A quanto pare, sono in troppi a non conoscere il significato dell’aggettivo-sostantivo “intrigante” (e del verbo “intrigare”). Su IlLibraio.it la scrittrice Romana Petri spiega come usarlo correttamente

A parte il noto, ormai antico, uso e inutile abuso delle parole straniere (l’autrice si riferisce alla petizione #dilloinitaliano, nata per “salvare” la nostra lingua dall’abuso di inglesismi), è proprio su una italiana che avrei qualcosa da dire: l’aggettivo-sostantivo “intrigante” e, ovviamente, il verbo “intrigare”. Frasi come “quell’uomo è intrigante”,  “quel libro (o quel film, o quel che vi pare) mi intriga” mi irritano a tal punto che quando facevo le revisioni letterarie di romanzi tradotti le cassavo immediatamente.

Non è la parola a non piacermi, ma  l’innovato significato al positivo  a lasciarmi perplessa. Io resto della vecchia guardia. Per  me un intrigante è una persona che cerca di ottenere vantaggi e favori con, appunto, intrighi e raggiri. Magari anche sfruttando qualcuna delle sue conoscenze. Nella migliore delle ipotesi, quando proprio non è un filibustiere, è di sicuro un impiccione e un gran ficcanaso.

E il verbo intrigare (sinonimo di intricare, avviluppare, aggrovigliare, anche di ostacolare) è per me il ricorrere a imbrogli, allo sfruttamento molto spregiudicato e ambizioso di rapporti per ottenere il meglio per sé, quasi sempre a svantaggio di qualcun altro. Oggi, invece, si vuole dare, soprattutto all’aggettivo e ormai sostantivo “Intrigante”, un valore di qualità. Tutto ciò che è “intrigante” è ormai  qualcosa che incuriosisce,  eccita, titilla. Insomma, un solluchero.

Il significato di questo verbo e del suo aggettivo-sostantivo- participio presente è stato stravolto proporzionalmente  al  diverso modo di vedere eticamente la vita. Chi “intriga”, al dunque, oggi seduce, dunque vince,  dunque è bravo, da ammirare. Io propongo di tornare a “quell’uomo mi affascina”, a “quel libro o quel film (o quel che vi pare) mi interessa”. Perché di una cosa sono sempre stata certa: non devo essere sedotta, vorrebbe dire che sarei ingannata. Non a caso, anche alla parola “seduttore”  viene sempre più spesso (e da più tempo)  dato un significato positivo che in realtà non possiede, perché seduttore è colui (o colei) che con lusinghe ingannatrici attrae, offendendo così la dignità della persona che desidera “intrigare” nella sua rete.

C’è poco da fare, seduttori e intriganti non sono mai stati di mio gusto, così come le parole che vorrebbero ammantarli di bellurie che non possiedono. Preferisco di gran lunga tutto ciò che è irresistibilmente e, molto naturalmente, seducente.

*Romana Petri è autrice di Giorni di spasimato amore (Longanesi) 

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