Franca Rame, scatenando le ire del cardinale Biffi. In occasione degli 80 anni, la nostra intervista a tutto campo (infanzia inclusa: “Credo di essere stato l’unico in tutte le Marche a essere stato bocciato due volte alle elementari. Non sopportavo l’idea di dover stare ore e ore seduto su un banco, la consideravo una forma di violenza…”) al biblista “anarchico” Alberto Maggi, amico di David Turoldo e Dario Fo, che si convertì guardando il cielo stellato, dà la comunione a divorziati e omosessuali, sostiene che l’inferno non esiste e ha trasformato un “esilio punitivo” in un Centro studi biblici che attira migliaia di persone: “Io eretico? No, sono solo un uomo libero…”

A scuola lo consideravano un anarchico. In convento non lo volevano. Per ordinarlo prete lo hanno sottoposto a un interrogatorio, in cui doveva promettere di obbedire senza se e senza ma.

Per scoraggiarlo ad andare avanti nella vita religiosa lo hanno spedito a Montefano, in provincia di Macerata, in un convento diroccato senza luce e riscaldamento.

Lui non s’è dato per vinto, lo ha rimesso in piedi e, dopo varie peripezie, ha fondato un Centro di studi biblici che ogni settimana attira migliaia di persone interessate ad approfondire la Sacra Scrittura.

Il “grande eretico” è padre Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria (lo stesso di David Maria Turoldo), biblista e autore di libri che sono diventati  longseller, oltre che assiduo collaboratore del nostro sito.

Il 6 novembre Maggi compie 80 anni, l’età che nella Bibbia è riservata ai “più robusti”, come recita il Salmo, e per questo si è raccontato nel libro Pane al pane (Paoline) scritto da Vincenzo Varagona con la prefazione del cardinale Matteo Zuppi.

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Padre Maggi, le pesa invecchiare?
“Se avessi saputo che era così bello, sarei invecchiato prima. Questa è la stagione della libertà. Quando si arriva a questa età tutti ormai ti danno del vecchio rincoglionito e quindi sei libero: puoi dire e fare quello che ti pare, tanto non ti considera più nessuno. Mi godo la follia della libertà”.

Che infanzia è stata la sua?
“Allegra. Ho vissuto in una famiglia unita e generosa. Papà Alfredo era sarto, mamma Anna casalinga. Non si piangevano mai addosso, anche nelle difficoltà vedevano sempre il lato positivo delle cose. Dopo il terremoto del 1972, ad Ancona perdemmo la casa e diventammo sfollati”.

Che ricordo ha?
“Andammo a vivere sotto le tende per un mese. Ma dai miei mai una lamentela”.

La sua era una famiglia religiosa?
“No. Non mi hanno insegnato le preghiere, ma a essere generoso con gli altri. Ricordo mio padre che prima di mettersi a tavola andava a portare qualcosa da mangiare a un suo collaboratore. Mia madre sapeva fare le iniezioni e bussavano spesso a casa nostra per chiederle di aiutare qualche malato. E lei, anche in pieno inverno o di sera, prendeva le scatole di ferro, con le grosse siringhe di vetro, si metteva il cappotto e usciva”.

A scuola era bravo?
“Per niente. Credo di essere stato l’unico in tutte le Marche a essere stato bocciato due volte alle elementari. Non sopportavo l’idea di dover stare ore e ore seduto su un banco, la consideravo una forma di violenza. E infatti ero un po’ un anarchico”.

Dopo la licenza elementare che ha fatto?
“L’avviamento professionale, tre anni. Era la strada più breve per cominciare a lavorare. Primo impiego a 16 anni, in un cravattificio, dove facevo l’indossatore, poi sono andato a lavorare in un’azienda di articoli sanitari e alla fine ho vinto un concorso al Comune di Ancona come dattilografo e lì sono rimasto per quattro anni”.

Un 18enne Alberto Maggi, foto per gentile concessione dell'autore

Un 18enne Alberto Maggi (foto pubblicata per gentile concessione dell’autore)

E poi dov’è andato?
“A 22 anni mollai tutto. Mi licenziai rinunciando al posto fisso, per la disperazione di mio padre”.

Per fare cosa?
“Entrare in convento e diventare frate. Non ci credeva nessuno. E infatti mi fecero aspettare un anno prima di ammettermi”.

Si è convertito all’improvviso?
“Ricordo il luogo, la data e pure il momento: 10 gennaio 1966, Padova, attorno a mezzanotte. Stavo svolgendo il servizio militare e mi avevano mandato a fare la guardia a un deposito di carri. Faceva un freddo terribile. Alzai gli occhi verso l’alto e vidi un cielo limpido che non avevo mai visto prima in vita mia. Si vedevano le stelle, anche le più piccole. E feci una promessa: se c’è qualcuno che ha fatto tutto questo, mi ci dedico. Solo che col Padreterno è pericoloso, perché se gli dai un mignolo, ti prende tutta la mano e poi anche il braccio. Così, pian piano, ho cominciato ad avvicinarmi alla fede. Alla fine, la passione per Gesù Cristo e il Vangelo ha prevalso su tutto e mi travolto la mia vita”.

Era fidanzato?
“Sì, avevo una ragazza, Silvia, con cui dovevamo sposarci alla fine del servizio militare. Uno shock anche per lei”.

Anche lei non ci credeva?
“Pensava che la tradissi con un’altra, per molto tempo ha fatto resistenza e alla fine è stata male. È un grande rimorso che ho, perché so di averla ferita. È morta due anni fa”.

Alberto Maggi ai tempi del militare, foto per gentile concessione dell'autore

Alberto Maggi ai tempi del militare (per gentile concessione dell’autore)

E suo padre?
“Disperato. Ripeteva: ‘Proprio a noi doveva capitare questa disgrazia, una famiglia così perbene!’. Per un mese non è più uscito di casa e gli amici quando lo incrociavano gli facevano le condoglianze: ‘Alfredo, abbiamo saputo. Sarebbe stato meglio che morisse. Ma ormai non puoi più fare nulla’…”.

A quale convento è andato a bussare?
“Dai francescani di Ancona, dove mi accolse un frate anziano e mi disse: ‘Fa’ pure quel che ti pare, ma tanto in nessun convento al mondo troverai qualcuno tanto matto da prendere uno come te’. Ho cominciato a frequentarli, ma vedevo che loro evocavano sempre il ‘nostro padre Francesco’”.

Non le piace il Poverello d’Assisi?
“Ma no, è un Santo straordinario, nutro per lui un’ammirazione enorme, ma io ero un po’ anarchico anche in questo, volevo seguire solo Gesù Cristo, mentre mi sembrava che tra quei frati il Fondatore dei francescani gli facesse un po’ ombra”.

E quindi cosa ha fatto?
“Mi sono imbattuto nei Servi di Maria, che non hanno un fondatore, ma addirittura sette, tutti diversi l’uno dall’altro e, soprattutto, hanno avuto la grande intelligenza di non scrivere nessuna Regola. Quindi c’è piena libertà. Ho scelto loro per questo”.

Alla fine l’hanno presa?
“Sì, a malincuore. Per la formazione mi spedirono a Roma, in una casa d’accoglienza dell’Ordine, con un messaggio in una busta da parte del Priore provinciale da consegnare ai frati della comunità”.

Cosa c’era scritto?
“Un giorno, quando già ero prete, un frate mi chiese se lo sapessi. Gli dissi di no. E me lo fece leggere: ‘Accogliete per qualche giorno questo giovane di Ancona che vuole farsi frate. Non glielo date a vedere: sembra scemo, ride sempre'”.

Niente male come biglietto da visita.
“Infatti non mi ammisero subito al noviziato”.

Speravano che mollasse.
“Sì ma io ho insistito, ero testardo. In tutto questo mio padre era fuori di sé perché avevo lasciato il posto fisso al Comune per andare in un posto dove neanche mi volevano. Alla fine mi diedero il via libera per il noviziato ma quando è arrivata la professione dei voti e l’ordinazione sacerdotale di nuovo mi hanno detto di no».

Con quale motivazione?
“‘Non sufficientemente cattolico’. Testuale”.

Alla fine ce l’ha fatta.
“Sono stato ordinato prete il 10 aprile del 1976, ma è stata durissima”.

Racconti.
“Il Capitolo dei frati doveva dare il via libera. Di solito è un pro forma, ma nel mio caso no. Fui respinto. Venne a Roma, nella comunità di Santa Maria in Via dove mi trovavo, il Priore provinciale, con due frati consiglieri, per sottopormi a una sorta di processo canonico e verificare se fossi cattolico o no”.

Scusi, in cosa consisteva il processo?
“Loro formulavano il Credo e io, in ginocchio, a ogni proposizione dovevo rispondere di credere. Poi a un certo punto mi chiesero: ‘Quando viene pubblicato un documento della Chiesa, lo accetti?’. Risposi: ‘Con intelligenza’. E loro, furiosi: ‘Devi rispondere se obbedisci o no’. E io ribadivo: ‘Con intelligenza’. Andammo avanti tre ore, ma non mollai di un centimetro. Li sfiancai”.

Si riferivano a qualche documento in particolare?
“A quell’epoca ero rappresentante degli studenti dell’Università Gregoriana, il Papa era Paolo VI. Alla fine del 1975 uscì un documento dell’ex Sant’Uffizio sull’etica sessuale che mi puzzava tanto di vecchio. Diceva che agli adolescenti che si masturbavano doveva essere inculcata la devozione all’Immacolata e che i sodomiti, come all’epoca venivano definiti gli omosessuali, sono destinati alle pene dell’inferno. Con un frate gesuita andammo in biblioteca a cercare i libri di Teologia morale che giustificassero queste affermazioni e ne trovammo uno del 1948 del cardinale Palazzini, ormai superato. Lo demmo ai giornali e scoppiò lo scandalo. Da qui l’accusa di non essere cattolico”.

Una volta prete, dove l’hanno mandata?
“Mi convocò il Provinciale dell’Ordine e mi disse: ‘Io con la mia autorità ti ammetto all’ordinazione, ma sappi che in questo convento non ti vogliono e tutti gli altri conventi mi hanno detto: Basta che non ci mandi padre Maggi. C’è un convento diroccato a Montefano, nelle Marche, se vuoi puoi andare lì””.

E lei?
“Ho fatto il viaggio da Roma ad Ancona in treno piangendo come un bambino (si commuove, ndr). Ero innamorato dello studio della Scrittura, a Roma frequentavo la Gregoriana e l’Istituto Biblico. Lasciare la città per un convento semidistrutto in un borgo minuscolo mi suonava come una condanna, la morte civile. E invece è stata la mia salvezza. Lì ho imparato, per la prima volta nella mia vita, che il Signore trasforma tutto in bene”.

Perché?
“A Montefano non c’era nulla. Mi inventai qualcosa da fare per passare le giornate. Misi su un allevamento di galline e conigli. La mattina andavo a falciare l’erba, il pomeriggio dipingevo icone. Un giorno passò un gruppo di giovani che veniva in convento per ascoltare il commento del Vangelo prima che lo chiudessero e mi chiese se potessi farlo io. Accettai subito. A loro piacque, e mi chiesero di poter tornare e hanno cominciato a portare altre persone. Piano piano si creò un gruppo sempre più numeroso, che veniva ogni domenica ad ascoltare il mio commento alla Bibbia e a partecipare alla Messa. La gente era affamata della Parola di Dio, perché molti preti non hanno tempo per studiarla, non la conoscono bene o non gliela spiegano bene. I parroci dei paesi vicini andarono su tutte le furie perché gli toglievo fedeli e mi accusarono di essere eretico”.

Perché leggeva la Bibbia?
“No, perché davo la comunione a due categorie di persone alle quali era assolutamente proibito darla: i divorziati risposati e gli omosessuali. Mi hanno richiamato più volte ma io, a chi mi criticava, rispondevo che non sono il padrone dell’Eucaristia, ma un servo. Gesù nell’Ultima Cena ha detto: ‘Prendete e mangiatene tutti’. Quindi non posso stabilire chi è degno e chi no. Ero contento, perché per queste persone ricevere la comunione era un grande sollievo e si sentivano accolti e abbracciati dalla Chiesa. Mi era ben chiara quale fosse la mia missione di frate e prete: essere la carezza del Padre per quanti avrei incontrato”.

Mi sembra di capire che a Montefano non è rimasto a lungo.
“Mi cacciano con la proibizione di predicare in tutta la zona di Macerata. Andai a finire a Bologna dove era vescovo il cardinale Biffi. Nel frattempo era uscito il mio primo libro, Nostra Signora degli eretici, dedicato alla Madonna. Nel 1991 andai a presentarlo alla Festa dell’Unità insieme a Franca Rame, che lesse il monologo di Maria presso la Croce tratto da Mistero Buffo di Dario Fo. Il tendone era stracolmo di gente, con le persone che facevano ressa per entrare tanto che l’inviato del Resto del Carlino, l’indomani, scrisse ironicamente che era andato per cercare lo stand dove parlava il segretario del Pci Achille Occhetto e trovò invece un frate che parlava della Madonna davanti a migliaia di persone. E concluse: ‘Veramente i tempi sono cambiati e il Pci non è più quello di una volta’. L’edizione bolognese di Repubblica, invece, pubblicò una caricatura di Occhetto vestito da frate Servo di Maria. Il cardinale Biffi non me la perdonò: ‘Ai comunisti’, disse, ‘si deve dire che si devono convertire, altrimenti vanno all’inferno’. Chiesi di essere ricevuto per spiegargli quello che era accaduto e il suo segretario mi disse che non voleva ricevermi. Chiese e ottenne di sostituire il priore della comunità, ma intanto l’aria in convento si era fatta irrespirabile e io capii che dovevo andare via”.

E dove la mandano stavolta?
“All’École Biblique di Gerusalemme. Era il sogno della mia vita poter trascorrere anche solo un mese nella scuola biblica dove negli anni Cinquanta nacque una delle più prestigiose traduzioni della Sacra scrittura, la Bible de Jérusalem. Ci rimasi due anni. Mi alzavo la mattina e mi chiedevo se fosse un sogno o la realtà. Ero ubriaco di gioia. L’École fondata dai padri domenicani è l’Harvard della teologia. Poter studiare i testi biblici non solo sui libri, ma nei luoghi che hanno visto protagonista Gesù, poter frequentare gli affascinanti corsi di archeologia e, soprattutto, convivere con studiosi di ogni parte del mondo, è stata un’esperienza unica e preziosa. Nei due anni vissuti a Gerusalemme ho portato a termine la traduzione e il commento di due testi del Vangelo di Matteo: le Beatitudini e la preghiera del Padre Nostro. Gliel’ho detto: sono la dimostrazione vivente che il Signore trasforma tutto in bene”.

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Non ha mai avuto la tentazione di lasciare i Servi di Maria?
Nel 1982 mi spedirono a Granada, in Spagna, dai Gesuiti. Lì conobbi un biblista straordinario, che mi ha fatto appassionare alla Sacra Scrittura e mi disse di andare da loro e lasciare il mio ordine, ma non volevo, perché da noi c’è una grande libertà, trovi il missionario e il contemplativo, il mistico e quello che si occupa dei poveri. Quando, da giovanissimo, mi imbattei nei Servi di Maria, mi chiedevo chi fossero. E un frate mi diede una risposta folgorante: ‘È un Ordine strano, perché qualcuno lavora al Sant’Uffizio e altri danno lavoro al Sant’Uffizio’ (ride, ndr). Da noi, per dire, c’erano padre Gabriele Roschini, che era consultore del Sant’Uffizio, e padre David Maria Turoldo, che era inquisito dal Sant’Uffizio. E ho capito subito da che parte stare”.

Turoldo l’ha conosciuto?
“Sì, è venuto a Montefano tante volte. Un uomo straordinario. Prima di morire mi chiese di andare da lui e continuare la sua attività. Gli dissi: ‘Davide, tu sei Davide. Io devo fare qualcosa di diverso'”.

Alberto Maggi Pane al pane

Alla vigilia dei suoi 80 anni, un libro-intervista che accompagna il lettore nella vita di Alberto Maggi. Pagine che entrano nelle pieghe della sua storia, a tratti sofferta, nelle convinzioni e certezze maturate alla luce del Vangelo, nelle scelte che continuano a generare vita per molti. A firmare il libro-intervista “Pane al pane” (edizioni Paoline) è Vincenzo Varagona, giornalista e presidente nazionale dell’Ucsi

Dopo Gerusalemme dove va?
“In vari posti, sempre in esilio, diciamo così. Nel 1995, avevo da poco compiuto 50 anni, al Capitolo Provinciale dell’Ordine, annunciai di voler creare un Centro di studi biblici per divulgare la Scrittura a tutti con lo stesso rigore scientifico dell’École Biblique, ma con un linguaggio non accademico e oscuro, comprensibile solo dagli addetti ai lavori, ma chiaro, popolare, alla portata di tutti”.

Cosa le dissero i suoi superiori?
“Che non mi davano il permesso. Gli risposi: ‘Non ve l’ho chiesto, vi ho solo annunciato che lo faccio’. Ribatterono che non mi avrebbero dato il posto. E per mettermi i bastoni tra le ruote mi mandarono, insieme a un mio confratello, lo spagnolo Riccardo Perez Márquez, che avevo conosciuto a Granada, a Montefano dove nel frattempo il convento era stato chiuso ed era andato tutto in malora. Era settembre. Loro pensavano che non saremmo arrivati a Natale perché mancava tutto: luce, acqua, riscaldamento. Due mesi fa abbiamo festeggiato i trent’anni di attività”.

L'ultima beatitudine alberto maggi

Cosa fate in questo Centro?
“Lettura continuata della Scrittura. Quattro anni per ognuno dei Vangeli, con l’analisi parola per parola. Al primo incontro dissi scherzando: ‘Useremo un linguaggio che possono capire tutti ma non banale’. La gente ascolta la Parola di Dio e rinasce. Arrivano da tutta Italia, l’altra settimana un gruppo di persone di Bassano del Grappa si era alzato alle quattro del mattino per arrivare qui e partecipare”.

Chi era Giovanni Vannucci, a cui è intitolato il Centro?
“Un teologo straordinario, oltre che un grande uomo libero. Era amico di Turoldo, con cui negli anni Cinquanta inventò la ‘Messa della carità’ a Firenze. Anche a lui fecero recitare il Credo in ginocchio e morì d’infarto, nel 1984, quando gli tolsero l’insegnamento. Tutto in nome di Dio, naturalmente”.

Lei ha scritto ventisei libri. A quale è più affezionato?
“Non ho mai scritto per scrivere, ma per rispondere a una difficoltà che avevo in quel momento. Nostra Signora degli eretici nacque per investigare la figura di Maria, che spesso viene considerata una specie di fatina celeste, e invece è un modello di fede. Una donna che è stata capace, da madre di Gesù, di diventarne discepola, sfidando tutto e tutti, perdendo la reputazione perché a quei tempi le donne fuori dal contesto familiare erano solo le prostitute. Gesù e Belzebù lo scrissi per capire meglio il problema del diavolo e degli indemoniati. Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede), uscito nel 2004, per raccontare la mia esperienza di prete che devi leggere, commentare e spiegare agli altri qualcosa che tu per primo non capisci bene perché in molti corsi di Teologia nessuno te la spiega bene. È un dramma”.

botte e risposte alberto maggi

Ma ce n’è uno che ama particolarmente?
“Sì, Versetti pericolosi – Gesù e lo scandalo della misericordia, uscito nel 2011. Parla del Vangelo di Luca, che è quello più censurato anche dalla Chiesa, perché è tutto incentrato sull’amore che è pericoloso. Con l’amore, infatti, non si governa, si governa con la paura. C’è una testimonianza preziosa di Sant’Agostino, che dice che anticamente in diverse comunità cristiane veniva censurato il brano dell’adultera perdonata da Gesù per paura che le donne ne approfittassero con i propri mariti”.

Chi non muore si rivede, dove racconta la sua esperienza della malattia, è diventato un successo, più volte ristampato.
“È la prova massima della fantasia del Padreterno. Se in quei giorni in cui stavo per morire mi avessero detto che sarebbe venuto fuori un libro che avrebbe fatto del bene a tantissime persone e che da quel libro sarebbe stato tratto anche un film (Un eretico in corsia nel 2016, ndr), avrei detto: ‘Ma tu sei matto’. È invece è diventato materia di insegnamento nelle facoltà di Medicina e nelle scuole professionali per infermieri”.

Ma è vero come dice lei che l’inferno non esiste?
“Questa parola non c’è nei Vangeli, dove si parla solo del regno dei morti che non ha nulla a che vedere con l’inferno”.

alberto maggi due in condotta

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Perché lei è così di manica larga?
“Il problema non è se il Padreterno perdona o no, ma se noi siamo capaci o no di accogliere il suo perdono. Dio è amore. Dio non perdona perché non si sente mai offeso. Gesù per spiegare questo fa l’esempio della luce e delle tenebre. Se tu sei al buio, quando arriva la luce chiudi gli occhi e d’istinto quasi ti difendi. Ma il problema non è la luce, il problema sei tu che stai nelle tenebre. Quando arriva la luce di Dio tu devi soltanto accoglierla. Per questo è importante essere generosi”.

Cosa c’è dopo la morte?
“Non c’è aldilà e aldiquà. È la vita che continua in una nuova dimensione, che non è più biologica. Con l’età il corpo esteriore si va disfacendo, come dice San Paolo con un’espressione brutale ma realistica, ma l’anima si ringiovanisce. Gesù ci ha assicurato che chi crede in lui non morirà. Noi non faremo l’esperienza della morte. Morirà la parte biologica, ma noi continuiamo a vivere in un’altra dimensione”.

Qual è il pensiero che fa la sera prima di addormentarsi?
“Dico grazie e ripenso alle cose belle che ho fatto durante la giornata, come svasare una pianta o innaffiare un fiore. E la mattina dopo ringrazio il Signore per come mi sorprenderà durante la giornata”.

Lei è un eretico?
“No, sono solo un uomo libero”.

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